Se Marx avesse potuto usare i “social network”

Proprio ieri, dalle colonne de “La Stampa”, un interessante articolo di Gianni Riotta definiva Marx una “icona pop”, moderno nell’ieri e nell’oggi: a differenza del più cupo e serioso...

Proprio ieri, dalle colonne de “La Stampa”, un interessante articolo di Gianni Riotta definiva Marx una “icona pop”, moderno nell’ieri e nell’oggi: a differenza del più cupo e serioso Gramsci, il Moro oggi viene interpretato come colui che, proprio nel linguaggio e nella scrittura conseguente, si sarebbe meglio adattato alla modernità dell’immediatezza, della velocità di comunicazione.
L’esempio tipico è Twitter: meno di duecento caratteri per esprimere un pensiero, per concettualizzare una idea e farla diventare di dominio pubblico.
Marx ce l’avrebbe fatta, sostiene Riotta, perché il suo metodo comunicativo era quello di una penna feroce, sardonica, piena di irriverenza per gli avversari, facile alla polemica perché la lotta, come ebbe a dire Engels nel discorso sulla tomba del suo amico, “era il suo elemento”.
La lotta di Marx si esprimeva anche con le parole, con gli articoli di fondo che scriveva per numerosi giornali anche d’Oltreoceano e che prendevano spesso in giro i parrucconi saccenti che pensavano di poter insegnare l’economia al più grande scienziato della medesima.
Dunque, Marx – è un’opinione ultratemporale che condivido con Riotta – si sarebbe trovato a suo agio in questo mondo frenetico, velocissimo, intrepidamente solcato da botte e risposte subitanee e avrebbe utilizzato questi mezzi di comunicazione per lottare, per battersi, per fortificare le ragioni del comunismo come movimento sociale, di emancipazione del proletariato moderno da un regime di servaggio vissuto inconsapevolmente nella maggior parte dei casi, senza coscienza critica, e nel restante numero di casistiche accettato con blanda rassegnazione.
Quando ho aperto la mia pagina su Facebook, forte di una deformazione non professionale ma professionistica, dedita alla politica da ormai più di un quarto di secolo, istintivamente ho utilizzato quel “social network” nello stesso modo in cui mi rivolgo all’esterno.
La gran parte dei miei “post” sono politici, una piccolissima parte, invece, riguarda pensieri magari anche personali, consigli cinematografici e fotografie di qualche passeggiata rilassante.
Dopo aver visitato migliaia di profili in questi anni, spinto dalla curiosità di “post” pubblicati e resi fruibili a tutti, è abbastanza facile formarsi la convinzione che l’utilizzo delle reti sociali avviene nella stragrande maggioranza dei casi per proiettare esattamente ciò che noi siamo quotidianamente nella realtà dentro al parallelismo virtuale di Facebook. Per Twitter il discorso è differente.
Probabilmente a Marx sarebbero piaciuti entrambi, con qualche maggiore inclinazione ad utilizzare i cinguettii per lanciare brevi messaggi classisti, istillare qualche dubbio nelle menti di popolazioni addomesticate dal pensiero unico e le cui vite sono state rese così fragili da non trovare uno sbocco in una proiezione mentale che si rivolga anche ad un timidissimo approccio al futuro.
Lo descrive bene Baumann in una intervista a “L’Espresso” di una decina di anni fa, quando afferma che “Non è l’astrazione a rendere i pericoli in apparenza più gravi, ma la difficoltà di collocarli, e quindi di evitarli e di controbatterli.“.
Non è temere i lupi ai bordi del bosco che fa paura all’uomo d’oggi ma il non sapere se esistono dei lupi e, nel caso esistano, come affrontarli.
I medievali erano bene a conoscenza dei pericoli che li circondavano. L’uomo della modernità, preso nella velocità di una vita che si vuole far apparire lunghissima in questo modo, con giornate da trentasei di cui venti occupate a chattare, rivolgere lo sguardo sempre su un telefono, non riconosce perciò i pericoli che lo circondano, non ne ha coscienza e sopravvive tra le difficoltà attribuendole non alle proprie scelte ma ad una specie di mistico e mitico fato tornato di moda per sopperire al vuoto della percezione reale dello stato di cose presente.
Il moderno capitalismo liberista ha reso invisibili le sue minacce e riesce a mostrarsi come sostenibile sistema di vita per chiunque, soprattutto per i più poveri che non hanno le forze materiali e morali per opporvisi.
La larghezza del campo della miseria non è utile alla causa del socialismo se non vi è anche larghezza del campo della consapevolezza della miseria stessa da parte dei miseri.
Chissà Marx cosa avrebbe twittato in merito. Chissà cosa avrebbe scritto su Facebook… Chissà quali foto avrebbe pubblicato su Instagram.
Resterà un mistero, ma intanto possiamo pubblicare noi sui “social network” alcune sue frasi, i suoi pensieri ed esserne, in un certo qual modo, degni portavoce.

MARCO SFERINI

22 aprile 2018

foto tratta da Pixabay

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