Bene ha fatto la casa editrice Donzelli, in questo anno di celebrazioni per il centenario della nascita di Italo Calvino, a ripubblicare un saggio scritto da Massimo Bucciantini uscito per la prima volta nel 2007 dal titolo Pensare l’universo.

Italo Calvino e la scienza (pp. 184, euro 25), corredato da una nuova introduzione. Bucciantini ha riflettuto a lungo nella sua opera circa le relazioni che intercorrono tra scienza e letteratura e questo suo saggio resta ancora notevole e analitico nella sua impostazione. Se ne possono desumere alcuni spunti di riflessione.

Tutta l’opera di Calvino può essere letta come un dialogo continuo con la ricerca scientifica e gli scienziati. Calvino, figlio di scienziati e studente della facoltà di agraria prima di trasferirsi a quella di lettere per laurearsi con una tesi su Conrad, a partire dalla fine degli anni Cinquanta, si interroga sul problema del rapporto soggetto-mondo inteso in senso epistemologico.

La passione per Galileo, l’interesse per la luna, le piante, la natura, sono emblematici indizi di una personalità in costante movimento verso l’una e l’altra direzione.

In questo contesto, dedica numerose pagine ai miti cosmologici di Lucrezio, Ovidio e Plinio il Vecchio riflettendo sulla visione del cosmo o riscrivendo gli episodi in cui si racconta la nascita del mondo e si descrivono gli ambienti celesti e terrestri e le loro relative leggi fisiche. Dopo aver guardato alla scienza come «repertorio di nuovi temi, oggetti e storie da narrare, una sorgente di nuovi miti», si interessa principalmente al discorso scientifico come manifestazione di un linguaggio puramente logico-formale.

Qfwfq è il protagonista dei racconti raccolti ne Le Cosmicomiche e in Ti con Zero, ed è colui che meglio rappresenta il grande amore che Calvino ha provato per la scienza. Per de Santillana, che Calvino conobbe prima di iniziare a scrivere Le Cosmicomiche, il mito e la scienza costituiscono un unico sistema epistemologico in cui il loro rapporto è complementare.

Il mito si serve della scienza per veicolare i suoi contenuti ed al contempo essa si rifà a quello per poterli divulgare. Qfwfq è stato testimone oculare dei maggiori eventi scientifici della storia dell’umanità: il Big Bang, l’espansione dell’universo, la formazione degli atomi, della Terra, della Luna, dei continenti, la riproduzione biologica, la fine dell’umanità e del Sole, i buchi neri.

Ma Le cosmicomiche parlano anche dei sentimenti e dei bisogni dell’essere umano. Nei racconti di Palomar, lo spazio, oltre a venir identificato come componente della toponomastica, viene inteso anche nella sua accezione astronomica nella sezione intitolata Palomar guarda il cielo. Qui la sovrapposizione fra persona e osservatorio astronomico è portata agli estremi: il protagonista che osserva i pianeti, le stelle, le galassie sembra rivendicare la propria primaria identità.

La conoscenza scientifica diventa un fatto sociale, culturale e antropologico globale, che rappresenta un’appropriazione della realtà, non per fini utilitaristici, ma secondo una finalità e un atteggiamento propriamente conoscitivi. Per Calvino, la conoscenza autentica rappresenta una «uscita dal nostro quadro limitato e certamente ingannevole, la definizione d’un rapporto tra noi e l’universo extraumano e riguarda non solo le conoscenze specializzate degli scienziati ma anche il posto che queste cose hanno nella vita di tutti».

Nel saggio Una pietra sopra, scrive che «l’atteggiamento scientifico e quello poetico coincidono: entrambi sono atteggiamenti insieme di ricerca e di progettazione, di scoperta e di invenzione».

DOMENICO RIBATTI

da il manifesto.it

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