Dalle 5.000 alle 10.000 persone hanno risposto all’appello dei portuali genovesi e sono scese in strada. A reggere lo striscione del Collettivo Autonomo anche chef Rubio.
L’Italia che dice no alla guerra e all’invio di armi ieri era qua, nel porto di Genova, a manifestare con i lavoratori dello scalo più grande del Paese, che dal 2014 denunciano “i traffici di armi e il fatto che i porti sono questa zona grigia in cui per interessi economici non si rispettano le leggi, come la 185 del 1990 che vieta il transito di armamenti, e l’articolo 11 della Costituzione”.
Così José Nivoi, responsabile USB e lavoratore del Calp, il Collettivo Autonomo Lavoratori Portuali che ha promosso la protesta in una giornata simbolica, il 25 febbraio appunto, non solo perché è un anno esatto dall’inizio del conflitto in Ucraina ma anche perché sono passati due anni dall’inchiesta della Procura per associazione a delinquere nei confronti del Calp, indagini che sono certamente legate alle battaglie per il blocco del traffico di armi di passaggio nel porto di Genova.
E proprio ieri, in effetti, era atteso al terminal Gmt l’attracco di una delle navi della compagnia saudita Bahri, una flotta che è diventata simbolo di guerra perché, denuncia il Calp, “passa dal porto carica di armamenti destinati all’Arabia Saudita per il conflitto in Yemen“.
“Quando abbiamo organizzato la manifestazione era previsto l’arrivo della nave Bahri. Oggi è sparita dai radar. Ma è una cosa normale per queste navi qua, che spengono i radar, spariscono e poi ricompaiono”. A spiegarcelo è un altro lavoratore del Calp, Riccardo Rudino, che poi aggiunge: “Fanno quello che vogliono e si vede chiaramente che possono farlo perché godono di privilegi di cui non godono altre compagnie di navigazione. La nostra battaglia è una battaglia contro il traffico di armi ma soprattutto contro quello che permette di costruire le guerre. E il conflitto in Ucraina è legato al bisogno di vendere armi, produrre armi e costringerci tutti a entrare in quella spirale lì, che non avrà mai una fine”.
Tra i portuali arrivati da Civitavecchia, Livorno e Trieste, gli attivisti, i rappresentanti dei sindacati USB, Cobas, Sì Cobas e OrSA, gli studenti di Osa e Cambiare rotta, i politici e i cittadini comuni, in migliaia da tutta Italia e dall’estero hanno raggiunto il capoluogo ligure in bus o in treno. Da 5.000 a 10.000 persone, a giudicare dal serpentone che ha attraversato per la prima volta il porto di Genova, dal Varco Etiopia a Ponte dei Mille.
“Questo Paese è un Paese assurdo. Il Pd fa le primarie e mette la bandiera della pace accanto a quella ucraina. Non si capisce più niente. In Italia fanno i finti pacifisti e poi votano per la guerra e l’invio delle armi. C’è bisogno di coerenza”.
Non usa mezzi termini Maurizio Acerbo, Segretario nazionale di Rifondazione, anche lui a Genova per la manifestazione del Calp, che ci tiene a ribadire: “Non vedevano l’ora di arrivare al conflitto. È evidente. Si è gettata benzina sul fuoco della crisi ucraina che è partita come guerra civile ed è diventata uno scontro di potenze”. Poi sul Collettivo Autonomo sottolinea che è il modello di cui abbiamo bisogno: “Io credo che il Calp sia un esempio di coscienza di classe, a partire dal rifiuto della guerra”.
Un esempio coraggioso in una città che ospita anche importanti industrie di armamenti. E, infatti, Acerbo precisa: “Questa è una delle barbarie del nostro tempo. In Italia abbiamo privatizzato tutto, l’unico settore di forte industria pubblica è quello della produzione di strumenti di guerra e di morte. Non eravamo in grado di produrre le mascherine durante l’emergenza Covid, dobbiamo importare i pannelli solari per fare la transizione ecologica, ma esportiamo armi in tutto il mondo”.
“Questa è l’unica manifestazione che dice con chiarezza no alla guerra, no all’invio di armi, no al traffico di armi, ma che denuncia anche il ruolo che hanno avuto l’Unione Europea e la NATO nell’alimentare questo conflitto”. A dirlo è Maurizio Rimassa, coordinatore regionale di USB, il sindacato di base al quale sono iscritti molto attivisti del Calp e che ha dato il suo appoggio alla manifestazione.
In corteo anche il neo eletto coordinatore provinciale del Movimento Cinquestelle, Stefano Giordano, che sottolinea: “Come Movimento abbiamo tentato con tutte le nostre forze di fermare questa guerra che sta portando a rischio l’intera Europa. Noi siamo qui oggi a rappresentare un’alternativa che né il governo Draghi, né il governo Meloni, hanno tenuto in considerazione, e cioè un tavolo dove veramente si parli di pace e non di inviare ulteriori armi per aumentare il conflitto”.
Il corteo si è concluso in piazza De Ferrari senza scontri né momenti di tensione con le forze dell’ordine, presenti a distanza ma in numero massiccio.
SIMONA TARZIA
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