Il patto di «stabilità e crescita» è stato sospeso nell’Unione Europea

Negli atroci giorni dell’emergenza sanitaria e di quella provocata dalle politiche che cercano di impedire la diffusione del coronavirus bloccando i rapporti sociali e produttivi ieri abbiamo vissuto un...

Negli atroci giorni dell’emergenza sanitaria e di quella provocata dalle politiche che cercano di impedire la diffusione del coronavirus bloccando i rapporti sociali e produttivi ieri abbiamo vissuto un momento simbolico nella scienza triste che governa l’economia europea. Per la prima volta la Commissione Europea ha sospeso il «patto di stabilità e crescita» ricorrendo a una «General escape clause» , introdotta nell’ordinamento nove anni fa, nel 2011, in previsione di eventi esterni ed imprevisti rispetto alla logica economica considerata «normale» dei trattati che regolano i rapporti da deficit e Pil e tra debito e Pil. Non è mai stata usata, né discussa prima che fosse proposta il 13 marzo scorso e approvata ieri 20 marzo. Saranno i governi degli stati membri a dare l’ultimo parere su un provvedimento che li autorizza a spendere tutte le risorse necessarie per affrontare l’emergenza sanitaria ed economica in corso.

«Non è mai accaduto prima, abbiamo attivato la clausola di salvaguardia che permetterà ai governi di pompare nel sistema denaro finché servirà – ha detto la presidente della Commissione Europea Ursula Von Der Leyen in un videomessaggio diffuso ieri nel tardo pomeriggio attraverso i social network – La chiusura della vita pubblica è necessaria per rallentare la diffusione del virus, ma rallenta anche in modo grave la nostra economia. La settimana scorsa ho detto che avrei fatto qualsiasi cosa sia necessaria per sostenere gli europei e l’economia europea. Oggi sono lieta di poter dire che abbiamo mantenuto la parola data».

Il commissario Ue all’economia Paolo Gentiloni ha esplicitato il significato della sospensione di una legge a cui è stata attribuita una legittimità superiore a quella delle politiche nazionali, non solo economiche: «Questi non sono tempi normali e non possiamo comportarci come se niente stesse succedendo. Il Coronavirus sta causando dolore in tutta Europa e il conto per le nostre economie sarà estremamente salato» ha detto, rischiando di identificare involontariamente il concetto di vita con quello di costo economico. Gentiloni ha illustrato la direzione che seguirà nei prossimi giorni la complicatissima governance multilivello europea per assumere definitivamente l’orientamento di una politica fiscale espansiva e sostenere l’implosione dell’offerta che sta portando a quella della domanda, uno choc «simmetrico» che rischia a sua volta di fare implodere tanto il sistema industriale quanto quello bancario.

«L’attivazione della clausola – ha detto – apre la strada a una risposta forte e coordinata all’immensa sfida economica che dobbiamo affrontare tutti insieme. Sono fiducioso che il Consiglio Europeo darà il suo rapido accordo».

Con il «Quantitative easing» disposto dalla Bce per il solo 2020 pari a oltre mille miliardi di euro, l’innesco della clausola valida per tutti i paesi europei – e non «una tantum» solo per l’Italia com’è stato fino a questo momento – è un altro tassello che prepara un possibile coordinamento politico che, per ora, è ancora oggetto di trattativa politica tra i governi. Lo stesso Gentiloni, ieri mattina, aveva riconosciuto che la «dimensione della risposta comune ancora non è adeguata».

Quanto alla proposta avanzata dal presidente del consiglio Conte sui «Coronabond» finanziati da un Meccanismo europeo di Stabilità (Mes) radicalmente ripensato rispetto a quello attuale. Palazzo Chigi ha esplicitato il nesso tra due proposte teoricamente separate fino a un primo tentativo di argomentazione fatto da Conte in un’intervista al Financial Times. Al famigerato «Mes» dovrebbero accedere tutti gli stati colpiti dall’emergenza, i suoi 500 miliardi di euro dovrebbero essere concessi «senza alcuna condizionalità presente o futura» ha precisato una nota.

Un orientamento circolato in questi giorni in un tweet dell’ex capoeconomista dell’Fmi Olivier Blanchard ed evocato anche dall’ex premier Enrico Letta. «Stiamo guardando a tutti gli strumenti – ha detto Von Der Leyen – Vale anche per i Coronabond se saranno strutturati saranno usati».

«La logica è condivisibile, le modalità attraverso le quali si può fare un’operazione di questo genere sono modalità legate alla discussione sugli Eurobond» ha aggiunto Gentiloni, indicando il problema politico: la proposta, che prevede un salto mortale rispetto a ciò che ancora non esiste oggi, sarà praticabile solo con il via libera della Germania, e degli stati del Nord Europa, fino ad oggi contrari ad ogni mutualizzazione dei debiti pubblici derivanti da una simile operazione.

Nell’attesa che la nebbia si diradi, il patto di stabilità è stato sospeso finché durerà l’emergenza. L’incognita è il dopo. Il ritorno alla normalità implicherà un’altra recessione prodotta dal massacro sociale necessario per rientrare nei parametri «normali». A quel punto si potrà anche invocare un’altra traduzione della clausola attivata ieri: «Clausola generale di fuga» dai trattati spazzati via da questa emergenza.

ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto.it

Foto di PeterBe da Pixabay

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Economia e società

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