I migranti tra neonazi-onalismo e nuovo imperialismo

La vita di un bambino di appena un anno, forse qualche mese in più, strappata a sé stessa dal gelo dell’Est, dove il colonnello Autunno prepara le immense distese...

La vita di un bambino di appena un anno, forse qualche mese in più, strappata a sé stessa dal gelo dell’Est, dove il colonnello Autunno prepara le immense distese che hanno sfidato e vinto i più grandi eserciti d’Europa alla glaciazione del generale Inverno, quella vita, almeno per un momento riceve un tributo di vergogna da parte di tanta gente che assiste impotente alla tragedia che sta al confine tra Polonia e Bielorussia.

La vita di un bambino è diversa solo da quella degli adulti che lo circondavano per la sua fragilità ancora più evidente, data la sua età, stretta tra il calore fisico di un padre e una madre feriti da filo spinato e coltellate. Graffi e lacerazioni accumulatesi sulla pelle sfibrata, tra i pori gonfi per quel meno dieci notturno su cui si ferma la colonnina di mercurio, mentre vanno avanti e indietro le auto della polizia polacca a sirene spiegate per mettere in pratica una vera ulteriore tortura: impedire ai migranti di dormire.

Lo fanno i governi tanto sovranisti quanto autoritari: se lo ricorderà molto bene Silvia Baraldini che, durante i primi anni della sua ingiusta detenzione nelle carceri degli Stati Uniti d’America, veniva privata del sonno sistematicamente, svegliata ogni ora e così torturata senza apparentemente essere oggetto di violenza fisica. Invece si trattava unitamente di violenza fisica e psichica.

La stessa, in forme e tempi diversi, che subiscono quelle migliaia di persone ammassate a ridosso di due srotolamenti di filo spinato, recinzioni e con dietro e davanti le rispettive polizie bielorusse e polacche che li confinano in una terra di nessuno, in un lager a cielo aperto dove sono solo le luci verdi delle case dei contadini che abitano sulla frontiera a fornire un po’ di aiuto e conforto a quelli che riescono a scappare e si dirigono verso il “sogno tedesco“.

Nei giorni scorsi è morto un giovane ingegnere siriano. Aveva poco più di vent’anni ed era fuggito, ovviamente, dal riflusso di una guerra civile mai terminata. Ha tentato di attraversare il fiume poco lontano, per sopravvivere alla contesa tra Est e Ovest, tra sovranisti e democratici europei, ma è annegato. Non sapeva nuotare ma si è buttato ugualmente in una corrente polare che non lo aiutato ad annaspare, che lo ha irrigidito e ucciso prima ancora che tentasse di dare qualche bracciata.

E nei giorni ancora precedenti molti suoi compagni di sventura sono stati spazzati via dagli idranti della polizia polacca, mentre a Varsavia marciavano i neonazi-onalisti ipercattolici, naturalmente antisemiti, razzisti, omofobi, antiabortisti e conservatori moderni sotto la benedizione del governo di Mateusz Jakub Morawiecki, il cui partito è l’esatto contrario del nome che si è dato: “Giustizia e Diritto“.

Basta condividere l’aspirazione a rendere sempre più grande il potere economico europeo e, conseguentemente, quello dei singoli Stati dell’Unione, ecco che nella stessa possono trovare posto tanto le democrazie liberali storiche, come la Francia e i paesi che esprimono il peggiore nazionalismo al potere, che solleticano gli istinti più bassi  di un disagio sociale che cresce ogni giorno grazie a quelle politiche liberiste che Bruxelles incoraggia e promuove sfruttando il grimaldello della pandemia.

Ma noi in quale Europa stiamo? Il governo italiano pensa di tacere mentre i migranti vengono sfruttati per le contese geopolitico-economiche internazionali e l’imperialismo assume la forma della guerra non guerreggiata, dello scontro indiretto sulla pelle di gente che non ha conosciuto altro se non sofferenze fin dalla più tenera età?

