Il clima non è il problema. Il problema siamo noi

Emma Morano è una ultracentenaria (compie ben 116 anni oggi, 29 novembre 2015) festeggiata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e persino dal papa. Oltre un secolo di vita...

Emma Morano è una ultracentenaria (compie ben 116 anni oggi, 29 novembre 2015) festeggiata dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella e persino dal papa. Oltre un secolo di vita in cui avrà visto cambiare la vita stessa, quella quotidiana, in modo così netto da capovolgere costumi, morale, punti di riferimento da un secolo “breve” ad un secolo che si preannuncia lungo…
Emma avrà visto un tempo un pianeta dove c’erano anche le guerre, i massacri oltre all’amore e alla solidarietà. Il cammino dell’essere umano continua e i fenomeni si ripetono: guerre, massacri anche oggi, amore e solidarietà anche nel nuovo secolo.
Eppure, nell’eterno ritorno dei sentimenti, delle emozioni, dei poteri che si scontrano in nome delle ricchezze da accaparrarsi, qualcosa è cambiato. In peggio. E non è la solita osservazione pessimistica che viene da fare quando si osservano le cose del mondo.
E’ cambiato il clima, quello per cui si marcia in mezzo mondo, si sfila, si protesta: un clima che sembra destinato ad una irreversibile trasformazione del rapporto tra gli elementi naturali e, quindi, uno sconvolgimento dell’equilibrio veramente cosmico che prima esisteva.
Il ‘900 ha introdotto una modernizzazione dei ritmi di vita che non sono stati controllati nell’interesse generale: prima per sottovalutazione e inconoscenza del problema; poi, all’inseguimento dei profitti e del dominio delle zone più ricche di petrolio, di combustibili fossili o meno che fossero, si è taciuto, si è falsificato ogni dato utile allo sviluppo di politiche di contenimento del danno.
Ma il danno, ormai, era già fatto: abbiamo sentito ripetere, già da quando noi quarantenni eravamo bambini, che esisteva un problema per i ghiacciai, che si scioglievano troppo rapidamente; abbiamo sentito parlare ossessivamente del surriscaldamento globale, di quello che è diventato una “star” del problema climatico: l’effetto serra. E sapevamo che era sinonimo di pericolo, ma sapevamo troppo poco comunque.
Oggi, dopo i protocolli di Kyoto, dopo gli allarmi di numerosissimi scienziati, siamo a conoscenza di dati precisi sull’autodistruzione di quell’equilibrio naturale che ha permesso l’evoluzione della specie.
Una specie, quella umana, che non è necessaria all’universo. Tanto meno alla terra. Una specie che si è assunta il diritto di attribuire una morale di comportamento alle altre specie: abbiamo pensato che il cavallo potesse essere montato e l’abbiamo fatto; che il cane potesse essere addomesticano e “umanizzato” e l’abbiamo fatto; che il canarino fosse da compagnia rinchiuso in una gabbietta, e così via dicendo…
Non voglio fare del moralismo partendo da una mediocre analisi sociologica della presenza dell’umanità sul pianeta terra, ma è evidente che il clima non è un problema: il problema siamo noi. Il problema è l’economia in cui viviamo e che alimentiamo con scelte di dominio, di potere, di accumulazione di ricchezze e di sfruttamento delle risorse terrestri che, per fortuna, non sono infinite e che, forse, un giorno costringeranno l’umanità (ammesso che esista ancora) a scendere a patti con l’oggettività della mancanza delle fonti di lucro su cui oggi specula ancora.
La distribuzione ineguale proprio delle ricchezze ha reso poverissimo l’80% degli abitanti del pianeta e ricchissimo il restante 20%. Sette miliardi e più di persone che non possono crescere a dismisura. Nemmeno con una equa distribuzione delle citate ricchezze si potrebbe stabilire un criterio di godibilità della vita quanto meno decente.
La risposta, allora, qual’è? La decrescita?
La crescita così come è ancora intesa oggi, sicuramente non è la risposta che può aiutarci ad invertire la rotta, a uscire da un consumo di questa terra che è omicida: non soltanto per noi esseri umani, ma anche per animali, piante e microbi.
La risposta, forse, è cambiare il punto di vista, osservare come viviamo e fare poco nel nostro quotidiano esistere per condizionare chi ci sta vicino e creare una catena di coscienza che sostenga politiche radicalmente alternative a quelle esercitate sino ad ora. Evitando di credere alla false promesse di governi e di poteri che hanno tutto l’interesse a costruire lo specchio segreto della morale buona e condivisa per un mondo migliore e, dietro allo specchio, continuare candidamente a lordare il mondo.

MARCO SFERINI

29 novembre 2015

foto tratta da Pixabay

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