Cingolani su gas e benzina: «I rincari sono ingiustificati»

Energia. Il ministro punta su risorse interne e prezzo unico Ue. Protestano verdi e i consumatori

Non è aria di grandi stravolgimenti, né in senso ambientalista né di ritorno a un nucleare. Bisogna puntare sull’Europa per porre un limite al rincaro del prezzo del gas e sfruttare il più possibile le proprie riserve naturali. Ecco, in estrema sintesi, il piano di Roberto Cingolani, così come esposto davanti alle telecamere di SkyTg24.

Il ministro per la transizione energetica fa discutere soprattutto quando fa riferimento a distorsioni nella dinamica dei prezzi e sostiene che gli aumenti esponenziali di questi giorni non troverebbero giustificazione nelle dinamiche reali. «Il mercato specula – dice Cingolani – Ci troviamo la benzina a 2,20 euro e non so perché». La dichiarazione viene accolta da proteste e richieste di chiarimento e intervento immediato da parte di forze politiche, associazioni di categoria e anche amministrazioni regionali (è il caso della regione autonoma Friuli Venezia Giulia, che chiede l’istituzione di una commissione di inchiesta). Dal ministero della transizione ecologica puntualizzano: «Il ministro si riferisce al prezzo del greggio e del gas, in aumento esponenziale nonostante non ci siano problemi di carenza dell’offerta».

«L’aumento del prezzo del gas di questi ultimi mesi ha messo in ginocchio imprese e famiglie – attacca tra gli altri il co-portavoce nazionale di Europa Verde Angelo Bonelli – Non si è visto alcun provvedimento da parte di Cingolani per fermare la speculazione dell’aumento dei costi del gas che dal prezzo di acquisto di 30 centesimi di euro da parte delle società di distribuzione viene venduto alle famiglie ad oltre 1 euro al metro cubo». L’esponente ambientalista chiede che si tassino «gli extraprofitti derivanti dall’aumento del prezzo del gas», che stima di 4 miliardi euro per lo scorso anno e la prevede che salgano fino a 14 miliardi alla fine del 2022. «Restituisca questi soldi a famiglie e imprese», è l’esortazione di Bonelli. Per il quale il paradosso risiede nel fatto che «ci troviamo un ministro della transizione ecologica che invece di dire ‘Facciamo un gesto etico per non finanziare la guerra criminale di Putin’, dice ‘Continuiamo a consumare gas. Anzi, ne stiamo importando di più dalla Russia’».

Cingolani distingue l’incidenza sui pezzi delle tassazione dalle speculazioni: «Da un lato le accise servono a far funzionare lo stato, dall’altro il nervosismo che raddoppia, quadruplica o quintuplica il prezzo fa arricchire pochi – afferma – Credo che ciò vada attaccato per primo. Siamo in presenza di una colossale truffa, a spese di imprese e cittadini». Nei giorni scorsi si era già attirato le critiche degli ambientalisti quando aveva affermato di considerare inutile la possibilità di «abbassare i termosifoni o ridurre l’illuminazione pubblica».

Salvini ne approfitta per sventolare il vessillo del nucleare, ma Cingolani afferma che l’Italia non può permettersi di cambiare il proprio paesaggio energetico: non ne ha il tempo. Nei giorni scorsi il governo ha dato il via libera a all’attivazione di sei nuovi impianti eolici. Cingolani stesso ha definito «errori storici» quelli che hanno portato l’Italia a non diversificare le sue fonti. Ieri Elettricità futura, associazione di Confindustria che riunisce i produttori di energia elettrica, gli ha mandato a dire che è possibile attivare entro tre anni energia rinnovabile che corrisponde a un risparmio, a prezzi correnti, di 27 miliardi all’anno di import di gas.

L’obiettivo immediato del ministro, tuttavia, sarebbe quello di sfruttare al massimo i giacimenti di gas già esistenti. «Ciò significa 2,5 miliardi di metri cubi di gas in più che possiamo offrire a prezzo controllato alle piccole e medie imprese energivore», dice il ministro. Da qui la necessità di far valere il peso dell’Europa sul mercato globale delle risorse energetiche: «È necessario stabilire prezzo massimo oltre il quale gli operatori europei non possono andare, è fondamentale – spiega Cingolani – Chiunque esporta gas non può fare i conti senza l’Europa: serve un tetto massimo per il prezzo del gas, e di conseguenza dell’energia elettrica. Serve un costo appetibile in modo da non affossare il mercato; si può discutere intorno ad una cifra di 80 euro megawatt/ora che è già il doppio di quanto pagavamo un anno fa».

MARINA DELLA CROCE

da il manifesto.it

foto: screenshot

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