Green Pass sul posto di lavoro: sindacati contro Confindustria

La proposta in una mail da Viale Astronomia scatena la protesta: «No a misure vessatorie». Maurizio Landini (Cgil): «Decide solo il governo, non le aziende. Confindustria si preoccupi di far rispettare gli accordi contro i licenziamenti». Francesca Re David (Fiom): Ipotesi «vergognosa». «Non considera i lavoratori cittadini» ma solo come fattori della produzione»

Usare il Green Pass per stare sul luogo di lavoro. Al datore di lavoro andrebbe conferito il potere di non permettere al lavoratore di entrare in azienda, prevedendo anche la possibilità di una sospensione dello stipendio in caso di allontanamento fino a quando non accetterà di vaccinarsi contro il Covid. «L’esibizione di un certificato verde valido dovrebbe rientrare tra gli obblighi di diligenza, correttezza e buona fede su cui poggia il rapporto di lavoro».

La proposta è contenuta in una mail scritta dalla direttrice generale di Confindustria Francesca Mariotti ai direttori dell’organizzazione di Viale dell’Astronomia. «Nonostante la campagna vaccinale abbia registrato un buon andamento numerose imprese associate hanno segnalato la presenza di percentuali consistenti di lavoratori che scelgono liberamente di non sottoporsi alla vaccinazione, esponendo di fatto a un maggior rischio di contrarre il virus se stessi e la pluralità di soggetti con cui entrano in contatto condividendo in maniera continuativa gli ambienti di lavoro».

Il testo è stato reso pubblico da Il Tempo, Confindustria sostiene che la sua posizione non è quella di rendere obbligatorie le vaccinazioni per i lavoratori. Ma sono bastate poche righe per surriscaldare il dibattito sul controllo e la libertà al tempo della pandemia, oltre che sull’impossibilità di imporre obblighi contro la costituzione, che già divide la maggioranza e confonde il governo. I sindacati sono insorti. «Spero che sia il caldo – ha detto Maurizio Landini, segretario della Cgil – In questo anno di pandemia i lavoratori sono sempre andati in fabbrica in sicurezza. Rispettando i protocolli e le norme di distanziamento. Non sono le aziende che devono stabilire chi entra e chi esce. Una scelta di questo tipo la può compiere solo il governo. Confindustria, piuttosto, si preoccupi di far rispettare gli accordi contro i licenziamenti».

La Fiom ha considerato «vergognosa» l’ipotesi avanzata dal direttore generale di Confindustria, Francesca Mariotti. «Non considera i lavoratori cittadini» ma solo fattori della produzione». Lo ha sostenuto la segretaria generale dei metalmeccanici della Cgil Francesca Re David. Tra marzo e aprile dell’anno scorso, nei primi giorni del lockdown, i sindacati hanno «dovuto scioperare» perché le aziende riorganizzassero i luoghi di lavoro per lavorare in sicurezza.

L’intenzione di Confindustria ora sarebbe quella di aggiornare il protocollo sulla sicurezza. Il fuoco di fila dei sindacati contro l’ipotesi di un Green pass per i lavoratori potrebbe spiegarsi anche come un altolà all’organizzazione diretta da Carlo Bonomi: se ad aprile 2020 sono stati necessari alcuni scioperi per portare Confindustria a trattare sul protocollo, ora è necessario concertare eventuali modifiche alla luce di quanto farà il governo, sempre che siano risolvibili i problemi legati alla privacy dei lavoratori e non solo loro. Resta comunque in campo il problema più grande, da tutti trascurato: quello politico del consenso e della solidarietà, accantonato dai toni minacciosi e punitivi spesso adottati quando si parla di «caccia ai non vaccinati».

Questa possibilità è contemplata anche nei testi sottoscritti dai sindacati e confindustria. «Il ruolo delle parti sociali è quello di favorire in maniera responsabile la vaccinazione in tutti i luoghi di lavoro e nelle aziende che si sono rese disponibili a costituire hub vaccinali aggiuntivi a quelli della sanità pubblica, come avevamo sottoscritto il 6 aprile scorso insieme alla Confindustria ed alle altre associazioni imprenditoriali per tutelare la salute collettiva e quella dei lavoratori» ha sostenuto ieri la Cisl. Il motivo della reazione veemente da parte dei sindacati si spiega così: il green pass non rientra nel perimetro del protocollo e in ogni caso è una modalità discriminatoria di controllo che non può essere imposta con una circolare alle aziende. «Se le regole andavano bene ad aprile scorso, vanno bene anche oggi, senza intenti vessatori» ha sostenuto il segretario generale della Cgil Puglia Pino Gesmundo.

MARIO PIERRO

da il manifesto.it

foto: screenshot

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