Pasqua, pace, Palestina. Tutto quello che non c’è

Ciclicamente la Spianata delle Moschee a Gerusalemme diventa il patronimico di una eredità storica che si esprime nella più brutale annessione politica, antisociale e inculturale che lo Stato ebraico...

Ciclicamente la Spianata delle Moschee a Gerusalemme diventa il patronimico di una eredità storica che si esprime nella più brutale annessione politica, antisociale e inculturale che lo Stato ebraico abbia messo in essere dal 1948 in avanti. La teocratizzazione di una comunità che, almeno all’inizio, avrebbe dovuto avere anche qualche tratto di socialismo, si è via via fatta strada fin dentro ogni istituzione, sostenuta da un sionismo iperreligioso, integralista, dai tratti xenofobi e dal chiaro carattere coloniale e imperialista.

Sabra e Chatila furono le manifestazioni omicide di una ipertrofia israeliana che non ha terminato la sua estensione, che si ingigantisce senza arrivare all’ultimo, definitivo obiettivo che comunque Israele si pone: la riduzione in condizione di totale dipendenza da Tel Aviv del popolo palestinese, ospite sgradito nella propria terra, inconsiderabile in termini di vicinato, di convivenza.

Così, dopo aver sottratto pressoché tutti i diritti ad un popolo rinchiuso in grandi e piccoli recinti a cielo aperto, affamato, assetato, privato della terra, della libertà di pensiero, di parola, di movimento, incluso in una dominazione che è escludente a priori quando si tratta di rapporti con gli arabi, la repressione diviene la guardiana prima di un difficile mantenimento di uno status quo che ribolle e non ha mai la sua finta e ipocrita pace.

L’irruzione della polizia israeliana nella moschea di Al Aqsa, le percosse violentissime che i video dei telefonini hanno rimandato sulle reti di tutto il mondo, sono il tributo che Netanyahu paga alla difficoltà politica che attraversa: deve qualcosa alla destra religiossimamente sionista, ad un estremismo fanatico che divora anche parte dei suoi figli, come un Moloch nella valle del Geenna.

E non è detto affatto, oltre tutto, che il tempismo non sia del tutto casuale: le pasque che si festeggiano nella tripartizione religiosa della Palestina, al centro di quella Gerusalemme dove stanno i luoghi più sacri dell’imponenza monoteistica sugli altri culti, sono eventi vicinissimi fra loro. Quella cristiana, la Pesah ebraica e l’Eid Al-Fitr islamico.

Tutte feste che là, nella spianata dove si sparge il sangue palestinese, in qualche modo si rannodano e testimoniano al mondo una storia che affonda nella notte dei tempi, ma mai nell’alba di un futuro degno di essere vissuto.

Nemmeno più soltanto gli ebrei e gli israeliani possono dirsi certi di questo: il loro governo ha tentato un sovvertimento di una democrazia che, prescindendo dalla controriforma sulla giustizia avversata da una buona parte della popolazione, era già visibilmente alterata dalle esagerazioni volute in politica interna (che poi per Israele vuol dire anche politica estera se si parla di Cisgiordania, Gaza, Libano, Siria, Giordania ed Egitto) e dai riflessi condizioni sul piano internazionale.

Israele, proprio con la repressione dentro Al Aqsa, sta facendo scricchiolare anche il “patto di Abramo” con l’Arabia Saudita. Non proprio all’improvviso, ma indubbiamente con una forte accelerata, la reazione sionista piomba nel cuore della Palestina nella congiuntura che vede debole il governo nel raffronto con una impopolarità parzialmente inattesa e al contempo spinto dall’ultradestra di Itamar Ben Gvir verso una esasperazione della tensione onnipresente tanto a Gerusalemme quanto nel resto dello Stato ebraico e nei Territori occupati.

Piovono missili dal sud del Libano, piovono accuse e controaccuse, si fanno ipotesi sul “cui prodest” senza accorgersi che, in un terra così tanto martoriata e priva di verità ha persino poco senso domandarsi a chi giovi il punto e il contrappunto.

La corresponsabilità è evidente proprio dove si fanno più fitte e ingarbugliate le dinamiche proprio nell’indistinzione delle tante posizioni politiche si perdono nel gineprario dei credi religiosi, delle molte scissioni fatte nel nome della predominanza tra gruppi sciiti e sunniti e in questi stessi ovviamente.

