Dietro ai decreti Minniti -Orlando la logica della guerra agli ultimi

… e vennero a prendere gli immigrati, ma io non ero immigrato, poi chi lavorava al nero, ma io ero disoccupato, poi i poveri…. E io ero povero. Migranti,...

… e vennero a prendere gli immigrati, ma io non ero immigrato, poi chi lavorava al nero, ma io ero disoccupato, poi i poveri…. E io ero povero.

Migranti, rifugiati, poveri e ribelli, capri espiatori per governi liberisti. Torna a ruggire l’approccio securitario che periodicamente riemerge nel Belpaese.

Cresce la disoccupazione, ogni forma di diseguaglianza sociale, cala il reddito e si innalzano gli indici di povertà? La ricetta è sempre la stessa, distrarre l’opinione pubblica con altri allarmi.

Si diffonde in ogni modo l’idea delle “città insicure” e in mano ai “clandestini” e alla “criminalità predatoria” oltre che a chi arreca danni al decoro urbano, si costruiscono a tavolino gli allarmi congegnati e poi si trovano le ricette – peraltro inefficaci – con cui dimostrare alle popolazioni l’esistenza di un governo che risolve i problemi.

Ma si parla dei problemi reali? Di quelli che ci tolgono futuro e speranza di vita decente?

O si tenta di evitare di affrontare le cause della disperazione?

Invece di affrontare le cause della guerra, si preferisce colpire chi dalla guerra fugge, invece di colpire le cause della povertà è più facile cancellare i poveri.

Funziona? Sembra di no, ma proviamo a dire perché. E intanto ripartiamo da un punto comune.

Quando parliamo di rifugiati, immigrazione, esclusione sociale, dovremmo chiarirci le idee. Le politiche nazionali e europee, ci impongono di restringere gli spazi, respingere le persone, esternalizzare le frontiere, rinchiudere e rimpatriare chi cerca salvezza, far regnare un regime di paura e di espulsione dei soggetti non ritenuti in condizione di restare nel nostro continente, anche solo per farsi sfruttare dal padrone, spesso illegale e schiavista di turno.

E allora dobbiamo decidere da che parte stare. È fastidioso e scomodo per chi occupa le intercapedini del ceto politico, non solo rappresentato nelle istituzioni, è come una mosca molesta che ronza intorno e ogni tanto si posa senza che si riesca ad afferrarla.

Ma dobbiamo scegliere.

O si sta col governo e con i recenti Dl Minniti/Orlando, prossimi ad essere approvati in parlamento presumibilmente con maggioranza straripante. Camera e Senato si sono divisi i due decreti da discutere per convertirli in legge, a breve se li scambieranno dopo averli votati per dare loro una corsia preferenziale.

O si sta dall’altra parte. Dalla parte dei fuggiaschi e degli sfruttati.

Dalla parte di chi non considera questo paese una proprietà con divieto di accesso il pianeta un luogo in cui è da considerarsi normale che per 3,6 miliardi di persone che soffrono la povertà, la guerra, le dittature, la distruzione ambientale, ce ne siano 8 (si otto) che vivano come sovrani del mondo.

E per decidere da che parte stare, partiamo anche da vicino. Cosa contengono i decreti già pubblicati in Gazzetta Ufficiale?

Per il primo, pubblicato il 17 febbraio il tema è diretto. È in dirittura d’arrivo al Senato

1) “Disposizioni urgenti per l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale, nonché per il contrasto dell’immigrazione illegale”. Poche righe per delineare un’ impronta repressiva e securitaria che tende ad accelerare le espulsioni, nonché l’incremento dei rimpatri forzati, tramite nuovi accordi bilaterali con i paesi di provenienza, anche a costo di violare i diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione di Ginevra.

Su questo decreto vanno sottolineate alcune ulteriori criticità

a) L’apertura dei Centri Permanenti per il Rimpatrio (nuovo nome per i vecchi “Centri di Identificazione ed Espulsione”(CIE)) che va considerata inaccettabile sia in quanto rivelatasi fallimentare per le gravi violazioni dei diritti umani, per le condizioni di degrado in cui vi si è detenuti e per gli alti costi di gestione ma soprattutto in quanto il sistema stesso della detenzione amministrativa va rimosso a nostro avviso da ogni ordinamento giuridico. Si aggiunga che su recenti raccomandazioni UE, si prevede il trattenimento anche di coloro a cui verranno negati asilo e forme di protezione.

