Acerbo (Prc): «È un paese senza sinistra, c’è solo quella ornamentale»

Intervista al segretario di Rifondazione comunista. Perdiamo perché lo schema bipolare è entrato nelle teste. Ma restiamo alternativi al centrosinistra, si può vincere con le facce fresce ma resta che i ceti popolari votano a destra. Podemos ha fatto una battaglia autonoma poi si è alleata con il Psoe, da noi il sì al Pd è ’a prescindere
Maurizio Acerbo, Segretario nazionale di Rifondazione Comunista

Maurizio Acerbo, Rifondazione Comunista, di cui è segretario, sosteneva L’Altra Emilia Romagna che ha preso lo 0,4 per cento. In Calabria non si è presentato. Responso severo, e viene dopo altre sconfitte.
Il risultato è stato disastroso. Siamo convinti delle nostre ragioni ma dobbiamo prendere atto che hanno difficoltà a essere veicolate. Ci aspettavamo la spinta per il voto utile ma è andata molto oltre. Per l’invasione di Salvini, le sardine. Ci ha indebolito anche il fatto che a sinistra c’erano tre liste, cosa che delegittima a prescindere.

Questa frantumazione della sinistra radicale è un destino anche per le prossime regionali?
Spero di no. In Toscana Potere al popolo stavolta dovrebbe partecipare a lista unitaria. Non il PC di Rizzo, un caso a parte.

Stavolta non c’era l’appello al voto utile, ma quello al disgiunto. Uno lo ha fatto anche lei. Chi voleva votare il suo partito poteva.
Se il problema è solo Salvini le persone tendono a votare per battere Salvini. Tutto va in secondo piano. Persino Bonaccini diventa un eroe della sinistra. È il clima che c’è, persino nei vostri editoriali. Il PD non è neanche costretto a confrontarsi sul programma. Chi ha fatto l’alleanza l’ha fatta senza condizioni.

La lista Coraggiosa, che ha preso il 3,7 dice l’esatto opposto.
Qualsiasi serio ambientalista non può non chiedere il ritiro della legge urbanistica contro la quale tutti insieme abbiamo protestato. E una sinistra come fa a non pretendere marcia indietro sull’autonomia differenziata? Ma ormai si ritiene che non ci sia spazio per un ’terzo spazio’, e che al massimo la sinistra possa essere ornamentale.

Il terzo spazio lo avete tentato alle europee. Non si è aperto.
Il terzo spazio alternativo a socialisti e destre c’è in tutta Europa. Da noi invece succedono cose bizzarre. Due anni fa Varoufakis criticava Tsipras perché aperto al dialogo con il PSE. Ora fa appello al voto.

C’è un problema di gruppi dirigenti sempre uguali a se stessi?
Non mi sembra. Il problema è culturale e politico, è il bipolarismo, uno schema entrato nella testa delle persone a cui una sinistra degna di questo nome non dovrebbe rassegnarsi. La gente è andata a votare per salvare l’Emilia e la sua storia da chi la offende.

Il pericolo nazionalista non c’è?
C’è. Ma non accetto il ricatto per cui da trent’anni noi dobbiamo votare i gruppi dirigenti che lavorano a smantellare le conquiste sociali e dei lavoratori altrimenti vincono quegli altri. In Spagna Unidas Podemos ha fatto una battaglia senza subalternità contro i socialisti. E poi ci ha fatto il governo. Da noi si va a vedere Ken Loach e si dice: che brutta realtà. Quella realtà è stata prodotta in gran parte dalle riforme dei governi di centrosinistra. La nostra proposta non funziona, ma resta la necessità di una proposta di rottura con il neoliberismo. I dati sul precariato e sulla disoccupazione non possono essere rimossi per il sacro fronte anti Salvini.

Ma anche per questo non è vitale bloccare l’onda nera?
Dipende se poi ci sei. Noi siamo un paese senza sinistra, se non per discorsi generici e ornamentali. E questo è il terreno su cui crescono i Salvini come i Trump.

La sinistra siete solo voi? La lista «Coraggiosa» non è di sinistra?
Non do pagelle. È fatta da persone di sinistra ma a mio parere subalterne a uno schieramento che rimane neoliberista e antipopolare. Ci vorrebbe una forza unitaria e autonoma che si propone al paese dicendo quali sono le sue proposte sulla cui base costruisce il proprio consenso e radicamento sociale. Una cosa così da noi non si riesce a fare. Ed è strano perché in tutta Europa ci sono le forze che fanno riferimento al PSE ma c’è una sinistra radicale che fa riferimento al GUE. In Italia no. E si chiama ’sinistra’ il PD È orwelliano.

Come si è spiegato che da noi non riuscite a farla?
Per limiti nostri ma anche perché i tanti che dovrebbero pensarla così poi cambiano idea.

Rinuncerete alle elezioni?
Penso che la rappresentanza sia vitale, ma sulle tue idee. Ma il problema viene dopo la discussione su un progetto di uno spazio autonomo della sinistra. Che non può partire dall’alleanza con il PD a prescindere.

Per questo non vi interessa l’idea della lista civica nazionale?
Noi siamo alternativi al centrosinistra, per il momento. Può darsi che l’azione del governo mi stupisca. Per ora no. Le soggettività di sinistra e ambientaliste si dovrebbero mettere insieme su un manifesto politico, per poi decidere tutti insieme come collocarsi. Ma prima il vero tema è come rimettere al centro del dibattito del paese il lavoro e la pace, come rilanciare un ciclo di movimento. Dopo le piazze delle sardine, in cui eravamo anche noi, è ora di mobilitazioni su questioni concrete, sulle pensioni, sulla precarietà.

Perché le piazza delle sardine si riempiono e quelle della sinistra radicale no?
Intanto perché se noi chiamiamo una piazza lo sappiamo solo noi. E poi perché le sardine, con un grado zero di determinazione politica, hanno dato voce a un sentimento diffuso di rigetto verso l’ondata di destra. Ottimo. Ma l’anno scorso eravamo in centomila contro i decreti sicurezza, quest’anno 15mila. Voglio dire: non a caso con i governi di centrosinistra sono passate misure contro i lavoratori senza alcuna opposizione sociale. Poi si può far finta che il problema non esista e cercare un’immagine più fresca del centrosinistra per vincere. Anziché cambiare le politiche per cui si perde.

DANIELA PREZIOSI

da il manifesto.it

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Rifondazione Comunista

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