Il cinismo del vertice e le ferite aperte del mondo

G20 e Afghanistan. La principale ferita che ci porta questo G-20, come del resto quelli che l’hanno preceduto, è l’assoluta mancanza di giustizia. Per essere tutti d’accordo bisogna che ognuno abbia la sua parte di sangue e di morti. Mai una volta che si senta qualcuno che difenda una causa giusta rispetto al destino dei popoli. Il G-20 è nei fatti una sfilata di conformisti privi di valori ma con una superlativa qualità: il cinismo

Chi sono quelli del G-20 di Roma? Sono per gran parte coloro che intendevano esportare la democrazia in Afghanistan e poi hanno abbandonato gli afghani al loro destino e alla fame: a milioni, compresi migliaia di bambini, rischiano di morire, dicono le Nazioni unite, se non saranno assunte misure urgenti per aiutare il paese. Ma la nostra sola preoccupazione è stringere accordi con l’Iran e il Pakistan perché si occupino di “accoglierli” e fermare il loro viaggio verso ovest.

Quelli del G-20 sono quasi gli stessi che volevano liberare gli iracheni da Saddam Hussein e poi li hanno lasciati in mano al Califfato. Quindi hanno colpito Gheddafi, fino al sua fine orribile, lasciando che la Libia e l’intero Sahel scivolassero nel caos. Con la complicità dei turchi e delle monarchie del Golfo hanno scatenato migliaia di jihadisti in Siria per abbattere Assad, poi hanno fatto marcia indietro. Quindi si sono serviti dei curdi siriani contro l’Isis per lasciarli massacrare dalla Turchia nel Rojava.

La giustizia vera non ha diritto di cittadinanza al G-20, anche quando viene propugnata non solo dalle autocrazie ma anche dalle cosiddette democrazie liberali. Basta guardare cosa accade ai palestinesi sottoposti da Israele a un regime di apartheid: Israele ha appena approvato oltre 3mila nuove case per i coloni per impedire la nascita di uno Stato palestinese. Gli europei protestano, Washington fa finta di indignarsi ma nel concreto non accadrà nulla: Israele può fare quel che gli pare e ignorare tutte le risoluzioni Onu. Ci lamentiamo giustamente di autocrati come Putin, Xi Jinping, Erdogan, ma quale segnale invia l’Occidente a questi regimi? Non punisce mai Israele: non ci sono mai sanzioni, non c’è mai una presa di posizione tangibile che non vada oltre frasi di circostanza. È questo l’esempio di giustizia che diamo dalle nostre parti e poi la pretendiamo dagli altri? Non c’è neppure voglia di discuterne, visto che è saltato l’incontro Erdogan-Biden. La polvere della Nato si nasconde sotto il tappeto.

Il ritiro disastroso dall’Afghanistan, ignorando il destino di un popolo e la sua sopravvivenza, aveva già i suoi chiari precedenti. Non li vedeva soltanto chi non li voleva vedere. Ebbene questi killer di popoli e nazioni e si stringono oggi volentieri le mani, che sia in presenza oppure in video non fa gran differenza. La stringono pure a Mohammed bin Salman che come “principe del rinascimento arabo”, secondo le parole del senatore Renzi – ormai assunto stabilmente alla sua corte – ha fatto torturare, uccidere e smembrare a pezzi il giornalista Jamal Khashoggi. Lo stesso principe saudita che, secondo alcuni testimoni, avrebbe voluto ammazzare pur lo zio, il re Abdul Aziz. Insomma con lui è come andare a pranzo con Totò Riina.

Julian Assange, fondatore di Wikileaks, che ha rivelato i crimini delle guerre e alcune delle trame di Stati e servizi segreti occidentali e dei loro alleati, è invece sotto processo a Londra, dove forse vorrebbero che finisse velocemente i suoi giorni. Assente di rilievo nella congrega romana è Israele, che manda il Mossad in Iran e in giro per il mondo ad ammazzare chi gli pare senza che nessuno abbia niente da ridire. Ma forse al prossimo giro, se si allarga il Patto di Abramo, avremo al G-20 anche Israele che occupa illegalmente la terra dei palestinesi, abbandonati da tutti.

Se sono poi questi i capi che tra qualche ora a Glasgow si dovranno occupare di ambiente e salvare il mondo dal riscaldamento globale stiamo freschi. Nella stanze dell’Eur dove si riuniscono c’è un’aria mefitica, che Draghi apra almeno una finestra se vuole respirare.

Che cosa si decide al G-20 di concreto, al di là dei comunicati ufficiali? Una certa spartizione del mondo secondo interessi economici (il G-20 nasce come forum finanziario) e linee di influenza per la verità sempre più mobili. Ma c’è anche una sommaria divisione del lavoro che tiene uniti i protagonisti del vertice di Roma. Usa e occidentali vendono armi ai loro satelliti, facendo finta di esportare la democrazia, Mosca può fare quello che vuole degli oppositori, Pechino – diventata per il suo peso economico, il vero nuovo nemico per il cattolico Biden – ha mano libera per far fuori chi gli pare, da chi dissente agli uiguiri dello Xinjiang, i principi del Golfo possono strangolare chiunque senza che nessuno abbia da eccepire, in cambio aspettiamo i loro investimenti in occidente per lo shopping di armi e di squadre di calcio. The show must go on.

La principale ferita che ci porta questo G-20, come del resto quelli che l’hanno preceduto, è l’assoluta mancanza di giustizia. Per essere tutti d’accordo bisogna che ognuno abbia la sua parte di sangue e di morti. Mai una volta che si senta qualcuno che difenda una causa giusta rispetto al destino dei popoli. Il G-20 è nei fatti una sfilata di conformisti privi di valori ma con una superlativa qualità: il cinismo.

Cinismo a dosi industriali per tutti, per le nazioni, per interi popoli, per singoli individui, per le generazioni presenti e future. Giulio Regeni è forse l’emblema di tutto questo. La storia del ricercatore italiano torturato e ucciso dagli scherani di Al Sisi, simbolo dei giovani che dovrebbero essere al centro di questo G-20 e delle trasformazioni, è ignorata: nessuno dei leader di questo consesso di ipocriti sa dire una parola che somigli anche lontanamente alla giustizia.

ALBERTO NEGRI

da il manifesto.it

foto: screenshot

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