E’ sempre tutta colpa di Rifondazione Comunista

Domenica si terranno i ballottaggi in molte città italiane anche di una certa rilevanza. Genova, fra tutte, sembra essere diventata un test politico per definire il quadro delle prossime...

Domenica si terranno i ballottaggi in molte città italiane anche di una certa rilevanza. Genova, fra tutte, sembra essere diventata un test politico per definire il quadro delle prossime alleanza sia a destra sia al centro sia a sinistra.
E, siccome al ballottaggio la scelta è soltanto da due concorrenti alla carica di sindaco che “ballottano” tra loro, è evidente che la caccia ai “voti degli altri” è l’arte preferita di queste giornate. Soprattutto di quelle di antivigilia e di vigilia del voto.
Così, qualcuno pensa ancora di poter attribuire a Rifondazione Comunista la colpa di una ponderata decisione che è frutto di una linea politica ormai consolidata congressualmente: nessuna indicazione di voto. Il PD è invotabile, le destre classiche altrettanto. Di qui la ripetuta, giaculatoria accusa: “Volete far vincere le destre”. La risposta, naturalmente, è NO, non vogliamo che le destre vadano a governare. Ma oggi in Italia, se siamo arrivati al punto di non poter preferire un centrosinistra ad un centrodestra, ci sarà un motivo oppure siamo tutte e tutti dei pazzi scriteriati? Siccome non lo siamo, individuiamo nel PD una destra economica che ha dato il suo peggio nei governi tecnici e politici sostenuti in questi anni a Palazzo Chigi e con maggioranze che includevano anche le destre cui i “democratici” dicono di voler essere il contraltare…
Ma, fuor di facezie, questa storia della responsabilità dell’ascesa delle destre attribuita sempre a Rifondazione Comunista o ad altre forze della sinistra (non la chiamerò più “di alternativa”, perché esiste solo una sinistra e non è di certo il PD) è davvero imbarazzante per chi penso ritenga di essere una persona quanto meno di media cultura, di capacità cognitive medie, di attenzione costante o quasi verso i fatti che accadono.
Se la gente oggi fugge dalle urne non è per colpa di Rifondazione Comunista, ma di chi l’ha maltrattata per decenni con politiche liberiste che sono state fatte passare come panacee di tutti i mali proprio di quella povera parte di popolazione che è sempre la più vessata.

L’impoverimento progressivo ha ovviamente generato un malcontento che abbiamo visto incanalarsi nell’ormai consueto voto di protesta assorbito dal Movimento 5 Stelle e che ha avuto come sola conseguenza, veramente grande, di rompere lo stantio schema della stanca e viziosa alternanza tra centrodestra e centrosinistra. 

Cosi al depauperamento sociale si è accompagnato un conseguente, inevitabile, risvolto di disaffezione nei confronti della rappresentanza politica, della traduzione nelle sedi istituzionali delle problematiche che quotidianamente vive un disordinato mondo del non lavoro, del lavoro precario e della disoccupazione crescente.

Ma purtroppo nella rete siamo caduti anche noi comunisti perché non abbiamo saputo differenziarci per tempo da un rapporto che per troppi anni abbiamo conservato come potenziale alternativa di sviluppo sociale e politico. Ci siamo illusi benevolmente di incidere nella politica di palazzo con una forza comunque alternativa a sinistra, proprio quella Rifondazione Comunista tanto vituperata per le rotture con il centrosinistra e per i suoi atteggiamenti sovente giustamente critici nei confronti di una ipotesi di scelta politica dettata esclusivamente dalla barra del timone del governismo che, alla fine, ha prodotto spaccature che non hanno avuto altro merito se non quello di indebolire l’unità di Rifondazione Comunista e frammentare una comunità organizzata che avrebbe potuto anche aprirsi a nuove esperienze e guardare a confini più larghi se avesse una sua parte rifuggito la seduzione del gestire un potere che non era gestibile perché il padronato non l’avrebbe “democraticamente” consentito.

In una semplice espressione molto marxiana, i rapporti di forza sono stati da noi forse sottovalutati ma da altri sono stati palesemente archiviati come ingombro sulla strada della condivisione del potere.
Si dice che oggi la sinistra (di alternativa), anche Rifondazione Comunista, è irrilevante. E’ un dato oggettivo non sempre corrispondete uniformemente su tutto il territorio italiano a questa verità. Ma, in generale, nell’agorà della politica dello Stivale è giusto riscontrare questa irrilevanza.
Però questa condizione non ci deve far allontanare dal nostro ruolo politico e sociale: non possiamo abdicare al nostro progetto in nome dell’unità e nemmeno questa deve essere pregiudicata da qualche spinta egemonica che sarebbe un non accorgersi nuovamente dei rapporti di forza oggi esistenti anche sul piano culturale della politica.
Vorrei che altri si sentissero parte di un partito o una di semplice “parte”, anche senza specifiche appartenenze. Tuttavia ritengo necessaria una appartenenza perché è definizione concreta di progetti singoli che si uniscono e diventano piattaforme collettive.
Autonomia e unità, rispetto reciproco, una testa un voto. È tutta la strumentazione che ci serve per unire a sinistra collettivi, singoli, partiti e associazioni.

L’appello estremo, lacrimevole, strappaconsensi, è quello di rifarsi all’antifascismo. Votare il centrosinistra per evitare che Genova e altre città cadano nelle mani dei fascisti.
L’antifascismo non lo si pratica definendosi semplicemente “democratici” in un simbolo o a parole: lo si pratica aderendo ai princìpi costituzionali. E, a ben pensarci, il 4 dicembre coloro che si definiscono “democratici”, la Costituzione volevano radicalmente stravolgerla. Un atto finale di una pantomima antisociale e antidemocratica elevata con rituali discorsi televisivi a “innovazione”, “modernità”.
Tutto quello che era privatizzato doveva portare l’Italia al Bengodi. E, ovviamente in quanto privato e alla ricerca della conservazione e dell’espansione del profitto a scapito del pubblico, ha mortificato i settori statali e ha impoverito chi aveva servizi sociali garantiti e se li è visti scippare dalla “concorrenza” del privato. Appunto.
E in tutto questo mortificante teatro delle beffe, lei e altri “democratici” venite ancora a farci la predica sulle responsabilità di Rifondazione Comunista ieri e di “Chiamami Genova” oggi?
Abbiate pietà della verità non apparente ma di quella evidente. Abbiate consapevolezza che le porte aperte alle destre le avete spalancate voi e non chi, come noi, avrebbe voluto chiuderle fin dalle dichiarazioni di sdoganamento dei “ragazzi di Salò”!
…a proposito di antifascismo e di Costituzione… addio professor Rodotà e grazie per la lotta in difesa della vera democrazia: quella sociale, quella popolare, quella della povera gente ogni giorno ingannata dai “democratici” di turno.

MARCO SFERINI

24 giugno 2017

foto tratta da Pixabay

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