Il 14 maggio in Turchia si svolgeranno le elezioni presidenziali e politiche. Originariamente si sarebbero dovute svolgere nel mese di giugno ma secondo il governo le partenze per le vacanze avrebbero disincentivato il voto. Eppure oggi, dopo i terremoti di febbraio, le difficoltà per esercitare il diritto al voto restano un punto interrogativo per milioni di persone.

In ogni caso il Paese è già in piena campagna elettorale da mesi. Ci sono quattro candidati per diventare il tredicesimo presidente della Repubblica e alle loro spalle ci sono trentasei partiti politici.

Il principale candidato è l’attuale presidente, ossia Recep Tayyip Erdogan. Grazie al cambiamento costituzionale entrato in vigore dopo il referendum del 2017, in Turchia la più alta carica dello Stato può essere anche leader di un partito politico. Erdogan è tuttora il presidente generale del Partito dello Sviluppo e della Giustizia (Akp), che lo sostiene insieme a una serie di partiti che si trovano all’interno dell’Alleanza della Repubblica (Cumhur Ittifaki).

Oltre all’Akp, che quest’anno compie ventidue anni, ne fa parte anche il Partito del Movimento Nazionalista (Mhp), guidato dal suo storico leader Devlet Bahceli. Questa formazione politica, conosciuta con il suo movimento extraparlamentare dei “lupi grigi”, viene seguita dal Partito della Grande Unione (Bbp). Mentre l’Mhp segue la strada del nazionalismo turco, il Bbp dal 1993 lotta per diffondere la stessa idea, ma con un rafforzamento dell’Islam sunnita.

In questa tornata elettorale ci sono due new entry nella coalizione. Una è il Nuovo Partito del Benessere (Yrp), continuazione del vecchio partito fondamentalista Refah, per anni guidato da Necmettin Erbakan, e tra l’altro anche la vecchia casa di Erdogan. La seconda novità è Il Partito della Causa Libera (Hudapar), una formazione politica fondamentalista, molto attiva nel sud-est della Turchia, che ha tra i suoi obiettivi quello di fondare uno stato curdo islamico.

L’Hudapar sarebbe, in queste elezioni, “la carta curda” di Erdogan in rappresentanza di quelle persone curdofone decisamente fondamentaliste. L’Hudapar ha numerosi iscritti accusati di far parte dell’Hizbullah turco, formazione paramilitare che ha commesso numerosi crimini contro le donne curde femministe, vari intellettuali curdi e alcuni amministratori locali negli anni ’90.

L’avversario principale di Erdogan alla carica di presidente è Kemal Kilicdaroglu, nato a Dersim nel 1948, alevita, laico e progressista. Kilicdaroglu guida il Partito Popolare della Repubblica (Chp) da tredici anni ed è il candidato dell’Alleanza del Popolo (Millet Ittifaki).

Il secondo grande partito di questa unione è il Partito Buono (Iyi Parti), guidato dall’ex professoressa di letteratura turca Meral Aksene; il partito, rappresenta i valori della destra nazionalista moderata. Lo segue il Partito della Felicità (Saadet), formazione conservatrice che ha Temel Karamollaoglu al timone da sette anni.

Poi arrivano due nuovi partiti guidati da due personaggi importanti nella carriera di Erdogan: entrambi si sono trovati in conflitto con il presidente e hanno realizzato due scissioni in tempi diversi. Ali Babacan, l’ex Ministro dell’Economia, guida il Partito della Democrazia e del Progresso (Deva) che ha una linea liberale e conservatrice; Ahmet Davutoglu, l’ex primo ministro, guida il Partito del Futuro (Gelecek), più conservatore che liberale. In questa coalizione infine vediamo il Partito Democratico (Demokrat Parti) guidato da Gultekin Uysal a rappresentare i principi del centrodestra.

Il terzo candidato alla presidenza è Muharrem Ince. L’ex membro del Chp ed ex insegnante di fisica provò a sfidare Erdogan nelle elezioni del 2018 e portò a casa quasi il 31% dei voti. Oggi Ince dirige il Partito della Patria (Memleket) e rappresenta una linea laica, europeista e centrista.

L’ultimo candidato si chiama Sinan Ogan, per l’Alleanza Ancestrale (Ata), che prende il suo nome dal cognome del padre fondatore della Repubblica ossia Ataturk. Ogan, specializzato in studi accademici sulle politiche euroasiatiche della Turchia, viene da un percorso politico nazionalista. Classe ‘67, nasce in Turchia nella città di Igdir da una famiglia azera e dal 2011 al 2017 fa parte del Partito del Movimento Nazionalista, dopodiché continua la sua carriera da deputato indipendente.

