Non sono di nessun colore

Non penso proprio di appartenere alla “razza bianca“. Sono bianco? Sono di carnagione rosea, comunemente chiamata “bianca“. Ma non mi sono mai sentito veramente bianco. Non so se mi...

Non penso proprio di appartenere alla “razza bianca“. Sono bianco? Sono di carnagione rosea, comunemente chiamata “bianca“. Ma non mi sono mai sentito veramente bianco. Non so se mi sono mai percepito come “colorato“. Ho spesso pensato a me come ad un essere umano, almeno credo di sembrarlo se non proprio di esserlo ontologicamente parlando. E per sembrare un po’ comunque bisogna anche essere, altrimenti l’apparenza è proprio frutto del niente. Poi, è fuori di dubbio, che la voglia d’apparire allontana dalla vera essenza, quindi dalla verità di e su noi stessi.

Pirandello aveva già mostrato un secolo fa come la relatività sia così intrinseca anche all’umanità. Ma le grandi lezioni sono sempre quelle più difficili da spiegare perché, come bene ci ha spiegato Brecht, sono proprio le cose semplici, intuitive e di buon senso quelle maggiormente fraintese tanto in buona quanto in cattiva fede.

Diverso è l’ambito dell’ideologia, dell’asse portante di un sistema di idee che vogliono affermare una verità: l’esistenza di una razza, l’esistenza, nel caso in questione, di una “razza bianca” e della sua necessità di perpetuarsi e, quindi, di non far prevalere le altre razze.

Il razzismo, ci dice la sociologia, nasce proprio nel momento in cui ci sentiamo superiori ad altri “per razza” e da questo principio ne derivano mille altri rivoli di pregiudizi, di prevaricazioni in nome dell’autoctonia, del credo filosofico, politico, religioso… E’ la differenza che diventa concetto negativo, da guardare con sospetto per proteggere un ancestrale comunitarismo di stampo nazionalista o sovranista che dir si voglia oggi.

Per cui, in uno stringato commento alle parole del candidato leghista alla Regione Lombardia mi viene da dire: «Beh, vedendo ciò che ha fatto la ‘razza umana‘, sarebbe bene che si estinguesse». Ed un compagno commenta sotto queste mie parole: «Non dimenticarti che in mezzo a tanti stronzi, convivono comunisti, sfruttati, e tante brave persone eroiche».

Allora ci rifletto un attimo e mi dico che in fondo ha ragione, che nella razza… ops! Razza? Io so cosa voleva dire lui: guarda che in mezzo a tanti bianchi ci sono anche tanti bianchi perbene, onesti, democratici, antifascisti. Lui sintetizza tutti questi aggettivi nella parola più bella: comunisti. Ci aggiunge i proletari moderni, gli sfruttati che non sanno sovente di essere tali. E ci mette anche qualche eroe che non so bene dove andare a trovare. Almeno oggi… Ma ci ripenso ancora: «In mezzo a tanti… ci sono…».

Ecco, c’è un problema: io non mi sento “bianco“, non mi sento colorato. Ci percepiamo colorati perché ci vediamo, ci distinguiamo così in base al colore della pelle come elemento di appartenenza comune. Ma se fossimo ciechi, ci percepiremmo al tatto, non vedremmo i colori e quindi non potremmo almeno discriminarci sulla base della diversa pigmentazione che abbiamo.

Allora, siccome non distinguo le razze, non distinguo i colori (umani) pur non essendo daltonico, pur ammettendo che a volte la tentazione del pregiudizio arriva anche su di me ma non si impadronisce mai di me, ecco che la frase di quel compagno mi sembra – me lo perdonerà – indirettamente razzista. Presuppone di appartenere ad un colore prima che alla famiglia umana.

Presuppone una differenza tra bianco e nero, giallo, rosso. Non so quanti altri colori si sia inventato l’essere dis-umano per qualificare le differenze di “etnia” (parola anche questa che mi sta un po’ stretta per definire questi concetti…), visto che almeno scientificamente di “razza” non si può parlare perché è un concetto privo di fondamento nell’analisi genetica.

E anche storicamente parlando, proveniamo tutti dal Corno d’Africa, da quella zona abissina divenuta un tempo l’Impero d’Italia. Siamo discendenti degli antichi romani non di più di quanto lo siamo del genere Homo in senso scientifico sempre del termine. Ma forse basta solo un po’ di umanità restituita all’umanità stessa per accorgersi, non al di là ma insieme a tutta la letteratura scientifica del caso, che siamo tutte e tutti uguali.

Forse basterebbe vedere qualche puntata di Star Trek per abbattere un po’ di pregiudizi. Magari anche di Star Wars. La dico così, molto semplicemente: le razze non esistono e se anche esistessero, non mi interesserebbero nella valutazione etica di una persona. Preferisco tornare al concetto giacobino di “cittadino”, di quella Rivoluzione che già duecento e più anni fa aveva abolito la “schiavitù dei negri” nelle colonie dell’ex regno appena divenuto Repubblica francese, per sentirmi uguale nella diversità.

L’uguaglianza priva di differenze è solo mera omologazione: indistinguibilità di tante ricchezze veramente umane. Distinguiamoci! Come i coriandoli. Sono di tutti i colori, ma sono tutti coriandoli. E non esiste la razza dei coriandoli gialli o quella di quelli blu o verdi. Quando li lanci per aria a Carnevale non guardi quanti sono di uno o dell’altro colore ma guardi solo l’effetto che insieme fanno. Per un attimo ci rendono allegri.

E questo conta nella vita: recuperare sempre più attimi di felicità e avere sempre meno momenti di sospetto, odio, discriminazione, razzismo.

MARCO SFERINI

16 gennaio 2018

foto tratta da Pixabay

categorie
Marco Sferini

altri articoli