Le irriverenti pagelle della crisi di governo

È stato tutto incredibilmente veloce e diretto, dopo quasi 20 giorni di ritiri di ministre, crisi non formali, tira e molla, veti incrociati. Siccome ci vorranno alcuni giorni per...

È stato tutto incredibilmente veloce e diretto, dopo quasi 20 giorni di ritiri di ministre, crisi non formali, tira e molla, veti incrociati.

Siccome ci vorranno alcuni giorni per capire (in realtà pochi, vista la celerità del Presidente della Repubblica) se l’incaricato Draghi potrà effettivamente contare su una maggioranza parlamentare (dall’appello di Mattarella sembrerebbe fuori discussione il contrario, ma mi sembra che in molti abbiano grandemente ignorato precedenti appelli più o meno recenti del Presidente), per ora possiamo, prima di lanciarci in analisi sul futuro, cercare di ragionare su quello che è appena accaduto e vorrei farlo mediante delle irriverenti pagelle della crisi, un po’ ironiche e un po’ no ma sicuramente tragicomiche.

Partiamo da un assunto: nessun partito vorrà far parte di una coalizione che rischia di avallare un governo tecnico in procinto di riaprire la macelleria sociale vista col Governo Monti. Diverso sarà se invece Draghi riuscirà a promettere tante carote e pochi bastoni.

Mattarella 6,5: il Presidente ha inteso umiliare tutti facendo la lezione base di Diritto Costituzionale e ricordando che là fuori ci sono la pandemia, il Next Generation EU e altre varie ed eventuali. Non ha nascosto il suo risentimento, probabilmente anche verso se stesso visto che non è riuscito a trovare una soluzione politica. In qualche modo alla fine ha dovuto cedere alla soluzione mediaticamente, finanziariamente e renzianamente più auspicata. L’Istituzione tiene, la politica no.

M5S 4: esce sconfitto su tutta la linea e deve arrendersi al governo tecnico col grande nemico proveniente dai poteri forti. Se glielo avessero detto 10 anni fa, ai tempi del governo Monti, probabilmente avrebbero rinunciato a prendere il 34% alle elezioni, accontentandosi di fare la forza di pressione intorno al 15%. Ora è forte il rischio scissione per salvare il poco salvabile. Il governo tecnico potrà ridare fiato a trombe populiste (quindi teoricamente a loro favorevoli) ma ormai è difficile che recuperino credibilità ed è anche difficile che votino in massa contro il nuovo governo.

PD 4,5: i dem si sono messi nella posizione del semaforo di Prodi, come Corrado Guzzanti illustrò benissimo tanti anni fa. Il Pd si è messo a vedere quello che succedeva, diviso al suo interno, tra spinte renziane e spinte anti-M5S, spinte pro-MS5 e spinte anti-renziane. Una situazione in cui qualcuno ci guadagnerà e qualcuno ci perderà. C’era pure chi voleva andare al voto e chi no. L’importante è rimanere al potere e, tutto sommato, buona parte dei dem ci rimarrà in qualche modo.

LeU 5,5: Liberi e Uguali, nelle sue differenze e interne, ha fatto quello che poteva fare, prima come puntello di una maggioranza in funzione anti-salviniana e nel tentativo di ricostruire un’idea di centro-sinistra (nobile proposito se ci fossero altri pronti a capire cosa significa). Poi il cartello elettorale rosso-verde si è spento in una posizione di responsabilità a dire il vero incensando tanto, forse troppo, Giuseppe Conte.

Renzi 3: sinceramente ingiudicabile. Oggi ha avuto ragione lui con una forza minima ma sovra-rappresentata in Parlamento. Sicuramente otterrà qualcosa in modo più o meno trasparente con il governo tecnico: a livello personale (infatti non ho scritto “Italia Viva”) ottiene la vittoria della gara a chi ce l’ha più grosso e qualche incarico più o meno indiretto in futuro. Contribuisce però contemporaneamente alla morte della politica italiana, alla creazione del governo tecnico e quindi a una probabile risalita populista: un disastro totale dell’edonismo contro la cosa pubblica.

Conte 4: alla fine si è fatto travolgere, pure lui fregato da Renzi nella medesima gara machista al più forte. Avrebbe potuto forse evitare ciò facendo mediazione in tempi non sospetti. Non è nato politico, forse imparerà con il futuro. Proverà a non mollare e a rimanere in politica? Forse sì, ma più si allontanerà nel tempo il voto, più la sua figura risulterà scolorita.

Forza Italia 6,5: i sondaggi mostrano che la posizione di esterni ma responsabili sta pagando. Una forza una volta quasi antieuropeista (ve li ricordate gli assalti anti-Ue alle dimissioni di Berlusconi dieci anni fa?) ora è diventata una delle maggiori ancelle dell’Unione. Appoggeranno il governo tecnico certi che il capitale privato ne uscirà rafforzato.

Lega e Fratelli D’Italia 6: la loro partita è stata tipo quella del Pd. Semaforici, in attesa, hanno urlato “Elezioni!” per non scontentare il loro elettorato nervoso ma tutto sommato vogliono stare alla finestra, ben sapendo che governare ora è un grandissimo rischio di rimanere schiacciati sotto il peso di pandemia e recovery plan. Per soffiare sul fuoco c’è tempo, un appiglio si trova sempre, compito del governo tecnico sarà quello di evitare gli errori del governo Monti.

Draghi 7: entra in scena nel momento in cui, in teoria, ci saranno tante risorse da spendere e non bisognerà solo tagliare, come toccò a Monti. D’altronde, quando serviva Monti fu mandato Monti e lui si defilò aprendo la strada dell’austerity al collega. Draghi vuole fare la storia, almeno della Salvezza. Non farà la storia della democrazia perché questa è gravemente azzoppata. Speriamo non faccia la storia del populismo.

ENRICO STRINA

4 febbraio 2021

foto: screenshot

categorie
Politica e società

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