Il principale partito che rappresenta l’alleanza è il Partito della Vittoria (Zafer) che ha una fiamma nel suo logo; il suo leader è l’ex professore universitario Umit Ozdag, altrettanto nazionalista e laico. Il secondo partito di questo gruppo è il Partito della Giustizia (Adalet), il proseguimento di un vecchio partito omonimo, rappresentante valori liberali. Gli ultimi due membri dell’alleanza sono il Partito del mio Paese (Ulkem) e il Partito dell’Alleanza Turchia (Turkiye Ittifak), entrambi laici e nazionalisti ma moderati.

In questa tornata elettorale sono presenti altre alleanze e partiti che hanno deciso di indicare uno di questi candidati indirettamente, oppure di non presentare nessun candidato ma gareggiare per entrare nel parlamento nazionale.

La principale alleanza senza candidati è l’Alleanza del Lavoro e della Libertà (Emek ve Ozgurluk). Si tratta di un gruppo di sinistra composto da diversi partiti socialisti tra cui salta all’occhio il Partito della Sinistra Verde (Ysp), continuazione del Partito Democratico dei Popoli (Hdp) che tuttora ha sessanta parlamentari nel parlamento nazionale. Visto che è tuttora in corso il processo per la sua chiusura presso la Corte Costituzionale, l’Hdp ha deciso di usare la sigla di un partito fratello.

Oltre a questo, nell’alleanza vediamo il Partito dei Lavoratori di Turchia (Tip), il Partito del Lavoro (Emep), il Partito del Movimento dei Lavoratori (Ehp), il Partito della Libertà Popolare (Top) e la Federazione delle Assemblee Socialiste (Smf). Quest’alleanza ufficialmente non avrebbe nessun candidato per le elezioni presidenziali ma indirettamente e in via non ufficiale sostiene la candidatura di Kemal Kilicdaroglu.

L’Unione della Forza Socialista (Sosyalist Guc Birligi) è un’altra alleanza di sinistra. I partiti che la compongono sono: il Partito di Sinistra (Sol), il Partito Comunista di Turchia (Tkp), il Movimento della Rivoluzione (Dh) e il Partito dei Lavoratori Socialisti di Turchia (Tsip). Un’altra coalizione senza candidati ufficiali per le elezioni presidenziali ma i suoi principali partiti, Sol e Tkp, hanno ufficialmente deciso di appoggiare la candidatura di Kemal Kilicdaroglu.

Al centro delle campagne dei due principali candidati sta la crisi economica, diversamente declinata. Erdogan promette di uscire dalla crisi, diminuire la disoccupazione, aumentare il Pil, far diventare la Turchia sempre più forte in zona e nel mondo, recuperare velocemente i danni causati dal terremoto e migliorare l’attuale sistema presidenziale. Le soluzioni che propone Erdogan riguardano proprio le crisi che il suo governo ha creato in questi anni.

Kilicdaroglu, da parte sua, concentra la sua campagna sulla crisi economica, la mancata meritocrazia, la lotta contro il monopolio di alcune aziende create in vari settori, la libertà di stampa, la separazione dei poteri e la magistratura indipendente, i diritti delle donne e la riconciliazione nazionale.

Anche Ince e Ogan parlano di libertà di stampa, crisi economica e separazione dei poteri ma sono due forze che promettono anche l’immediato rimpatrio senza condizioni di milioni di rifugiati presenti in Turchia, il rafforzamento dei confini e l’aumento dei respingimenti.

Per vincere le elezioni presidenziali servono il 50% più uno dei voti e il sistema prevede il ballottaggio. Invece per le politiche, lo sbarramento elettorale per le alleanze è fissato al 7%; ogni componente di una coalizione porterà ad Ankara un numero di parlamentari in base ai voti che prenderà in ogni collegio.

Secondo un lavoro aggregativo realizzato dalla redazione in lingua turca di Euronews, in quasi tutti i sondaggi Kilicdaroglu vincerebbe al primo turno, in altri invece al ballottaggio. Ince viaggia tra il 3 e il 7%. Sempre secondo l’emittente europeo, nelle politiche la coalizione di governo è attestata a circa il 40%: a questo punto la principale alleanza d’opposizione avrebbe assolutamente bisogno dell’appoggio dell’Alleanza del Lavoro e della Libertà per comporre il governo della ventottesima legislatura.

MURAT CINAR

da il manifesto.it

foto di Gerd Altmann from Pixabay