Il 30% delle imprese ha usato la cassa integrazione senza un calo dei ricavi

I dati del rapporto Inps-Bankitalia. L’uso opportunistico degli ammortizzatori sociali è avvenuto nella manifattura e nei servizi. Solo nel «Decreto agosto» il governo ha deciso di mettere «paletti» sul fatturato

Se per l’Ufficio parlamentare di bilancio un quarto di oltre 1,5 miliardi di ore di cassa integrazione è stato usato dalle imprese che non hanno avuto cali del fatturato durante il lockdown (il manifesto 28 luglio), ieri un’analisi dell’Inps e della Banca d’Italia ha circostanziato le dimensioni di questa appropriazione di risorse: un terzo delle imprese ha fatto richiesta, ed ottenuto, di mettere in cassa integrazione i loro dipendenti imponendogli anche una pena supplementare. Non solo non hanno lavorato, ma hanno perso in media il 27 per cento del loro stipendio che non gli sarà mai restituito. Stando ai primi dati l’uso opportunistico degli ammortizzatori sociali è stato realizzato per circa il 20% nel settore della manifattura e per il 30% nei servizi.

Per avere un’idea generale del guadagno realizzato da queste imprese, ancora da specificare per settore e fatturato, è utile riferirsi a questi dati. In media quello che chiamano «risparmio» è stato di circa 1.100 euro per dipendente . Tra le imprese più piccole, che hanno utilizzato prevalentemente la cassa integrazione a causa del Covid in deroga, l’importo medio risparmiato grazie alla riduzione dell’orario di lavoro è stato di 3.900 euro nel bimestre di chiusura per pandemia. Le imprese più grandi del settore dei servizi, che hanno fruito dell’assegno ordinario Covid, hanno risparmiato in media quasi 24 mila euro. Per le imprese della manifattura, che ricorrono prevalentemente alla Cig ordinaria Covid, il risparmio è stato di circa 21 mila euro.

Ieri mattina si sentiva il ritornello secondo il quale queste pratiche siano fatte da «furbetti». La nozione suona come assolutoria, e anche abbastanza liquidatoria. Parole simili sono state pronunciate due giorni fa persino da un sindacato che una certa idea su questo uso degli ammortizzatori sociali dovrebbe invece averla. Converrebbe allora iniziare a ragionare a partire dalla categoria di appropriazione di risorse, anche a danno dei lavoratori a cui nessuno ha pensato di garantire, perlomeno nei mesi dell’emergenza, lo stipendio pieno. Parliamo di persone che, secondo l’indagine dell’Inps-Bankitalia, hanno subito una riduzione oraria di 156 ore, il 90 per cento dell’orario mensile di lavoro a tempo pieno, pari a 173 ore in marzo e aprile. Va anche notato che, dopo la comunicazione di questi dati, le forze politiche e sindacali hanno chiesto nemmeno un’indagine, tanto meno hanno evocato una misura minima di giustizia. è un altro segnale di subalternità all’egemonia confindustriale. Solo poche settimane fa il presidente dell’Inps Pasquale Tridico aveva subodorato l’opportunismo di chi ha sfruttato l’emergenza per guadagnare anche sulla cassa integrazione. È stato aggredito da chi evocava addirittura un’inesistente clima contrario alle imprese. L’imbarazzo che ha accolto questi dati rivela la situazione opposta: un paese inginocchiato davanti alle imprese.

Questi argomenti potrebbero essere interessanti anche per chi lamenta il crollo dei consumi. La perdita del salario legato alla cassa integrazione. Secondo i dati Istat il reddito disponibile lordo è sceso sul trimestre precedente dell’1,6% e che, di conseguenza, i consumi sono crollati del 6,4%. Una situazione già grave, destinata inevitabilmente a peggiorare nel secondo trimestre. In questa situazione sappiamo chi ha continuato a guadagnare mentre c’era chi guadagnava sui lavoratori che perdevano potere d’acquisto. Non «è andato tutto bene». Il mondo del dopo è peggio di quello di prima.

Nel «Decreto Agosto», con cinque mesi di ritardo, il governo ha preso atto dell’esistenza di questo problema. Ed è così che la proroga di altre 18 settimane della Cig sarà «selettiva» e prevederà un «contributo» da parte delle aziende che vi facciano ricorso senza avere avuto perdite «significative». Si parla del 20% di fatturato. Un atto di coraggio che però non sarà retroattivo. Il coraggio, se uno non ce l’ha, non se lo può dare. In attesa che parta da gennaio un’ondata paurosa di licenziamenti, che resteranno bloccati, per ora il costo di questa operazione tampone sarà di 12-13 miliardi sui 25 miliardi di euro previsti. Ci sarà il rinnovo dei contratti a tempo senza causale e l’allungamento dell’indennità per i lavoratori dello spettacolo e gli stagionali del turismo. Terminati i bonus da 600 euro per le partite Iva. Il Welfare emergenziale e a pezzi è finito. Continua per altri.

ROBERTO CICCARELLI

da il manifesto.it

Foto di Emilian Robert Vicol da Pixabay

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