L’opportunistica “pax” italo-francese sul terrorismo d’antan

Dalla “Dottrina Mitterand” alla “Dottrina Macron“: quaranta, cinquant’anni dopo fatti di sangue che hanno contribuito a fare della fine degli anni ’60 e del decennio successivo i terribilmente famosi...

Dalla “Dottrina Mitterand” alla “Dottrina Macron“: quaranta, cinquant’anni dopo fatti di sangue che hanno contribuito a fare della fine degli anni ’60 e del decennio successivo i terribilmente famosi “anni di piombo“, la Francia e l’Italia si accordano sulla cattura di un pugno di terroristi ex delle Brigate Rosse, di Prima Linea, qualcuno passato per Potere Operaio e per Lotta Continua. E’ prima di tutto la vittoria della nemesi sulla giustizia, il colpo di coda di una repressione che non restituisce niente a nessuno, nemmeno ai parenti delle vittime che sono costretti a rivivere quei momenti sapendo che a suo tempo la legge non ha fatto il suo corso – nonostante le norme emergenziali anti-terrorismo varate dai governi italiani dell’epoca – e che il tribunale della Storia ha già emesso le sue sentenze.

Quello dell’opinione pubblica non è, purtroppo, affidabile sia quando vuole ergersi a giudice del terrorismo di matrice comunista, sia quando pretende di farlo nei confronti dei criminali fascisti che hanno spesso e volentieri colpito le folle, le masse: da piazza Fontana (che inaugura proprio la stagione del piombo e delle bombe nelle vie e nelle piazze d’Italia) alla stazione di Bologna, dall’Italicus alla complessa “strategia della tensione” protrattasi per lungo tempo nella “notte della Repubblica“, tra chiari di luna democratici ed eclissi neofasciste legate a trame massonico-segrete per sovvertire davvero la Costituzione e fare dell’Italia una specie di regime dei colonnelli.

Emmanuel Macron segna un punto a suo favore nel tentativo di accreditarsi così un elettorato di destra che altrimenti andrebbe verso formazioni radicali: almeno ci prova. Unisce liberismo e repressione, atlantismo e oblio di una Francia terra di libertà, di diritti universali dell’uomo e del cittadino, di rifugio per i perseguitati politici e di asilo per coloro che non avrebbero ricevuto in patria un processo giusto, lontano da pregiudizi dettati da legislazioni che – ad esempio – avevano creato la figura del “collaboratore di giustizia” che, secondo quanto riteneva Mitterand, contraddiceva la più generale legislazione europea che si andava formando proprio in quegli anni.

Separare le vicende degli anni ’70 dal contesto in cui oggi avvvengono gli arresti di terroristi rossi è necessario per comprendere tanto passato e presente di una continuità storica che non esiste se il punto di partenza sono le ragioni per cui nacque quel tipo di movimento violento, che diceva di voler lottare per il comunismo e contro quindi gli Stati borghesi e l’imperialismo, mentre il punto di arrivo è l’opportunismo politico-elettoralista macroniano.

In un colpo solo, il Presidente della Repubblica francese stabilizza le relazioni con l’Italia su una controversia pluridecennale e costruisce le condizioni interne per rivendicare una interpretazione nuova delle parole di Mitterand, superandole nei fatti e mantenendole nella forma, perché un certo tipo di laicità della Francia non può essere controvertita: ne va di una storia secolare, di una tradizione quasi rivoluzionaria che è fondante stessa del nuovo Stato nato dalle ceneri della monarchia capetigingia prima e da quella napoleonica poi.

L’errore più abnorme è ritenere che, fatti questi arresti, sia stata fatta anche giustizia e che quindi si possa in qualche modo dichiarare chiusa una pagina tremenda della vita sociale, politica ed anche culturale dell’Italia repubblicana. Troppo semplice ridurre il tutto il ribellismo al terrorismo, all’azione armata d’avanguardia che si credeva simile ai ribelli cubani di Castro e che è finita per essere l’esatto contrario, persino funzionale ad apparati dello Stato che volevano trascinare la democrazia sul banco degli imputati, istituire un diritto speciale con leggi specialissime, non dissimili da quella “custodia preventiva” che Goering aveva istituito nella Germania hitleriana contro ogni tipo di opposizione politica al regime.

