Cronaca di una crisi di governo mai cercata

Il M5S e il braccio di ferro sugli investimenti bellici. Conte incontra i senatori grillini e rivendica «buon senso». Si rivede anche Petrocelli

Anche dopo la presa d’atto della divergenza a Palazzo Chigi tra Mario Draghi e Giuseppe Conte, ieri dai vertici del Movimento 5 Stelle facevano capire che il leader si è imbarcato da un paio di settimane in questa storia delle spese militari senza avere la minima intenzione di far cadere il governo.

La ricostruzione grillina dice che è stata la rigidità del premier, e la sua stizza di fronte alle rimostranze di quelle che è pur sempre la prima forza politica di questo parlamento, a drammatizzare una situazione che non aveva intenzione di evolvere verso la crisi. Anche perché Conte sa bene che uscendo dalla maggioranza segherebbe il ramo sul quale è appollaiata la sua leadership, cioè la nascita di un’alleanza progressista da costruire insieme al Partito democratico. Lo stesso Pd, in queste ore, da una parte cerca una soluzione dall’altra reagisce con stizza all’attivismo del M5S.

Dunque, i 5 Stelle hanno dovuto smontare il quadro della storia recente fatto trapelare ad arte da Palazzo Chigi. Secondo la quale, quando era capo del governo, Conte avrebbe aumentato le spese militari. «Per di più in assenza di guerre in Europa», recita il leak governativo La versione grillina, poi ribadita da Conte davanti ai senatori con tanto di tabelle, è importante perché contiene il possibile punto di caduta. Sarebbe «sostenibile», è il ragionamento, un incremento degli investimenti bellici, «lineare e graduale», da portare a termine «entro la fine di questo decennio».

Di contro, l’aumento «esponenziale» colpirebbe la spesa pubblica «indiscriminatamente» per arrivare alla soglia del 2% nel 2024. «Significherebbe aumentare di almeno 6 miliardi l’anno gli stanziamenti per la difesa nelle prossime due leggi di bilancio per saltare da 26 a 38 miliardi di spesa militare annua», spiegano. Quando il ministro della difesa Lorenzo Guerini ipotizza un lasso fino al 2028, dal M5S si dicono soddisfatti: «Abbiamo detto che non si possono spendere 10-15 miliardi, da qui al 2024, in spese militari: sono altre le priorità dell’Italia».

Insomma, da due giorni è tornato a suonare il refrain di un M5S irresponsabile e sensibile alle sirene di qualche forma di estremismo. Ma la proposta di Conte non ha nulla di radicale, né ha qualcosa a che vedere con quelle avanzate dal mondo pacifismo. Tanto meno può essere tacciata di ambiguità verso la collocazione atlantica, alla quale Conte non si stanca di giurare fedeltà. Al gruppo del M5S riunito al senato, l’avvocato ricorda che se il suo successore alla presidenza del consiglio non ha voluto lo scostamento di bilancio «per aiutare le famiglie e le imprese», allora non ha senso che ci si arrivi a causa degli armamenti. Tuttavia, l’assemblea si chiude con l’impegno dei senatori a votare il Decreto Ucraina e ritrova l’unità attorno alla «gradualità» degli aumenti.

A proposito di anti-atlantismo, ieri è tornato in scena il presidente della commissione esteri Vito Petrocelli, che ha ironizzato sulle accuse nei suoi confronti. «Non sono filo-russo, in realtà sono filo-cinese. E le due cose sono incompatibili». «Il decreto non lo voto – spiega Petrocelli – Resto convinto che non sia il caso di esporre l’Italia ai rischi di essere cobelligerante. La posizione maggioritaria in parlamento non rispecchia quella del paese che è contraria a entrare in questo terribile e schifoso conflitto, iniziato dai russi».

Anche l’ex sindaca di Roma e membro del comitato dei garanti Virginia Raggi viene accusata di essere filo-russa per il fatto di aver condiviso alcuni post vicini alla propaganda putiniana. Calendiani e renziani ne chiedono le che dimissioni dalla presidenza della commissione capitolina sull’Expo. Il Pd reclama un chiarimento. Raggi afferma di essersi limitata a diffondere alcuni messaggi dell’ex europarlamentare del M5S Dario Tamburrano. Quest’ultimo si dice stupito dell’«appiattimento del dibattito pubblico in Italia».

GIULIANO SANTORO

da il manifesto.it

foto: screenshot

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Politica e società

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