Un’occasione per un grande ritorno dell’antifascismo popolare

Una nuova “marcia su Roma”. Per prima cosa viene da dire: povera Roma. Dopo Mafia Capitale e dopo mille inchieste e disavventure, ora pure una nuova edizione della triste...

Una nuova “marcia su Roma”. Per prima cosa viene da dire: povera Roma. Dopo Mafia Capitale e dopo mille inchieste e disavventure, ora pure una nuova edizione della triste manifestazione con cui il regime fascista si instaurò come potere, senza essere contrastato dall’esercito regio di allora, senza nessun provvedimento contro i quadriumviri che con Mussolini guidavano quella prova di forza che, effettivamente, servì a consacrare il battesimo di una progressiva acquisizione delle istituzioni da parte di un partito che aveva mostrato già ampiamente il suo carattere autoritario, violento, feroce.
Eppure, per avere l’uomo forte che contrastasse la possibilità di una riscossa proletaria e operaia, la borghesia di allora e la monarchia fecero patto saldo e accettarono anche qualche deviazione dalla costituzionalità delle leggi e dello Statuto albertino.
Qualcuno potrà affermare che si tratta di storia ormai quasi “antica”, di un passato che si può solo studiare e affidare ad una flebile memoria… eppure, in forme differenti, con forze politiche molto diverse rispetto ad allora, qualcuno rifacendosi apertamente al fascismo oggi vuole mettere in scena una marcia di “patrioti”.
Non esiste un pericolo di presa del potere, come nel 1922, da parte di un partito neofascista in Italia: ma esiste il pericolo della trascuratezza di una anche mera esibizione di presunta forza che vuole rinvigorire l’odio della popolazione per tutto ciò che non è italiano, esaltando una autoctonia che è piano di distorsione verso l’analisi delle problematiche sociali che quotidianamente ci vengono sottoposte dai giornali e dalle televisioni.
A chi giova tutto questo? A chi vuole mantenere in uno stato di incertezza e di paura la popolazione che, altrimenti, si accorgerebbe che il migrante non è il suo nemico, che non lo è nemmeno il rom o il sinti, ma semmai lo è chi vuole imporre sacrifici economici al Paese per sistemare i conti di una classe dirigente che non ha affrontato la crisi economica prendendo dai più ricchi le risorse per coprire quelle falle create proprio dal sistema che li rende ricchi.
L’instabilità sociale è la migliore occasione possibile per il capitalismo e per chi lo tutela per avere spazio e tempo necessari a gestire queste dinamiche.
Tutto fa brodo, tutto fa gioco: anche una nuova pseudo “marcia su Roma”.
Ma fosse anche solo per il rispetto formale della Costituzione, che non è cosa da poco!, il governo dovrebbe immediatamente fermare questo scempio della memoria, della storia e dell’attualità dei valori antifascisti che vengono calpestati impunemente, senza che vi sia una indignazione così forte da far retrocedere i marciatori oltre la loro linea di partenza.
La risposta, prima che da parte del governo, deve venire dalla popolazione, dalla gente cosiddetta “comune”. Deve venire da un popolo ancora antifascista che ha salvato la Costituzione repubblicana il 4 dicembre scorso e che deve continuare a mantenerne vivi i grandi valori di eguaglianza e libertà.
La democrazia sostanziale si difende anche proteggendo quella formale. La rinascita culturale per un ritorno della sinistra progressista, dell’anticapitalismo e dell’antiliberismo passa anche attraverso queste connessioni sentimental-civico-politiche.
Senza esperienze di massa, senza coinvolgimento e partecipazione popolare a processi di difesa della democrazia e della Repubblica antifascista, non può esservi un risorgimento della cultura della giustizia sociale.
Come aveva ben detto Sandro Pertini: “Non esiste giustizia sociale senza libertà e non esiste libertà senza giustizia sociale.”.

MARCO SFERINI

7 settembre 2017

foto tratta da Pixabay

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