Il terrorismo rosso non aveva ragioni politiche sufficienti per potersi dire “rivoluzionario“: decontestualizzava sé stesso così tanto da dissociarsi mentalmente, culturalmente e praticamente dalla realtà concreta, dalla quotidianità di una sofferenza proletaria che diceva di voler rappresentare e che invece vaneggiava come fenomeno non egemonizzabile, non includibile in una lotta che per primi gli operai non capivano.

Ma la rappresentazione ufficiale del terrorismo rosso come degenerazione “naturale” di qualunque tentativo politico rivoluzionario a sinistra, tra formazioni comuniste extraparlamentari, libertarie, oltre il perimetro socialdemocratico del Partito Comunista Italiano, demarcazione della sua irregimentazione istituzionalista in tutto e per tutto, non ha scientemente aiutato i tentativi di dare vita anche in Italia ad una sinistra anticapitalista libera da steccati e strutturalismi e che avrebbe rappresentato una minaccia tanto per l’estremismo omicida dei terroristi quanto per il conformismo pciista.

Quella rappresentazione dei comunisti come dei terroristi in nuce ha per un certo periodo penalizzato anche il PCI, perché la mistificazione non è propria del presente in cui si vive ma appartiene a tutte le epoche. Anzi, non ha proprio epoca e non vuole averne: è un patrimonio infelice dell’umanità che torna utile quando si vuole rimestare nel torbido, creare machiavellicamente situazioni di avversità e giovarsene per scopi che eludono sempre il bene comune, il progessismo, l’emancipazione sociale.

La presunzione di avere oggi “fatto giustizia“, arrestando una decina di ex terroristi rossi (o presuntamente tali), è una facilissima assoluzione che gli Stati e i governi regalano alla stagione delle contraddizioni apertesi oltre quarant’anni fa e che non sono affatto risolte da un provvedimento di restrizione della libertà per chi ormai è troppo vecchio per essere punito, troppo lontano dagli anni ’70 per potersi raccontare, troppo calato nel presente per poter rivivere qualche senso di colpa. Prima di tutto per le vittime; poi per azioni prive di un senso politico, di un effetto conseguente nel miglioramento della sopravvivenza degli sfruttati di allora; per aver permesso alla propaganda di Stato, alla più bassa demagogia anticomunista di emergere prepotentemente e di farsi largo tra le ragioni di classe, operaie, sindacali e politiche che avrebbero invece potuto godere di un più vasto appoggio popolare.

Il terrorismo è stato l’utile idiota in un contesto in cui la grande onda ribelle del biennio ’68-’69 e degli anni ’70 aveva avuto una qualche possibilità di rimescolare le coscienze, di incrinare i rapporti tanto sociali quanto civili e di mettere apertamente in discussione il costrutto moralizzatore di una nazione prigioniera dell’atlantismo di Stato da un lato e da una opposizione ancora troppo legata alla semplicistica raffigurazione del comunismo come una mera sostituzione di un potere altro al potere presente e dominante.

La stagione delle stragi e dei morti ammazzati dal piombo terrorista è servita, direttamente o indirettamente, a chi voleva rimestare nel torbido, scambiare il rosso con il nero, ingrigire la democrazia, incanutirla precocemente e decrepitizzarla per sostituirla con un ritorno al nazionalismo, allontanando le masse proletarie dal controllo sociale sulla politica, sui rapporti di forza tra le classi (quindi sul terreno economico), separando i diritti dai doveri e facendo di questi ultimi il prodromo di una sudditanza neo-autoritaria di cui si sentiva l’odore acre nei tentivi di colpo di Stato susseguitisi nel corso del dopoguerra.

L’arresto di una decina di ex terroristi nella Francia di Macron non risolve il problema storico, sociale, culturale e politico intercorso in tutti questi anni, non cicatrizza alcuna ferita, perché la vendetta non fa giustizia, anche se quest’ultima può tramutarsi in ciò che meglio il potere intende farle fare…

MARCO SFERINI

29 aprile 2021

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