Accanto alla Cinema City a poche centinaia di metri dalla Knesset, ieri c’era anche Daniel A., riservista dell’esercito, tra le molte migliaia di israeliani scesi in strada a protestare contro la riforma giudiziaria avviata del governo Netanyahu.

Daniel come altri militari nei giorni scorsi ha comunicato al suo comando che non avrebbe risposto al richiamo periodico. «Non posso far parte di un esercito che potrebbe rappresentare uno Stato che non sarà democratico dopo la riforma di Netanyahu. Perciò ho scelto di non indossare la divisa fino quando questo progetto autoritario non sarà sconfitto». Una posizione che rappresenta molti altri militari, anche ufficiali, tanto da spingere il ministro della difesa e deputato del Likud, Yoav Gallant, a chiedere lo stop alla riforma.

Tra i fattori che hanno convinto Netanyahu a cercare una via d’uscita alla crisi ci sono proprio le crepe che il suo desiderio di controllare il sistema giudiziario ha aperto nella solidità delle Forze armate nel momento in cui Israele si addestra per un possibile attacco all’Iran. Crepe colte da Gallant e altri esponenti del Likud, il partito del primo ministro. L’esercito (noto come IDF, Forze di difesa israeliane) è l’essenza di Israele, è un’istituzione centrale nella società e i suoi compiti vanno ben oltre la sicurezza e la difesa.

Le Forze armate israeliane sono l’ossatura dello Stato e un formidabile strumento di coesione nazionale. Da sempre. Quando nel 1948 fu fondato Israele, le varie milizie, dalla «laburista» Haganah fino a quelle di destra come l’Irgun, furono inglobate nell’esercito regolare in una sorta di risoluzione delle differenze politiche e di origine per il bene dello Stato ebraico.

«Per capire la natura di Israele, devi prima comprendere il suo esercito», spiega il professor Haim Bresheeth-Zabner nel suo «An Army Like No Other». Da 75 anni i militari svolgono anche funzioni sociali ed economiche e sono il simbolo della forza e dell’efficienza di Israele nonché una scuola per l’identità nazionale.

Ciò spiega l’esistenza ancora  nel 2023 della leva obbligatoria in Israele dove l’alta tecnologia e la spiccata specializzazione militare non richiedono come in passato centinaia di migliaia di soldati e  il servizio militare per uomini e donne. Gli anni che i giovani passano nell’esercito servono a creare una perfetta identificazione con lo Stato ebraico. Le reclute sono regolarmente portate dai loro comandanti in visita a Gerusalemme e in altre parti del paese allo scopo di istruirle sulla storia del territorio secondo la visione sionista.

Attraverso il Nahal (acronimo ebraico per Fighting Pioneering Youth), ad esempio, in passato sono stati stabiliti nelle zone periferiche e di confine, insediamenti militari che combinavano l’agricoltura con l’addestramento alle armi. A mantenerli erano gruppi giovanili sionisti. Questi avamposti furono poi ceduti a gruppi civili e divennero kibbutz o moshav. Molti degli insediamenti coloniali israeliani nella Valle del Giordano e nell’Arava furono stabiliti dai Nahal. Le Gadna (Brigate giovanili) hanno svolto dopo il 1948 un ruolo nella preparazione della gioventù israeliana alla vita militare gestendo corsi e campi estivi, nonché lezioni nelle scuole.

L’esercito si occupa anche dell’istruzione dei nuovi immigrati. I programmi speciali per gli adolescenti provenienti da famiglie a basso reddito combinano l’istruzione con il lavoro in una base militare. Senza dimenticare che svolgere il servizio di leva – dal quale sono esentati i cittadini arabi e gli ebrei religiosi ultraortodossi – garantisce benefici di rilievo nella vita civile. Questo e molto più sono le Forze armate in Israele. Netanyahu poteva ignorare le proteste nelle strade ma non le scosse che da settimane attraversano Aviazione, Marina ed Esercito.

MICHELE GIORGIO

da il manifesto.it

Foto di cottonbro studio