Unitariamente distinti: solo così avanzano i diritti sociali e quelli civili

Io comprendo la solitudine di chi ricerca l’uscita dalla solitudine. Comprendo l’incomprensione che ci si trova davanti quando si prova, si tenta ogni strada per essere anche solo intuiti...

Io comprendo la solitudine di chi ricerca l’uscita dalla solitudine. Comprendo l’incomprensione che ci si trova davanti quando si prova, si tenta ogni strada per essere anche solo intuiti come individui, esseri uguali ad altri esseri uguali a loro. Esseri, questi ultimi, che negano l’uguaglianza in nome di una ragione affidata al teologismo, ad una morale superiore non laica, sempre legata ad un ultraterrenismo onnipresente in materia di diritti civili.
Di diritti sociali quasi mai.
Io comprendo le ragioni di chi ha tentato in Italia la strada della giustizia, del diritto, della tutela riconosciuta dalla Repubblica in materia di identità e sentimenti negati.
Io comprendo che questa via è la più lunga perché si scontra con una commistione di fattori che investono la cosiddetta “opinione pubblica” che influenza (o dovrebbe influenzare) la rappresentanza politica, quella che sta nei palazzi istituzionali, che deve poi legiferare e che deve farlo nei termini della Costituzione.
Io comprendo che la materia sia difficile da trattare, sempre. Perché si scontrano non visioni ma convinzioni pregiudiziali da un lato e rivendicazioni sacrosante dall’altro. Due mondi diversi, opposti.
Uno è quello del Family day, intransigente, senza alcun dubbio, che sembra essere una Cappella Sistina all’aperto, nel Circo Massimo, nelle piazze di Roma: dove si pretende di essere i depositari di una concezione della famiglia e della società che non può essere messa in forse da altre rappresentazioni di unioni di affetti.
Cattolico, universale, assoluto. Nulla è lasciato al relativismo. Tutto è dato al completo, al non scalfibile, al non mutabile. Certum est, avrebbe scritto e detto Tertulliano.
Ma ormai pochissime sono le cose, anche i fatti dalla dura testa, ad essere inconfutabili: nell’universo regna il caos che a noi appare ordine. Nell’universo esistono delle “leggi”, definiamoli “comportamenti” che sono immutabili, che prescindono dalla volontà umana. Miserabile, piccola specie di esistenze antropomorfe che si pensano al centro di tutto ed invece, probabilmente, non sono il centro di niente.
Ed è stato uno shock incalcolabile quello che ha portato gli esseri umani alla scoperta che non era il sole a ruotare attorno alla terra, bensì l’esatto opposto.
E così è stato stupefacente scoprire che esistevano malattie che si propagavano a causa dei germi. Dell’invisibile ad occhio nudo. Quindi, se invisibile, anche impossibile. Ma non tutto ciò che non si vede è inesistente. Vento e germi esistono: l’uno nemmeno al microscopio si vede; gli altri invece sì.
La scienza ha aperto nuovi orizzonti alla morale e il diritto le è dovuto correre appresso. Diritti civili e diritti sociali devono poter combattere la loro distinta lotta uniti, su un piano unico. Distinti, non divisi.
Tutto ciò è poco “marxista” per certi comunisti? Non me ne importa nulla. E rigetto la loro concezione di marxismo.
Non si può sacrificare sull’altare della sopravvivenza o della vita una parte della nostra essenza. Ciò che siamo prescindendo dal materiale: siamo tutti fatti di carne, quindi di acqua per il 70% della materia. Siamo acqua, zuccheri, sale e altro. Ma non siamo solo questo. Se fossimo solo questo, saremmo un assemblaggio di mare, saline, canne da zucchero e chissà che altro… C’è qualcosa d’altro oltre la materialità della vita. Non mi voglio addentrare in una concezione spirituale dell’esistenza che non mi appartiene: ma vorrei soltanto coltivare un dubbio, un laico, terribile e relativo dubbio. Sulla vita, sui sentimenti come elemento costituente dell’individuo e, per questo, sacri a prescindere dall’esistenza o meno di un dio.
La scienza ci dice che si può procreare in vitro, che si può surrogare la maternità, che si possono usare gli uteri di altre donne per fare avere figli a coppie che altrimenti non li avrebbero “secondo natura”.
Così si esprimono i signori del Family day. “Secondo natura”.
Ma cari signori, tutto ciò che esiste in natura è naturale. L’omosessualità prima di tutte le altre cose è naturale: lo è tanto quanto un albero di ciliegie, un cocomero nato bislungo, un sasso che rotola e che viene consumato dalla corrente delle onde sul bagnasciuga di mussolinana memoria.
Io comprendo i due uomini che a Trento hanno ottenuto da un tribunale della Repubblica di poter essere entrambi padri. Sia in Canada che in Italia. Lo comprendo così a fondo che mi sembra sempre strano il contrario.
Leggo della terribile questione dell’affitto degli uteri. Eh certo che non si può concepire di affittare un corpo: che cosa siamo, affermazione della merceologia capitalistica dei corpi? Non basta la prostituzione legalizzata dal sistema nel condannarla vizio privato di tanti pubblici virtuosi?
La questione della maternità surrogata e degli uteri “in affitto” sono spinose. E ammetto anche io di avere dei dubbi su un comportamento che ritengo lecito in un sistema che ritengo immorale per quel comportamento: il capitalismo è l’immoralità che mercifica una azione nobile, che sarebbe soltanto inquadrabile in un sincero altruismo.
E siamo sempre daccapo: tutto ruota attorno ad una economia che riduce ai suoi piedi ogni desiderio, ogni ispirazione, ogni sorriso e anche ogni tristezza.
Lo so, lo so: i comunisti duri e puri, quelli che si rifanno al mito dell’Unione Sovietica e a Stalin diranno che sono un inguaribile romantico, un sognatore, perfino un anticomunista. Non me ne importa niente. E finché qualcuno me lo dirà, da comunista, vorrà significare che non ho perso il mio comunismo che è soltanto pace, uguaglianza sociale, amore fraterno e libertà per tutti i popoli.
Io comprendo che vi sembra una gran bella favola. La solita utopia.
Una favola vera, però, che si può realizzare e che può trascendere dalle pagine dei libri e dei sacri testi. Per chi verrà dopo di noi l’appello è semplice: fate avanzare i diritti sociali insieme a quelli civili. Uniti e distinti sono la completezza umana e impediscono al sociale di far prevalere una certa materialità della vita che tenderebbe a guardare sempre verso la valorizzazione del singolo piuttosto che del collettivo e del singolo insieme.
Uniti e distinti al contempo. E’ possibile farlo. Da comunisti. Da libertari. Dunque, facciamolo.

MARCO SFERINI

2 marzo 2017

foto tratta da Pixabay

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