C’è chi vede il complotto all’orizzonte. «Crosetto l’aveva detto…», si sibila in ambienti vicinissimi alla maggioranza. In realtà il caso Anas, con Tommaso Verdini ai domiciliari, papà Denis indagato, altri cinque arrestati, due funzionari pubblici interdetti dai loro uffici e il sottosegretario leghista al Mef Federico Freni tirato in ballo (ma al momento estraneo all’inchiesta) in diverse delle intercettazioni raccolte dagli investigatori, è ancora tutto da decifrare.

Le parole degli indagati, le loro promesse di luminose carriere ai funzionari dell’Anas in cambio di informazioni sugli appalti, il loro tono da grandi manovratori nell’ombra devono trovare concretezza in riscontri che nelle carte giudiziarie non ci sono. Almeno sin qui. La faccenda, intanto, sta diventando politica: Matteo Salvini è stato evocato sia dal cinquestelle Cafiero De Raho sia dal verde Bonelli, ma per difficilmente il vicepremier, ministro dei Trasporti e segretario della Lega raccoglierà la sfida di andare a riferire in aula: «Una sua informativa non è in agenda», fanno sapere dal governo.

«Riferire cosa?», si chiedono poi in molti a destra. L’idea, in sostanza, è di fare muro, rilanciare l’antica polemica sul giustizialismo delle opposizioni, adombrare complotti alla maniera di Crosetto e temporeggiare: un’indagine non è una condanna, del resto, e ancora le persone coinvolte non sono state nemmeno interrogate, quindi ogni discorso è prematuro. Tutto vero, ma mentre il 2023 finisce, sulla scena politica italiana si è riaffacciato uno degli spettri più celebri (e odiati dall’opinione pubblica): la corruzione.

«Come può Salvini pensare che non dovrà spiegare al Parlamento che cosa succede negli appalti Anas – attacca Chiara Braga del Pd -? Un insulto, la sua alzata di spalle. Arroganza e presunzione non lo mettono al riparo da un coinvolgimento che prima che personale è politico». Prosegue, sempre dalle parti dem, Arturo Scotto: «Sono vicende giudiziarie che investono direttamente un settore di sua competenza. E’ preferibile che le sue opinioni le esprima in aula e non al cenone di Capodanno tra i suoi cari».

Di «capitalismo delle conoscenze» parla invece Andrea Orlando, che da parte sua non vuole sentir nominare la parola «giustizialismo», che non c’entrerebbe nulla. «La vicenda Verdini ci parla di cose più profonde e forse persino più gravi delle eventuali responsabilità penali, cose che sicuramente non possono essere curate con il processo penale». Ovvero, «il mercato del lavoro» e «la continuamente scomodata concorrenza», perché in effetti l’inchiesta della procura di Roma lambisce appalti sulle autostrade italiane dal valore di quasi 3 miliardi di euro.

Dunque, al di là dei reati e delle persone coinvolte, al centro della scena restano i lavori pubblici, come vengono assegnati e poi come si svolgono. Un grande classico, come il cenone di stasera.

MARIO DI VITO

da il manifesto.it

foto: screenshot tv