Si chiama Fionda di David, la produce l’israeliana Rafael ed è uno degli «strati» della difesa aerea israeliana in campo da due giorni, da quando il governo di Tel Aviv ha avviato l’ennesima operazione militare contro Gaza, «Scudo e freccia». La Fionda di David – che qualcuno ha ribattezzato Bacchetta magica – ieri ha intercettato uno dei circa 350 razzi lanciati dalla Striscia di Gaza.

È la cugina del più noto Iron Dome e la dimostrazione che i vertici politici e militari israeliani non disdegnano mai pelosi riferimenti alle leggende bibliche. Forse la fionda del minuto David non è il paragone più azzeccato, basta sentire le parole del primo ministro Benyamin Netanyahu che ieri, discutendo con i sindaci delle città del sud, si diceva pronto «a espandere l’attuale operazione e a infliggere colpi pesanti a Gaza, ora e in futuro».

Una dichiarazione di guerra che passa di bocca in bocca, da premier a premier, guerre unilaterali: nessun razzo era partito da Gaza nei giorni passati, «Scudo e freccia» non giunge in risposta ad alcuna minaccia.

E semina morte in un pezzo di terra privo di rifugi. Ieri il bilancio delle vittime palestinesi è montato, insieme al numero di colonne di fumo nero che oscuravano il cielo di Gaza e alle voragini che si aprivano ai suoi piedi, da Beit Lahia a nord, a Rafah e Khan Younis, a sud. Altri sei uccisi, tra cui una bambina di dieci anni, Layan Madoukh, e un bambino di cinque, Tamim Daoud, morto di infarto dopo che una bomba ha centrato il cortile di casa sua. Almeno 64 feriti. Sono 21 i morti da lunedì notte, tra loro almeno sei bambini.

Le fazioni palestinesi hanno iniziato a rispondere un giorno e mezzo dopo i primi raid, mostrando un volto unito, senza spaccature. E aprendo ai dubbi nell’establishment israeliano sul ruolo del peso massimo Hamas: c’è o non c’è?

Secondo il portavoce dell’esercito israeliano Daniel Hagari, citato dall’informatissimo giornalista Barak Ravid, «non ci pare che Hamas sia coinvolto». Poco dopo al Times of Israel Hagari ha detto che l’obiettivo dell’operazione non è Hamas, ma il Jihad islami (lunedì notte sono stati presi di mira tre comandanti del gruppo, uccisi nelle loro case, con annessa strage di civili). La questione non è di lana caprina: se il movimento islamico che governa de facto la Striscia dal 2007 resta ai margini, l’operazione potrebbe non allargarsi troppo.

Ma Hamas non nega né conferma. Ieri il Palestinian Joint Command, il coordinamento delle brigate armate di Gaza, ha ribadito che la reazione è parte di «una resistenza unificata» e merita anche un nome, «Operazione Vendetta dei Liberi». All’agenzia palestinese Ma’an lo ha sottolineato anche il portavoce di Hamas, Abdulatif al-Qanoo’: unità «in risposta al massacro» e «nell’ambito di un contesto di autodifesa».

Fuori c’è Gaza, allo stremo. Le fazioni palestinesi – Hamas in testa – lo sanno che quei due milioni e 300mila civili non sono in grado di sopportare un’offensiva che si accavalla alle macerie delle precedenti, che si poggia su un tessuto sociale, economico e anche emotivo (individuale e collettivo) sfibrato da quasi due decenni di blocco israeliano totale.

Per questo già  ieri giravano con insistenza voci di un negoziato in corso, gestito dall’Egitto, per un cessate il fuoco in tempi stretti. A Barak Ravid lo hanno detto funzionari israeliani, alla Reuters leader del Jihad islami. Secondo al Jazeera, impegnati a fare da ponte ci sono anche Stati uniti e Qatar.

Da Tel Aviv non è giunta nessuna conferma, ma alla fine una tregua in vigore è entrata, alle 19.20 ora locale. O meglio, è stata annunciata dal Cairo: mentre Israele si riservava il tempo di valutarla, i razzi continuavano a partire e i bombardamenti a cadere. E in serata Netanyahu si è rivolto alla nazione: «Non è ancora finita».

Gaza, da parte sua, paga con 21 uccisi le crisi interne e internazionali dell’ultradestra di Bibi: seppur l’esercito dica che i raid sono la risposta «a chi ci lancia missili» e Netanyahu incassi l’ovvia solidarietà dei leader di opposizione che da mesi ne chiedono la testa nelle piazze, dalle cancellerie occidentali non piove sostegno su Israele.

CHIARA CRUCIATI

da il manifesto.it

foto: screenshot You Tube