b) L’abolizione del secondo grado di giudizio per il riconoscimento del diritto di asilo. Un intervento che provocherà un incremento del lavoro per la Cassazione, in netto contrasto con i pronunciamenti della Corte Europea dei diritti dell’uomo che sancisce di fatto un “diritto speciale” per i richiedenti asilo;

c) la videoregistrazione e la trascrizione automatica dei colloqui dei richiedenti asilo con le Commissioni Territoriali che saranno chiamate a esaminare le richieste anche in assenza della presenza del difensore. Una ennesima violazione dei diritti della difesa;

d) il lavoro volontario gratuito per i richiedenti asilo che non rispetta l’art 36 della nostra Costituzione, secondo cui la retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro garantisce una esistenza libera e dignitosa.

A nostro avviso la gestione del fenomeno migratorio non significa limitarsi ad un’azione di identificazione e rimpatrio di massa, occorrono norme che favoriscano i flussi d’ingresso, la permanenza regolare dei cittadini migranti, il contrasto al lavoro nero e allo sfruttamento.

Occorre smantellare anche a partire da queste decisioni governative, la logica dominante della “Fortezza Europa”.

Il secondo decreto, pubblicato il 21 febbraio scorso, è per certi versi ancora più odioso ed è nelle mani della Camera.

Il titolo è adeguato a chi ha una percezione alterata della vita nelle città italiane: “Collaborazione interistituzionale per la promozione della sicurezza integrata e della sicurezza urbana”.

Già quando in due righe la parola magica “sicurezza” compare due volte, dimostra di celare una menzogna di Stato.

Le città italiane, malgrado alcuni episodi abilmente amplificati dalla cronaca, risultano essere fra le meno esposte a criminalità predatoria ne pianeta eppure il governo ritiene essenziale reiterare norme già da tempo in vigore, appesantite da una richiesta di collaborazione fra diverse forze dell’ordine per definire i “Patti per la sicurezza urbana” realizzati nella collaborazione fra sindaci e prefetti.

Misure che permetteranno ai Comuni considerati a rischio di avere a disposizione anche risorse economiche ma per fare cosa?

Riportiamo testualmente

a) Prevenzione dei fenomeni di criminalità diffusa e predatoria attraverso servizi e interventi di prossimità, in particolare a vantaggio delle zone maggiormente interessate da fenomeni di “degrado”;

b) promozione del rispetto della legalità, anche mediante mirate iniziative di dissuasione di ogni forma di condotta illecita, compresa l’occupazione arbitraria di immobili e lo smercio di beni contraffatti o falsificati, nonché la prevenzione di altri fenomeni che comunque comportino la turbativa del libero utilizzo degli spazi pubblici;

c) promozione del rispetto del decoro urbano […] da sottoporre a particolare tutela.

Per le grandi città si istituiscono i “Comitati metropolitani” per coordinare gli sforzi. (Diretti a cosa?)

A rendere meno triste e grigia la vita nelle periferie dormitorio? No, ovviamente.

A combattere ogni forma di disturbo del decoro con misure dissuasive, ivi compreso l’allontanamento dalla città, dalla città in cui si vive, si è nati, in cui magari si hanno affetti o, se si è fortunati si lavora, con dei DASPO (si gli stessi utilizzati per gli scontri allo stadio) da sei mesi a due anni.

Insomma se si turba la quiete pubblica si viene banditi, espulsi, come accadeva secoli fa, con veri e propri fogli di via su misura.

Saranno i “Comitati metropolitani” a decidere quali sono le ragioni per cui poter cacciare gli intrusi?  O, nelle città più piccole direttamente i sindaci?

Gli intrusi/e che a Ventimiglia, a Como, a Udine, si rendevano responsabili del “reato di solidarietà” portando the caldo, fornendo informazioni per l’asilo, avviando ai centri d’accoglienza della Caritas o mettendosi in gioco direttamente per aiutare chi era giunto allo stremo?

Saranno gli stessi Comitati a reprimere chi pulisce vetri ai semafori, chi vende fazzoletti, chi cerca di guadagnarsi da mangiare senza voler entrare in giri di microcriminalità e di spaccio?

E saranno sindaci, prefetti, questori e  comitati, ossessionati dal “decoro” e dal “degrado” a mandare nell’invisibilità chi si prostituisce, attraverso retate sulle strade attraverso le grandi retate utili solo a rendere più ricattabile chi si vende e non chi poi di notte ne cerca le prestazioni?

