La politica dei “due forni” di Salvini

Molti si domandano se anche in Sardegna assisteremo ad un trionfo del centrodestra e, segnatamente, della Lega vista l’onda montante sollevata da Salvini e dalle sue argomentazioni che riescono...

Molti si domandano se anche in Sardegna assisteremo ad un trionfo del centrodestra e, segnatamente, della Lega vista l’onda montante sollevata da Salvini e dalle sue argomentazioni che riescono a far riemergere un consenso di massa soltanto tramite uno sfogo di rabbia popolare indirizzato verso i più deboli dai più deboli stessi di questa società.

Le domanda è complessa pur essendo banalmente molto semplice da esprimere. Le folle che vanno ad assiste, che applaudono il “capitano” sono ceti popolari, non certo la grande borghesia dei salotti o i piccoli – medio – grandi padroncini del Nord Est da sempre tanto vicini alla Lega dopo il crollo del potere democristiano nelle regioni “bianche”.

Eppure la Lega riesce a tenere insieme un elettorato interclassista da sempre: soltanto, ora, le proporzioni di questo elettorato sono aumentate, in misura maggiore presso quelle classi più sofferenti della società grazie ad una propaganda becera che fa dire al 60% degli italiani che il “caso Diciotti” non fu un caso di sequestro di persona e che fu invece un’azione a tutela dei sacri confini della patria. Dati non della miserella consultazione internettiana dei Cinquestelle: dati di più di un sondaggio, di interviste particolareggiate.

La politica dei “due forni” è tornata di moda: la vecchia accezione andreottiana faceva riferimento ai socialisti e ai liberali (talvolta anche ai missini); quella moderna salviniana, che si viene componendo dopo le politiche del 2018 e le regionali di questi mesi, fa riferimento al Movimento 5 Stelle sul piano nazionale e al vecchio schema del centrodestra berlusconiano nei vari ambiti regionali e anche comunali.

E’ l’intuizione strategica migliore per governare ovunque e per accrescere dunque il proprio elettorato senza scontentarlo di volta in volta: alle elezioni europee, del resto, con la proporzionale ciascun per sé (seppure in una ottica di arrivo finale nei rispettivi gruppi del Parlamento di Strasburgo), slegato dall’uno e dall’altro forno, Salvini potrà avere più gioco ancora nel rivendicare tanto le politiche di governo sul piano meramente sociale (l’accattivamento delle classi borghesi non ha bisogno di molta propaganda…) quanto i novelli successi ottenuti alle regionali.

La Sardegna, dal canto suo, se si osservano i risultati di cinque anni fa, parte con un testa a testa tra ex centrodestra ed ex centrosinistra che sembrano essersi ricompattati alla meglio per affrontarsi nella disfida di Cagliari: ad occhio e a naso verrebbe da soppesare la presenza di una Lega che cinque anni fa non c’era e che oggi certamente porta con sé un consenso di trascinamento dal piano nazionale a quello locale.

I forni si scambiano i prodotti, anzi, i prodotti si accumulano dopo essere stati sfornati e la penalizzazione arriva per chi questa intuizione non l’ha avuta pur magari potendola praticare: i Cinquestelle con il PD? Questo ultimo con Forza Italia, a suo tempo, quando il partito di Berlusconi era ancora in salute e pieno di vigore pur essendo in lenta, inesorabile caduta?

A posteriori è ipotizzabile qualunque doppia alleanza. Sta di fatto che, se le percentuale dell’elettorato che prenderà parte al voto sarà superiore al 52% (quindi al dato di cinque anni fa), sapremo già, prima ancora di attendere le undici di domenica sera, che la Lega avrà avuto il suo peso in questa tornata elettorale e che la bilancia a favore del centrodestra (con l’aggiunta anche questa volta del Partito Sardo d’Azione che esprime il candidato presidente).

Se invece andrà al voto sempre la metà degli aventi diritto al voto, allora potremo iniziare a trarre la conclusione che la partita forse si giocherà nuovamente sul filo di lana ma con una trazione leghista del centrodestra che avrà sostituito il 18% di Forza Italia e magari dilaniando il Movimento 5 Stelle che alle politiche del 2018, a fronte di un 65% di elettori votanti, prese da solo il 42,49% dei suffragi: 369.196 voti.

Quel bagaglio sarà molto più leggero questa volta.

La nuova politica dei due forni troverà una conferma del suo successo attuale anche nell’isola di Gramsci e Berlinguer? Probabilmente sì. Pur tuttavia, l’invito è a valorizzare la determinazione e il coraggio delle compagne e dei compagni della Sardegna che si sono presentati fuori dal contesto del centrosinistra, come “Sinistra sarda – Rifondazione – Comunisti Italiani“.

Indubbiamente gli appelli al voto utile hanno sempre il loro fascino: c’è il pericolo delle destre trainate da Salvini. Non vorrete mica disperdere il voto?

Se si fosse lasciato al suo destino il canto delle sirene del voto utile già decenni fa, probabilmente oggi non avremmo proprio Salvini che mette le bandierine con Alberto da Giussano su mezza Italia…

Per questo votare “Sinistra sarda” è l’unico voto utile: quello dato a chi per storia, per indipendenza da ogni potere forte, per cultura e per istinto quasi primordiale sta dalla parte di tutti i lavoratori, di tutti gli sfruttati.

C’è un terzo forno e qui Salvini non cuoce proprio niente per sé. In bocca al lupo alle compagne e ai compagni di “Sinistra sarda”. Sosteneteli, votateli: nel nome di Gramsci e Berlinguer, nel nome della necessità di un po’ di giustizia sociale necessaria anche in Sardegna.

MARCO SFERINI

23 febbraio 2019

foto tratta da Pixabay

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