Lo smarrimento di “pietas” e “humanitas”

Scenari apocalittici turbano la visione dell’immaginario globale: la vita umana continua a non valere nulla com’è nella costante della storia in particolare di fronte all’idea del dominio assoluto; interi...

Scenari apocalittici turbano la visione dell’immaginario globale: la vita umana continua a non valere nulla com’è nella costante della storia in particolare di fronte all’idea del dominio assoluto; interi popoli vengono sradicati dalla propria terra e costretti alla fuga inseguiti dall’Idra della guerra permanente mascherata da “esportazione della democrazia”; cantastorie di separazione egoistica e di morte aspirano agli scranni più alti del potere, quelli dai quali si può disporre del potere di vita e di morte degli altri.

Salgono al diapason paure ancestrali e rivalità dal sapore tribale.

E’ questo il risultato che si è ottenuto attraverso l’espressione di due fattori che hanno distrutto il senso antico dell’equilibrio nella ricerca dell’io all’interno del contesto umano che secoli di ricerca filosofica avevano cercato di sviluppare:

1) Il senso della vita è stato racchiuso nell’espressione del consumismo individualistico e competitivo. Un senso ridotto all’apparire del possesso, alla ricerca imitatoria di modelli artatamente introdotti nella vita delle persone allo scopo di perpetuare il dominio di pochi. Il consumo come modello di società: in realtà il consumo come inganno perpetuo;

2) Come mai era accaduto nella dimensione di oggi in altri passaggi storici l’economia si è trasformata, da leva necessaria per la produzione di benessere in strumento (impalpabile) di sopraffazione, grazie a novità tecnologiche utilizzate esclusivamente per renderla invisibile. Con la complicità di governi utilizzati come strumenti d’oppressione nonostante la parvenza “democratica”, si sono così accresciute le distanze, resa impossibile l’idea di un avvicinamento materiale e costrette le grandi masse a vivere nell’inganno di un disagio epocale che, prima di tutto, risiede nel non riconoscimento di un’identità etica.

Il ‘900, secolo lungo o breve che si voglia, è trascorso intero nella lotta contro il nemico rappresentato dall’idea dell’eguaglianza e dalla solidarietà forse incautamente trasformata nel potere di un inveramento statuale.

Auschwitz si è riprodotto a Srebenica, la più grande potenza del mondo ha scagliato il peggior ordigno di morte su popolazioni inermi: a quel punto “pietas” e “humanitas” si erano già smarrite nei meandri dell’ossessione del dominio e nessuna cattedra, fintamente rivoluzionaria ma in realtà completamente asservita alle logiche del potere, riuscirà a restituirle alla visione del mondo.

Prevale il pessimismo della ragione perché il concreto della capacità di continuare a battersi per l’ottimismo della volontà è andato perduto nel crollo delle utopie egualitarie (ma non necessariamente pauperistiche) travolte dal senso dell’indifferenza generale per il corso della storia.

Fa rabbia, sinceramente rabbia, vedere false certezze affiorare sulle labbra dei nuovi governanti del mondo: una continuità d’inganno che le sofferenze dell’umanità non meriterebbero.

Ma questa è la “somma iniuria” del soffocamento di un’idea di libertà ormai coperta dalla mistificazione globale.

Ricostruire un’identità morale? Può il potere non generare inganno?

FRANCO ASTENGO

redazionale

21 luglio 2016

foto tratta da Pixabay

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