E per chi non ha casa e occupa uno stabile, via libera agli sgomberi. Se poi in sede giurisdizionale il provvedimento viene annullato, al massimo si potrà essere risarciti, lo sgombero resta, così come si resta senza alloggio.

E per chi sarà attenzionato da autorità trasformate in vere e proprie telecamere che inseguiranno chi è considerato di disturbo, sarà possibile anche disporre il divieto di accesso ai locali pubblici, come appestati da tenere al largo da bandire, come si faceva in epoca feudali per vagabondi, questuanti e privi di padrone.

Il ministro dell’Interno Domenico Minniti, sopravvenuto al debole Angelino Alfano per mostrare un Pd con i muscoli, rassicurante quanto una ronda leghista, si è affrettato a dire che questo non è un provvedimento di destra.

Ha ragione. A volerla questa svolta securitaria e assurda sono stati i sindaci di ogni estrazione politica, è stata l’ANCI (Associazione Nazionale dei Comuni d’Italia) ma per quali motivi?

E occorre essere netti: il calo dei reati, anche predatori in Italia è oramai una costante. I giornalisti nostrani della stampa filo governativa o della destra estrema, vanno a caccia ogni giorno per cercare ragione di un qualche allarme sociale, cercano il delitto anche quando non c’è, ovviamente quello commesso dall’altro, dal migrante, dal deviante, dal drop out, non certo quelli che sono coperti dall’impunità dei colletti bianchi. Cercano crimini di classe per offendere e criminalizzarne le espressioni, consapevoli o meno, coscienti o meno, autoctone o meno. Inventarli o trovarli è utile, rafforza l’idea che il nemico da cui difendersi sia un altro che il pericolo non stia dentro casa, negli occhi di un marito o di un compagno, di un figlio o di un genitore, in cui si è riposta la fiducia del focolare domestico.

E i sindaci hanno cominciato prima ancora che il decreto legge venisse convertito dalla Camera a farne sentire il sapore. A Ventimiglia il sindaco che considera reato dar da mangiare ai profughi. A Pisa il sindaco che pretende di multare chi paga i posteggiatori abusivi e chi acquista prodotti dagli ambulanti. A Firenze, col sindaco che si lamenta per le troppe case popolare date ai migranti. A Catania, col sindaco che, il giorno dopo l’esplosione di una bombola del gas in una palazzina ancora non raggiunta dalla rete del metano e che ha provocato una vittima e due feriti, non ha meglio da fare che chiedere alla polizia municipale di dare la caccia ai lavavetri fastidiosi e agli ambulanti, ottenendo il sequestro ridicolo di due spazzole e 4 confezioni di fazzoletti di carta.

Sindaci accomunati dall’appartenenza ad un unico partito. La Lega Nord? No il Partito Democratico. Nel frattempo gli immobili pentastellati romani, trovano l’energia per vietare di frugare nei cassonetti, mentre la giunta “di sinistra” a Genova, sgombera un campo rom garantendo storicamente presente ed innocuo piazzando i bambini (inseriti a scuola) per una settimana in un albergo e poi chissà!

Certo la destra certe pratiche le attua da sempre ma quelle “democratiche” manifestano un sadismo maggiore e meno vergogna forse.

Ma è inevitabile. Si avvicinano elezioni, amministrative, regionali e poi politiche e ai “cittadini” qualcosa bisogna dare. E non potendo offrire servizi, anzi dovendoli togliere per arginare il disavanzo di bilancio, per la necessità di rispettare i patti di stabilità che a livello locale come nazionale strangolano la vita di ogni amministrazione, non trovano altri mezzi che offrire come elemento di distrazione, una falsa e comprovata “sicurezza”. Ridurre ogni forma di disagio a problema di ordine pubblico, una soluzione che vale da sempre, da Spartaco a Bava – Beccaris, cercare nel povero il capro espiatorio e poi colpire, garantisce un po’ di consenso, quello necessario a poter continuare a far finta di amministrare una città grande o piccola, in nome della conservazione o di un finto cambiamento.

E se invece ci si rifiutasse di accettare la logica dei debiti peraltro fatti da altri, e si decidesse di investire nella sicurezza sociale, quella che parte da chi meno ha per ricostruire una possibile convivenza?

Disubbidiremmo all’Europa, al ricatto del pareggio di bilancio introdotto in Costituzione dagli stessi che oggi invocano sicurezza, repressione e controllo.

Ma forse realizzeremmo città migliori.

Ma per farlo non sono possibili compromessi.

Chi ci sta?

STEFANO GALIENI

da rifondazione.it

foto tratta da Pixabay

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Repressioni

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