Non di meno la politica israeliana ha conosciuto in questi ultimi tempi una inedia progressiva a sinistra, una moltiplicazione delle forze di destra estrema, un adattamento della forma pseudo-democratica di Israele ad una specie di egemonia culturale sionista a tutto tondo che, come si faceva cenno all’inizio, finisce per somigliare al teocraticismo dei peggiori Stati repressivi di ogni altro culto, morale, filosofia o credo politico che non sia affine al potere che si fa emanazione di dio.

Del resto, oltreoceano, là nella patria della libertà privatizzata e a caro costo, nel momento in cui Israele bastona i palestinesi tutto tace e, subito l’attimo dopo, quando partono i razzi dal sud del paese dei cedri, si leva la voce dell’amministrazione democratica per dire che, ovviamente, lo Stato ebraico ha tutto il diritto di difendersi e quindi si mettono subito le mani avanti e si anticipa la reazione di Tel Aviv che c’è sempre, che è spietata e che è, quindi, altamente sproporzionata rispetto tanto all’azione quanto all’enfasi delle minacce di Hamas oggi o di Hezbollah domani.

Se agiti e alimenti i peggiori istinti con la propaganda aparthadeista, con la forza e la brutalità degli omicidi di Stato, delle galere in cui sono rinchiusi dagli uomini adulti ai ragazzini; se la tua politica è solamente improntata ad una ipocrita, vile e vigliacca difesa che è tale solo a parole e che, in realtà, è il presupposto per sempre nuove espansioni nei territori palestinesi, appropriandosi di qualunque cosa appartenga alla gente che ha sempre vissuto in quei luoghi e che ha tutto il diritto di potervi vivere ancora, allora dovresti tacere se il mondo che ti circonda, che ti è limitrofo, si adombra e ti manda a dire con le armi ciò che non può dirti ad un tavolo della pace.

Bella parola: pace. Tanto bella quanto dimenticata in Medio Oriente. Un epifenomeno che aleggia alle spalle delle politiche estere dei grandi Stati imperialisti, che si rifanno alle loro costituzioni democratiche sette e ottocentesche. Ma niente di più di questo.

La pace vera non è assenza di guerra, ma costruzione di una società in cui sia impossibile fare la guerra. Materialmente. Bisognerebbe partire da una riduzione alla semplicità di tutte le controversie che sono in atto: ma per fare questo bisognerebbe anche mettere da parte il sistema capitalistico e ragionare solo, esclusivamente in termini sociali e civili.

La politica xenofoba della destra israeliana, solo per il fatto di essere fatta da persone di religione ebraica, non è giustificabile davanti a nessun passato e tanto meno innanzi ad alcun futuro.

Purtroppo la coerenza delle alleanze internazionali e dei rapporti anche economici con Israele, impedisce alle nazioni storicamente democratiche, seppure liberali e oggi liberiste, come Francia, Inghilterra, pure Germania e Italia – se proprio vogliamo – di dire una parola di verità sulla condizione del popolo palestinese e sulla repressione sistematica che viene esercitata contro chiunque venga percepito come ostile ai piani di Tel Aviv.

Qualunque appello si faccia ai governi di questi paesi, a differenza della seconda metà del Novecento, oggi casca nel vuoto e l’asse delle politiche europee è nettamente atlantico, filoamericano e filoisraeliano se osservato su più livelli tattici, su più piani strategici e, quindi, in una interazione globale che stabilisce, proprio come nei tempi antichissimi, una relazione anche indiretta tra Europa, Medio Oriente ed Asia. Con l’aggiunta dell’America oggi, in un epoca moderna mai davvero degna di questo epiteto in chiave di lettura progressista del cammino umano.

Terra e libertà per il popolo palestinese non è più soltanto un binomio, uno slogan necessario per ogni manifestazione. E’ quello che manca da troppo tempo, che rimane sempre meno sotto i piedi di chi vive in Cisgiordania e a Gaza, che si percepisce immateriale, senza una traduzione fattuale in diritti umani, civili e sociali…

MARCO SFERINI

7 aprile 2023

foto: screenshot da You Tube

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