La scomparsa, a 82 anni, di Ryan O’Neal ha riportato in auge un nome che da tempo mancava dalla cronaca hollywoodiana. O’Neal è stato protagonista di una meteorica carriera, caratterizzata da fortune alterne quanto quelle di uno dei personaggi più celebri da lui interpretati, Barry Lyndon, per la cinepresa di Stanley Kubrick.

Il fatto che l’attore abbia a lungo sentito di dover fare ammenda per quel ruolo, considerato da molti a Hollywood una delle ragioni del declino nelle sue fortune professionali, è emblematico di una traiettoria, la sua, particolarmente soggetta ai capricci della fama e della fortuna.

Prima di venire rivalutato come capolavoro, Barry Lyndon fu infatti un insuccesso commerciale e, nella volubile logica del mercato, non aiutò O’Neal che, agli inizi degli anni ‘70 era reduce dai mega successi di Love Story, Paper Moon e Ma papà ti manda sola? Emerso come attore giovane della «soap opera» televisiva Peyton Place, O’Neal aveva bruciato le tappe giungendo ai vertici dello star system, secondo allora solo a Clint Eastwood e più gettonato al botteghino di Burt Reynolds, Steve McQueen e Robert Redford.

Nominato all’Oscar e Golden Globe (per Love story), l’attore dotato della bellezza ed irruente simpatia delle sue origini irlandesi, venne considerato per un tempo potenziale erede di Cary Grant, specie per i personaggi interpretati nelle commedie romantiche con Barbra Streisand (What’s Up Doc e Main Event, maciullati dai distributori italiani in Ma papà ti manda sola e Ma che sei tutta matta?).

Lavorò con alcuni dei grandi registi del suo tempo, oltre a Kubrick, Peter Bogdanovich, Paul Mazursky, Walter Hill, Blake Edwards e Arthur Hiller, ma dopo una stagione crudelmente breve ai vertici, il suo lavoro venne spesso oscurato dalle vicende personali di una vita di paradigmatica tossicità hollywoodiana, all’insegna dell’autolesione per mezzo di assunzione di droghe ed alcol e la volatilità che ne caratterizzò i rapporti famigliari ed affettivi.

Spesso torturate furono le relazioni sentimentali che lo legarono, dopo due matrimoni precoci, a, tra le altre, Ursula Andress, Bianca Jagger, Jacqueline Bisset, Ainouk Aimée, Joan Collins, Diana Ross, Anjelica Huston, Melanie Griffith e Barbra Streisand.

Il rapporto principale, e più travagliato, fu tuttavia quello decennale con Farrah Fawcett segnato da co-dipendenza e tendenze distruttive fino alla morte dell’attrice nel 2009. Tempestosi furono anche i rapporti con la figlia Tatum, sua co interprete in Luna di carta (e vincitrice dell’Oscar per la parte a soli dieci anni) e suo fratello, Griffin (entrambi figli della prima moglie Joanna Moore).

Nel 2009 Tatum venne arrestataper aver sparato colpi di pistola in un diverbio col figlio. O’Neal ha avuto figli anche dalla seconda moglie Leigh Taylor-Young e da Farrah Fawcett. L’attore che si reputava un «padre senza speranza» non ricompose mai i rapporti con tre dei figli, e si era riconciliato solo nel 2011 con il padre, lo sceneggiatore Charles O’Neal.

Fra quelli che lo hanno ricordato a Hollywood, Barbra Streisand che sui propri canali social ha scritto «Abbiamo fatto due film assieme – era buffo e affascinante, lo ricorderò sempre». «È stato la mia prima cotta segreta», ha scritto invece Mia Farrow che con O’Neal lavorò sul set di Peyton Place. «Dopo che lasciai quel programma, siamo rimasti amici. Ryan è stato anche padrino di uno dei miei bambini, anche se dopo un po’ lo ha dimenticato.

La sua vita si è complicata, ma siamo rimasti in contatto telefonico». «È stato sempre il mio eroe», ha dichiarato il terzo figlio, Patrick. «In ogni occasione era sempre il più brillante ed il più bello. Una combinazione letale».

LUCA CELADA

da il manifesto.it

foto: screenshot You Tube