La vera strada laica

Mi considero e sono un agnostico, una persona quindi che si pone in un ambito di non-conoscenza per quanto riguarda dio, un essere supremo, un grande spirito, un motore...

Mi considero e sono un agnostico, una persona quindi che si pone in un ambito di non-conoscenza per quanto riguarda dio, un essere supremo, un grande spirito, un motore immobile per tutto.
Ma l’agnosticismo, così del resto come l’ateismo, non sono una cultura laica integralista e oltranzista: non sono, dunque, un’altra religione che si contrappone a quelle esistenti. Non sono una religione senza dio, ma sono una forma dell’esperienza, della razionalità e anche della ricerca costante di una sempre maggiore acquisizione di elementi che portino ad una pragmatica comprensione delle cause che hanno generato la vita, l’universo e quanto fino ad oggi conosciamo del mistero dell’esistente.
Personalmente, da agnostico, sono profondamente affascinato dall’inconoscibile, dal mistero, dall’ “ipotesi-dio”, ma non credo che debba divenire un insieme di elucubrazioni che si contrappongano alle credenze, ai deismi, alle culture religiose in senso stretto e in senso lato.
Non è la singola figura di un laico non credente (almeno nel senso tradizionale del termine) che può agitare una battaglia contro la credulità o la fede religiosa, ma è tutto un processo di trasformazione culturale che deve trovare uno sviluppo generale nel mutamento sociale complessivo.
Senza il cambiamento economico (marxianamente: la struttura) non muterà mai nemmeno il pensiero umano (marxianamente: la sovrastruttura).
Per questo ho trovato quasi puerile, certamente inopportuna, la decisione di questo o quel dirigente scolastico in merito alla cancellazione delle manifestazioni natalizie nelle scuole.
Che i bambini facciano la recita vestiti da Gesù, Giuseppe, Maria, angeli, pastorelli e Re Magi, non è un pericolo per la laicità dello Stato e tanto meno per quella del singolo cittadino; così non è un pericolo o una offesa a nessuno se a scuola, alla vigilia delle feste, si canta “Tu scendi dalle stelle” o “Adeste fideles”.
Differente è il discorso sulla presenza di simboli religiosi all’interno di edifici pubblici: i crocefissi devono stare nei luoghi di culto. Non nei luoghi frequentati da tutti i cittadini che, giustamente, possono avere differenti confessioni religiose, filosofiche, etiche.
La vera minaccia alla laicità dello Stato non viene dai canti natalizi dei piccoli scolari a scuola. La vera minaccia arriva da una concezione ancora troppo lontana da un laicismo repubblicano che per molta parte del popolo italiano è qualcosa di intangibile, di impercepibile, quindi di sconosciuto.
Qualcosa che i francesi, ad esempio, possiedono e che gli deriva dal corso rivoluzionario settecentesco fino alla proclamazione di questi princìpi nella Costituzione della V Repubblica gollista.
Come molti osservatori e studiosi hanno sovente notato, la presenza millenaria di uno Stato della Chiesa nel territorio dell’Italia centrale non ha giovato alla crescita di una sensibilità laica nazionale: abbiamo persino rischiato che il Risorgimento e l’unità del Paese fossero fatti, secondo le idee di Gioberti, costruendo una “Confederazione italiana” presieduta da Pio IX.
Se siamo riusciti ad evitare tutto questo è stato anche grazie alla presenza multiculturale di quei maggiori esponenti di traino dell’ispirazione unitaria che hanno mischiato anticlericalismo (Garibaldi) a laicismo (Mazzini) passando per il moderato rispetto del culto cattolico che, in quanto primo ministro, doveva avere un uomo come Cavour.
Il dopoguerra ci ha provato a dare all’Italia una impronta laica degna di questo nome, ma ha sostanzialmente fallito per l’alleanza tra borghesia e centro cattolico. Un sostegno reciproco che ha difeso privilegi dell’una e dall’altra parte: al di qua e al di là del Tevere.
Oggi assistiamo ad estremizzazioni che tutto fanno tranne che aiutare le persone, i cittadini (usiamo una attribuzione nominale molto laica per la popolazione, cominciamo anche da qui) a non scorgere contraddizione tra l’essere credenti e al contempo attivi partecipanti alla comune vita sociale entro i dettami della Costituzione.
Fede e cittadinanza sono spesso in contrasto tra loro: il cittadino credente e quello laico non hanno gli stessi diritti. Nemmeno nella morte. In molte città, in moltissimi cimiteri esistono luoghi cattolici di raccoglimento per l’ultimo saluto ai propri cari; ma non esistono parimenti luoghi laici dove poter dire addio senza la presenza alcuna di simboli legati a qualche culto specifico.
Alcuni passi avanti sono stati fatti, ma la strada è ancora lunga. Proibire i canti natalizi o cancellare i festeggiamenti dei bambini non aiuta la causa del laicismo, ma inasprisce soltanto la crociata dei molti Salvini che non attendono altro che questi scivoloni per gridare alla minaccia dell’attacco ai “valori cristiani” e “occidentali” in nome del tanto odiato “multiculturalismo”.
La strada della laicità non è proibitiva od esclusivista: è il contrario. Chiunque vi può camminare. Anche da credente. Perché farsi delle domande non è mancanza di fede, ma semmai è ricerca continua: tanto di chi spera, tanto di chi dice che dio esiste.

MARCO SFERINI

1° dicembre 2015

foto tratta da Pixabay

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