La soluzione tutta al ribasso della crisi istituzionale

Comunque vada, sarà al ribasso. È inutile negarlo: anche se spesso a sinistra (quella vera) si rimprovera di avere poco interesse per le questioni di governo – per motivi...

Comunque vada, sarà al ribasso.

È inutile negarlo: anche se spesso a sinistra (quella vera) si rimprovera di avere poco interesse per le questioni di governo – per motivi a volte palingenetici, a volte culturali e infine di “affetto” per la lotta – in questi giorni siamo tutti incollati alla crisi di governo. Subitaneamente però, sempre da qual punto di osservazione ben immerso a sinistra, sentiamo quell’odoraccio acre della fregatura imminente, di quel qualcosa che non quadra e che suona stonato.

Ovviamente, in molti, temiamo quel voto che – ad oggi – dovrebbe portare a una quasi scontata vittoria delle destre, visti i sondaggi e lo sciagurato attuale sistema elettorale. Tuttavia la ri-formazione di questo governo (per cui spesso guardiamo ai componenti di Leu pensando alle difficoltà ci coerenza interiore che quotidianamente affrontano per stare dentro un governo in funzione anti-salviniana e anti-meloniana) non promette nulla di buono.

In qualche modo l’inviso Renzi (inviso a tutti, come proprio Marco Sferini ricorda su questo blog) è riuscito machiavellicamente a essere determinante e a portare prima il governo sulla crisi e ora a cercare di ricondurlo dentro i binari di una trattativa in cui per forza avrà un ruolo maggiore rispetto a prima: fallito il tragicomico tentativo dei Responsabili (una pattuglia di 10 senatori che a quel numero è arrivata grazie al “prestito” quasi calcistico della dem Rojc), Italia Viva ha in mano la carta spauracchio per cui può staccare la spina sfilandosi in qualunque momento, addirittura arrivando a minacciare la maggioranza con le destre.

Una cosa che oggi sembra assurda ma, viste le giravolte renziane, non impossibile. Da qui deriva una trattativa già malata, che non si basa su equilibri e politica, bensì su ricatti, veti, contro-veti e paure, tanto che in pratica si sta già tornando sulla formula del “contratto”, uguale uguale all’esperienza giallo-verde.

Un’esperienza che durò poco quella (fortunatamente) ma che ugualmente fa pensare che anche questa possa durare poco. E probabilmente è così che andrà: questo tentativo di accordo (a prescindere dal risultato) sembra soltanto una parentesi da qui all’elezione del prossimo Presidente della Repubblica (Gennaio 2022). Soprattutto, ed è qui il punto chiave, è un tentativo di accordo per fare poche cose ma che smuoveranno un’entrata di risorse mai vista dal Piano Marshall in poi. E per fare ciò Confindustria e il capitalismo occidentale vogliono avere mani il più possibile libere.

Proprio in quel senso va l’impuntatura di Renzi, che non a caso sta mirando a ministeri economici, mentre Confindustria stessa si esprime in un irrituale endorsement per Gualtieri e il Pd ovviamente fa la stessa cosa, alla faccia del partito che dovrebbe essere l’espressione più “numerosa” della sinistra in Italia (ma, in fondo, chi ha candidato in lungo e in largo Colaninno, per poi puntualmente trovarselo “contro” e dentro Italia Viva?), mostrando uno scontro interno alle stesse anime del liberismo economico che oggi trova, in queste forze di centro-sinistra, la sponda che Berlusconi non ha più la forza di sorreggere.

Insomma, sentiamo già le sirene dell’arretramento dei diritti dei lavoratori, della fine del blocco dei licenziamenti, dello sfumare del reddito di cittadinanza (che, per quanto criticato, è l’unico strumento che sembra essere un pochino di sinistra di questa legislatura anche se propagandato e pensato non come strumento di un più complessivo welfare bensì come arma populista) a prescindere da chi siederà sugli scranni ministeriali, a tutto vantaggio di una rinascita solo industriale e non anche veramente sociale.

Se si tornerà al Conte Ter, sarà un governo politicamente depotenziato, di difficile manovra e quasi-tecnico. Se invece si andrà verso un governo Draghi o di un altro tecnico ben visto da Unioni Europee e confindustrie varie, il risultato sarà come il Conte Ter con l’unica differenza che l’entrata a gamba tesa su economia e diritti avrà una velocità maggiore.

Attenzione, però, perché il risultato sarà ancora peggiore dal punto di vista del risvolto socio-politico: questi esperimenti, in Italia come in altri paesi europei, hanno portato alla grande crescita di forze nazionaliste, sovraniste, para-fasciste. Compito di chi è di sinistra è continuare a denunciare e mettere in allerta i propri anticorpi. Perché, se è vero che un vaccino sconfiggerà il coronavirus è anche vero che dovremmo essere già vaccinati contro i virus che attaccano le democrazie. Ma sembriamo essercene scordati.

ENRICO STRINA

2 febbraio 2021

foto: screenshot

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Politica e società

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