Certo… Le diplomazie sono al lavoro e tutto è sempre maledettamente più complicato di come lo si pensi o lo si possa ridurre in slogan o parole che vogliono solo commentare quelli che in superficie sembrano più fatti di cronaca che non problematiche sistemiche determinate da una contesa mondiale per una egemonia ora economica ora militare che pervade le grandi potenze e i blocchi emergenti.

Ma probabilmente è proprio riconsiderando tutti i parametri di questioni indubbiamente complicatissime che si riesce a vedere meglio cosa si nasconde tra le pieghe delle belle parole di circostanza e tra i falsi miti socialisti di una spietata dittatura e tra quelli sovranisti di un finto governo democratico. Non basta biasimare il dittatore bielorusso: è fin troppo facile farlo.

Bisogna avere il coraggio, cara Italia, di schierarsi anche contro Varsavia, contro un regime che nega i diritti fondamentali, civili ed umani (ideando addirittura le “zone libere” dalle persone LGBTQI), che non ha alcuna empatia sociale, che categorizza i suoi cittadini tra normali e anormali, tra credenti e miscredenti, tra patrioti nazionalisti ed europeisti. Non si può che con i migranti che sono divenuti, loro malgrado, il contrassegno di una umanità compressa in una intercapedine di totale assenza di valori condivisi, di scambio culturale e di interazione tra le nazioni.

Nella terra di nessuno, tra i fili spinati polacchi e bielorussi, sotto il tiro dei fucili e delle pistole di due polizie ed eserciti (a questo proposito Morawiecki non ha badato a spese e ha richiamato persino 20.000 riservisti per il controllo del confine), si alimentano motivi di mantenimento di questo stato di tensione che fa gioco al neonazi-onalismo polacco e al sovranismo che lega Mosca e Minsk nel bilanciamento del riposizionamento imperialista di una Europa dove la NATO è il gendarme mai disarmato.

Il governo polacco si fa venire il ballo di San Vito quando sente parlare di diritti violati e di una intollerabile sovrapposizione tra esecutivo e magistratura, ma accetta di buon grado sul suo territorio tutte le installazioni dell’Alleanza atlantica…

L’ipocrisia del conservatorismo illiberale e liberista la si smaschera facilmente. Forse non pretende nemmeno di celarsi così tanto dietro finzioni che rimangono solamente se all’attenzione dell’opinione pubblica arrivano messaggi che riguardano i temi più caldi nella società polacca e che permettono di strumentalizzarla al meglio. Un po’ come accade in Italia quando si presentano le occasioni pretestuose per parlare degli sbarchi sulle coste delle nostre isole o, in concomitanza o alternativa, dei rom che rubano e dell’omofobia che non esisterebbe proprio, per cui la Legge Zan era e rimane un inutile orpello per un diritto già ampiamente soddisfacente nel sanzionare le violenze dettate dall’aggravante della discriminazione sessuale e di genere.

In mezzo a quei migranti che muoiono nel freddo dell’autunno dell’Est Europa ci sono tante storie comuni, ci sono tante similitudini che potrebbero trovare posto in un continente che pretende di essere la nuova patria della democrazia liberale moderna e che invece non fa nulla per condannare Varsavia all’ignominia del mondo, alla stigmatizzazione generale e al posto che avrà nella Storia per ciò che sta facendo in spregio ai più elementari diritti umani.

La geopolitica mondiale si nutre di cinismo per sopravvivere alla sua condizione naturale di mancanza di qualunque forma di umanità e di progresso sociale. Obbedisce alle leggi del mercato, di un sistema che – come si può ben vedere – non fa che creare disagi di massa che si legano purtroppo benissimo ai tatticismi di tanti conflitti nuovi che, questi sì, vogliono ridefinire gli spazi tra i popoli e l’accesso alle ricchezze del pianeta.

Il dramma dei migranti è soltanto l’ennesimo espediente per giocare questa spietata contesa mondiale che non bada alla morte di un bambino di un anno o di un ingegnere di vent’anni. La vita in generale per il capitalismo e per l’imperialismo degli Stati non ha alcun valore.

MARCO SFERINI

19 novembre 2021

foto: screenshot 

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