Ma tu Sara l’avresti soccorsa?

Ho letto e ascoltato dell’ennesimo fatto di cronaca nera, nerissima, anzi rosa, rosissima. Eh sì, perché si tratta di un assassinio di un’altra donna, una giovane di vent’anni o...

Ho letto e ascoltato dell’ennesimo fatto di cronaca nera, nerissima, anzi rosa, rosissima. Eh sì, perché si tratta di un assassinio di un’altra donna, una giovane di vent’anni o poco più che aveva lasciato da alcuni mesi il suo ragazzo.
Non c’era pace nell’animo di quest’ultimo e, alla fine, è scattata l’ultima opzione, quella che nasce quando si considera “proprietà privata” una persona che si è amata e dove l’amore s’è trasformato e involuto in una prigione con sbarre, catene e lucchetti a doppia mandata.
Tutto si svolge su una via pubblica, di notte. La ragazza fugge disperata per sottrarsi a chi la vuole uccidere. Corre lungo la carreggiata e passano delle automobili che vedono la scena. Chiede aiuto e nessuno si ferma. La lasciano lì, ad affrontare un destino di molti, troppi minuti di dolore, sofferenza e poi la fine.
E’ morta così Sara: strangolata e bruciata viva dal suo ex fidanzato che ha confessato dopo otto ore di interrogatorio quanto aveva fatto.
E’ morta anche prima Sara, quando cercava quel soccorso, quell’aiuto che nessuno le ha dato: forse per paura, forse per “non impicciarsi” dei fatti altrui, forse per menefreghismo meramente tale.
Sara “si sbracciava” dicono i testimoni oculari, era consapevole che non stava per ricevere qualche spintone o schiaffo, ma che quell’uomo stava per mettere fine alla sua esistenza.
Eppure nessuno si è fermato per farla salire e sottrarla a quel destino ferale. Nessuno ha sentito il dovere morale e civico di fare una telefonata alla polizia o ai carabinieri. Niente, niente di niente.
Il procuratore aggiunto che ha commentato il fatto in conferenza stampa ha assicurato: “Se l’avessero soccorsa, oggi Sara sarebbe ancora viva”. Ne sono sicuro anche io.
Ma mi faccio una domanda altrettanto terribile quanto questo racconto nero, nerissimo: ma tutti noi che ora deprechiamo e stigmatizziamo quelli che non si sono fermati ad aiutare la ragazza in pericolo, tutti noi che facciamo le anime belle, virtuose, candide e pronte a mettere in campo l’altruismo a piene mani, ci saremmo fermati?
Non esiste anche noi un lato oscuro, tra i tanti che abbiamo e viviamo ogni giorno, che ci suggerisce diabolicamente di scansare i problemi, di non occuparci di ciò che non ci riguarda, di lasciar perdere quello che non tange il nostro piccolo circolo in cui viviamo?
L’egoismo coltivato in tutti questi decenni e alimentato dalla crescente povertà sociale e anche culturale ha creato quei mostri che oggi siamo: siamo altruisti se vogliamo permettercelo, non se possiamo. Alla possibilità abbiamo sostituito la volontà circoscritta all’interesse personale e alla tutela e garanzia esclusiva del nostro misero vivere di diffidenza, odio, paura.
La paura è diventata la linea rossa su cui misurare ogni cosa. Alla solidarietà abbiamo sostituito tutti gli altri sentimenti negativi possibili e ci siamo lasciati dettare le regole del vivere “incivile” da persone che, per calcolo elettorale e anche per convinzione ideologica, fanno della paura un vero e proprio argomento con cui supportano ogni altro aspetto delle relazioni umane:
Ciò vale per gli aspetti economici (dai migranti che “ci rubano il lavoro” ai pensionati “che lo rubano ai giovani”) e vale per quelli di natura sociale quotidiana.
Proprio ieri m’è capitato tra le mani un sondaggio fatto nella capitale della nostra Repubblica in vista delle elezioni amministrative: il 70% dei romani non considera Roma “insicura”, ma ha una “percezione” di questa insicurezza dettata dai fatti di cronaca, dal megafono che i mezzi di comunicazione di massa proiettano nelle menti e negli animi della gente.
Insomma, Roma non è il Bronx (tanto per usare anche noi qualche stereotipo…) ma viene vissuta come se lo fosse. L’immagine diventa una retrospettiva, un epifenomeno che ci portiamo appresso come qualcuno pensa d’avere dietro a sé sempre un angelo custode che lo protegge.
Sara non ha aveva quell’angelo custode dietro sé, aveva la furia omicida di un cuore indurito da un’altra paura e dalla ancestrale concezione della donna come oggetto di proprietà privata.
Sara non l’ha soccorsa nessuno, ma tu l’avresti veramente soccorsa?

MARCO SFERINI

31 maggio 2016

foto tratta da Pixabay

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