Non è un gioco da ragazzi, i dubbi sugli open day

Vaccini. Medici e ricercatori chiedono di cessare l’uso di AstraZeneca nei giovani. Le alternative ci sono: l’Ema presto darà l’ok a Moderna

Una lettera firmata da 28 medici, biologi e bioeticisti e sostenuta dall’Associazione radicale “Luca Coscioni” per la libertà scientifica chiede alle regioni di non vaccinare i giovani con i vaccini AstraZeneca e Johnson & Johnson. A un occhio poco attento, potrebbe sembrare una rivendicazione vicina al movimento No Vax, di quelle che insinuano complotti per spaventare il lettore: «Si sfrutta il loro desiderio di riprendere una vita normale, visitare liberamente i nonni, muoversi per lavoro o per studio, andare in vacanza – si legge nella lettera – ma sorge il sospetto che in realtà si cerchi di smaltire le dosi di AstraZeneca rimaste inutilizzate». E si trascuri che «i vaccini a vettore adenovirale possono causare in soggetti probabilmente predisposti la trombosi venosa trombocitopenica». Un sasso nello stagno, proprio in un momento in cui la campagna vaccinale procede spedita anche grazie agli “open day” aperti ai giovanissimi.

Basta leggere i nomi dei firmatari per riconoscere che la lettera non ha proprio nulla a che fare con i No Vax. Accademici come il bioeticista Gilberto Corbellini e il biologo molecolare Michele de Luca, compagni di mille battaglie contro le pseudo-scienze (No Vax inclusi). O Valeria Poli e Gennaro Ciliberto, che hanno collaborato proprio allo sviluppo dei vaccini ad adenovirus all’Istituto di Ricerche di Biologia Molecolare (Irbm) di Pomezia, dove il vaccino AstraZeneca ha mosso i primi passi. Con loro, anche 24 medici che, su base volontaria, stanno somministrando le dosi di vaccino nei centri della Liguria. Non proprio l’identikit dei No Vax, dunque.
«Abbiamo ripetuto ciò che sosteniamo da sempre – spiega Gilberto Corbellini al manifesto – Il vaccino Pfizer è stato testato sui giovani tra i 12 e i 17 anni. Moderna il 25 maggio ha pubblicato dati positivi sulla stessa fascia di età», e l’Agenzia europea del farmaco (Ema) ha iniziato ieri l’esame dei dati forniti da Moderna in vista dell’autorizzazione. «Degli altri non abbiamo dati. E soprattutto: abbiamo indicazioni che il vaccino AstraZeneca comporta un margine di rischio, e lo andiamo a fare sui ragazzini che forse del vaccino non avrebbero nemmeno bisogno?»

Il vaccino Astrazeneca è ormai indissolubilmente legato al rischio delle trombosi con trombocitopenia nelle persone giovani, una patologia molto rara ma di cui in pochi mettono in dubbio l’origine vaccinale. Secondo i dati più aggiornati, quelli forniti dal Regno Unito, dopo 25 milioni di prime dosi si sono rilevati circa 330 eventi di questo tipo, 61 dei quali mortali: circa 1,3 casi su centomila. Bassa? Evidentemente sì, se moltissimi giovani si sono presentati agli open day in cui si somministravano proprio i vaccini ad adenovirus. «Ma se anche uno solo di loro morisse – ribattono i firmatari – come potremmo giustificarlo, quando conosciamo i rischi e abbiamo le dosi necessarie di Pfizer e Moderna per vaccinare in maniera sicura anche i nostri ragazzi?».

«Da parte delle regioni c’è stata un po’ di superficialità in materia» sostiene Corbellini. «Molte di loro non hanno seguito le linee guida emanate dall’Ema e dall’omologo ente italiano (Aifa)». Nessuna delle due agenzie, per la verità, ha tassativamente vietato di utilizzare il vaccino inglese nei giovani. Ma l’Ema ha mostrato chiaramente che al di sotto dei trent’anni i rischi da Covid sono inferiori a quello della trombosi. E l’Aifa ha indicato come «preferenziale» l’uso del vaccino inglese negli over 60.

Le cose sono andate diversamente. Grazie a forniture più regolari, per le fasce prioritarie più anziane si è puntano innanzitutto sui vaccini a Rna (Pfizer e Moderna). Per smaltire le scorte AstraZeneca e J&J, diverse regioni le hanno utilizzate nei giovani approfittando del margine di incertezza associato all’aggettivo «preferenziale». Risultato: l’età media dei vaccinati circa la stessa per entrambe le tipologie, nonostante fossero indicate per fasce diverse.

I firmatari della lettera denunciano la mancanza di un’adeguata informazione presso i giovani da parte delle istituzioni: «Non vengono loro fornite né informazioni sufficienti né alternative per decidere in autonomia». È plausibile, tuttavia, che molti abbiano accettato consapevolmente di correre un rischio basso pur di vaccinarsi: il messaggio che da settimane batte la politica è che solo chi è immune potrà viaggiare, ballare e godersi l’estate senza restrizioni grazie al «green pass». Prima ancora di esistere, il pass sta fungendo da potente incentivo a vaccinarsi.

Anche altrove non si va per il sottile: nello Stato di Washington (Usa), dove la marijuana è legale, a chi si vaccina si offre una canna. Ma assegnare una ricompensa in cambio di una dose distorce il bilancio tra rischi e benefici, e genera disuguaglianze tra chi può vaccinarsi e chi non può.

ANDREA CAPOCCI

da il manifesto.it

foto: screenshot You Tube

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