Dopo giorni di discussioni un po’ paradossali su formule di coalizione, campi larghi, federatori e moderatori che hanno generato tensioni e frecciatine reciproche inutili visto che da qui al voto per le europee di giugno ogni ipotesi del genere è pura accademia, le opposizioni si presentano al voto sul Mes in ordine sparso. Pd, Azione, +Europa e renziani, uniche forze nell’arco parlamentare a votare a favore. Il M5S, che con Giuseppe Conte in aula ha alzato la voce più degli altri, si schiera contro. E Alleanza Verdi Sinistra sceglie l’astensione.

Lo scenario rappresenta un invito a nozze per Carlo Calenda, che della predica sullo smantellare i poli di centrodestra e centrosinistra in nome del buonsenso e della pragmatica moderazione ha fatto la missione di legislatura. «La maggioranza si è spaccata sul Mes e così ha fatto anche il campo largo – dice il leader di Azione – Mi pare la testimonianza che questo paese non si può governare con un bipolarismo che produce solo contraddizioni e figuracce».

Ma Elly Schlein, da giorni impegnata nell’esercizio zen di non dare adito a polemiche con gli eterni promessi alleati del M5S, sminuisce le divisioni e punta il dito con le contraddizioni, a suo dire ben più cogenti, tra le forze della maggioranza. «Oggi mi sembra che quella più evidente sia una spaccatura dentro il governo, che si dimostra incapace di trovare un compromesso su una rilevante questione europea» sostiene la segretaria del Partito democratico.

E le differenze tra le forze di opposizione? «Ci sono, lo diciamo tutti i giorni – concede Schlein – Ma sono le differenze dentro la maggioranza che oggi hanno reso evidente la debolezza di questo governo, eppure nessuno mette in discussione che possano governare insieme». E qui il suo pensiero non va tanto alla corsa ognuno-per-sé delle europee ma alle sfide territoriali, previste sempre in primavera.

Dalle parti del M5S il tema delle divisioni non è pervenuto, tutt’altro. Conte sta giocando la partita della visibilità e del posizionamento. Dice chiaramente che laddove ci sono temi comuni si può andare uniti. Altrimenti non si pone il problema, almeno per il momento.

Peraltro, ieri i 5 Stelle hanno sfidato la destra proprio sul terreno degli interessi nazionali, della sovranità: «Adesso vediamo chi sono i patrioti», ha detto più di un pentastellato prima di schiacciare il tasto del no al Mes insieme a Fratelli d’Italia e Lega. Avs ha voluto distinguersi con l’astensione e Fratoianni prova a porre il tema politico allargando l’inquadratura alla «logica di pacchetto» che Meloni diceva di sostenere e che pare essere stata bocciata assieme al Mes ieri.

«La destra ha fatto un’operazione politica per tentare di cancellare dalla memoria collettiva e dal racconto di questi giorni quello che è accaduto davvero – argomenta il segretario di Si – La cosa più importante è stato il fallimento clamoroso sul punto decisivo: la riforma del Patto europeo di stabilità e crescita».

Fratoianni sostiene che il gran rifiuto di questi giorni serve a nascondere il ritorno dell’austerità: «Meloni aveva detto che avrebbe ratificato la riforma del Mes dopo aver chiuso la partita del Patto di Stabilità – osserva – Con questa operazione oggi ammette che andata malissimo per l’Italia. Quello che è avvenuto renderà più difficile mettere in campo politiche che riducano le diseguaglianze o che vadano a favore della transizione ecologica».

Il dem Enzo Amendola, che era ministro per gli affari europei nel governo Conte bis, segue un ragionamento analogo che conduce fino alle responsabilità del ministro dell’economia Giancarlo Giorgetti: «Aveva detto all’Ecofin che l’Italia avrebbe ratificato il Mes – sostiene Amendola – Lo dico col massimo rispetto: un ministro che viene sbugiardato da questa aula e sbeffeggiato dal leader del suo partito, è un ministro che dovrebbe trarre le conseguenze».

GIULIANO SANTORO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv