Mentre a Davos, in Svizzera, si apre il vertice dei ricchi di tutto il mondo, Oxfam pubblica il rapporto internazionale, “Inequality, Inc.” con una prefazione di Bernie Sanders: “Nella storia umana non è mai successo che così pochi abbiano posseduto così tanto. Nella storia umana non abbiamo mai visto una classe di miliardari con un potere politico così grande”.
Dall’inizio del decennio, i cinque uomini più ricchi del mondo hanno più che raddoppiato la propria ricchezza, mentre il 60% dell’umanità è diventata più povera. Negli ultimi anni la pandemia, le guerre, l’inflazione, la crisi climatica hanno aggravato le distanze “non tanto tra i ricchi e i poveri, quanto tra i pochi oligarchi e la grande maggioranza”.
E Oxfam Italia pubblica il rapporto “Disuguaglianza” sulle disparità di casa nostra e sugli effetti del primo anno del governo Meloni: estensione del modello “flat tax”, sconti fiscali ai redditi immobiliari e finanziari, strizzate d’occhio all’evasione, minori sostegni ai più poveri: insomma, “una riforma fiscale all’insegna dell’iniquità”.
Qualche giorno fa è arrivata anche la Banca d’Italia, che ha pubblicato i “Conti distributivi della ricchezza delle famiglie” che mostrano come quasi metà della ricchezza del paese sia nella mani del 5% più ricco, mentre alla metà più povera degli italiani resta appena l’8% della ricchezza finanziaria e immobiliare.
Possiamo fare qualcosa? Nell’anno delle elezioni europee c’è “Tax the rich”, un’Iniziativa dei cittadini europei – lanciata tra gli altri da Thomas Piketty – che punta a raccoglie un milione di firme entro il settembre 2024 per un’imposta europea sui grandi patrimoni per finanziare la riduzione delle disuguaglianze. E “Tax the rich. Le politiche per l’eguaglianza”, è l’ebook di Sbilanciamoci!, curato da Paolo Andruccioli, con le proposte di 40 esperti su come realizzare queste politiche.
Ridurre le disuguaglianze richiederebbe un rovesciamento dei rapporti tra capitale e lavoro, un ridimensionamento della finanza, un forte recupero dei salari reali (che hanno perso il 15% del potere d’acquisto in due anni d’inflazione). Nell’immediato, con gli strumenti della politica nazionale, si potrebbe intervenire su due assi principali: la progressività fiscale e la tassazione dei patrimoni. È un’indicazione di lavoro per una sinistra che, come invita a fare il dibattito lanciato dal manifesto «Contropiede», si decida a non giocare solo di rimessa rispetto alle proposte della maggioranza e del governo.
Uno studio appena pubblicato dalla Scuola Sant’Anna e dall’Università di Milano Bicocca ha ricalcolato la distribuzione dei redditi e del carico fiscale complessivo (imposte dirette, indirette e contributi sociali). Chi guadagna meno di 15 mila euro l’anno (il 30% più povero degli italiani) paga il 40% di tasse; il carico fiscale sale progressivamente al 50% per chi guadagna fino a 60 mila euro (la soglia del 10% più ricco), ma poi scende.
Chi guadagna oltre 82 mila euro, il 5% più ricco degli italiani – che ha metà del reddito proveniente da rendite finanziarie e immobiliari, meno tassate dei redditi da lavoro – finisce per pagare il 36% di tasse, meno degli italiani più poveri. Fermare questi trasferimenti, attraverso il sistema fiscale, dai redditi medio-bassi ai super-ricchi è una priorità elementare per l’agenda politica.
La seconda proposta – della campagna Tax the rich – è l’introduzione di una tassazione adeguata della ricchezza finanziaria e immobiliare al di sopra di un milione di euro, introducendo anche qui il principio di progressività e allineandosi a misure introdotte in altri paesi. Una misura che richiede strumenti aggiornati: la trasparenza per i redditi finanziari, l’adeguamento del catasto, interventi contro l’evasione fiscale attraverso attività all’estero.
L’attenzione a queste proposte si sta allargando. Elsa Fornero, su La Stampa del 14 gennaio, spiega “perché la patrimoniale serve alla crescita”, riprendendo i conti di Banca d’Italia, ma si ferma di fronte alla difficoltà di un consenso politico. “Con le imposte si perdono le elezioni” l’aveva ammonita in tv Romano Prodi.
Ma ci sarebbe un altro modo di vedere i dati elettorali: uno solo dei duemila italiani più ricchi – uno di quelli di Davos – ha una ricchezza pari, più o meno, a quella di 15 mila italiani poveri, quelli che fanno parte del 10% con meno ricchezza. Per l’opposizione al governo Meloni sarebbe un buon argomento, la base su cui costruire una coalizione sociale, prima ancora di un’alleanza politica.
MARIO PIANTA
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