Ddl Zan, il confronto naufraga tra più di mille emendamenti

Quasi 700 presentati dalla Lega. Anche Iv presenta 4 proposte di modifica al testo. Destinato ormai a slittare a settembre

La voglia di confronto tanto richiesta e proclamata nei giorni scorsi ha preso la forma di oltre mille emendamenti al ddl Zan consegnati alle 12 di ieri al Senato. E anche Italia viva, sebbene nei giorni scorsi Matteo Renzi avesse assicurato che non avrebbe presentato richieste di modifica al testo contro l’omotransfobia, alla fine ha depositato quattro emendamenti scritti con Psi e Autonomie. «E’ la prova che sono inaffidabili», commenta la dem Monica Cirinnà quando tra i corridoi di palazzo Madama cominciano a circolare le prime notizie sulla decisione presa dai renziani.

Come previsto, la parte del leone l’ha fatta la Lega: 672 proposte di modifica quasi interamente messe a punto dai senatori Pillon, Emanuele Pellegrini, Pepe e Urraro che mettono mano praticamente a tutto l’impianto della legge. Più altri venti preparati da Roberto Calderoli e centrati sugli articoli 1, 2 e 4, correzioni sulla libertà di espressione e cancellazione delle parole «identità di genere». «Se si dialoga, la Lega è pronta a ritirare gran parte degli emendamenti presentati – fa sapere il capogruppo Massimiliano Romeo – Se invece il Pd continuerà a volere lo scontro, affosserà la legge e la tutela dei diritti di migliaia di persone». «672 emendamenti dimostrano che la volontà della Lega non è mai stata quella di mediare, ma solo di affossare una legge di civiltà», è la replica della presidente dei senatori dem Simona Malpezzi mentre Enrico Letta conferma quanto va dicendo da giorni: «Impossibile per noi negoziare con la Lega», afferma il segretario del Pd.

La giornata è proseguita con la discussione generale sul provvedimento, ma il percorso che aspetta la legge è sempre più insidioso. I pochi emendamenti renziani, due dei quali firmati dal capogruppo Davide Faraone, insistono anch’essi sugli articoli 1, 4 e 7 e in particolare sulla cancellazione delle parole «sesso», e «identità di genere» dall’articolo 1 e sull’inserimento all’articolo 7, quello che introduce la Giornata nazionale contro l’omotransfobia, di un riferimento esplicito al rispetto «della piena autonomia scolastica». Punti che, nel momento in cui si arrivasse al voto segreto, potrebbero convogliare anche i voti del centrodestra rispedendo il ddl alla Camera. «Aver posto come finalità quella di perseguire tutte le condotte discriminatorie fondate su misoginia, abilismo e omotransfobia garantisce la tutela di tutti senza alcuna esclusione», ha spiegato Faraone. «Adesso non c’è più alcun motivo per non stringere un patto su un testo condiviso e stabilendo tempi strettissimi per approvare il ddl al Senato e poi alla Camera».

Ma è possibile anche che a quel punto non ci si arrivi neppure. La capigruppo riunita prima dell’avvio del dibattito in aula non ha infatti inserito il ddl tra i lavori in programma fino al 30 luglio ma è servita a Lega e Fratelli d’Italia per comunicare l’intenzione di chiedere una nuova sospensiva e di non passare all’esame degli articoli. Sulla prima si procederebbe con voto palese, ma sulla seconda è previsto il voto segreto e potrebbe accadere di tutto.

I tempi sono comunque stetti. Dei 36 senatori iscritti a parlare ieri hanno preso la parola in 19. Tutti gli dovranno intervenire nelle tre ore circa rimaste per di più zigzagando tra una serie di decreti che devono essere convertiti. Il primo è il dl sostegni bis che va in aula oggi e deve essere votato entro il 24, ma anche il dl semplificazioni che va licenziato entro il 30. In mezzo le comunicazioni della ministra della Giustizia Cartabia sui fatti di Santa Maria Capua Vetere. Il 6 agosto il Senato chiude per la pausa estiva, ma prima ci sono altri decreti da convertire. Il risultato, scontato, è che se tutto va bene del ddl Zan se ne riparlerà come minimo a settembre.

CARLO LANIA

da il manifesto.it

Foto di Frauke Riether da Pixabay

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