Una manovra tra primarie ed elezioni

Una manovra, quella varata ieri dal governo Gentiloni, che comprende il Def e la ristrutturazione dello 0,2% nel rapporto deficit/PIL imposto da Bruxelles, che si può ben definire come...

Una manovra, quella varata ieri dal governo Gentiloni, che comprende il Def e la ristrutturazione dello 0,2% nel rapporto deficit/PIL imposto da Bruxelles, che si può ben definire come di pura facciata.

Provvedimenti assunti, infatti, sulla base di una duplice esigenza politica che riguarda esclusivamente il PD: da un lato le primarie del prossimo 30 aprile e dall’altro le elezioni politiche delle quali non si conosce la data ma che potrebbero anche saltar fuori all’improvviso. Due scadenze strettamente collegate tra loro e al riguardo delle quali fari giostrare con grande attenzione i numeri.

Fa notare giustamente Alfonso Gianni sulle colonne del “Manifesto” come la vera partita non si sta giocando adesso sul Def: la scadenza “clou” sarà quella della Nota di aggiornamento del documento di politica economica e finanziaria che dovrà essere redatta all’inizio dell’autunno, tra settembre e ottobre.

Sarà in quell’occasione che il governo si troverà di fronte le cosiddette clausole di salvaguardia, pari a 19, 5 miliardi di gettito annuo derivante dall’incremento dell’IVA dal 10 al 13% e dal 22 al 25%.

Il governo si augura che in quel momento si concluda l’istruttoria europea sulla revisione dei criteri che determinano il valore del deficit strutturale.

Per intanto, proprio nello spirito elettoralistico del provvedimento, si è provveduto – da un lato – ad innalzare la previsione di crescita per il 2017 dall’1 all’1,1% e – dall’altro canto – a diminuirla per i prossimi anni: per il 2018 dall’1,3 all’1%, per il 2019% dall’1,2 all’1%.

Il PD dimostra in questo modo di non aver nessuna intenzione di modificare la politica fiscale; inoltre il governo è atteso, a livello europeo, dalla decisione da prendere in merito all’integrazione o meno del Fiscal Compact all’interno dell’ordinamento comunitario.

Il gruppo del PD ha già votato in tal senso nel Parlamento europeo.

Un atto che finirebbe con il pregiudicare le politiche di bilancio per i prossimi vent’anni, considerato l’enorme gap che il nostro bilancio presenta rispetto all’obiettivo del 60% (siamo al 135,4%).

La novità inserita nel documento è rappresentata dall’assunzione dagli indicatori, accanto al PIL, di “benessere equo e sostenibile” all’interno della programmazione economica: temi come la qualità e la sostenibilità dell’ambiente, le disuguaglianze economiche, al qualità del lavoro, la salute e il livello di istruzione della popolazione dovrebbero rappresentare parametri della crescita. Ma è fin troppo evidente lo stridore con il tipo di politica che fin qui è stata portata avanti e che sarà presumibilmente proseguita.

Intanto l’OCSE con il report sul peso della tassazione sui salari ha fatto strame delle logica dei “bonus” che alla fine sono costati un’enormità e hanno reso pochissimo. Il livello di tassazione è rimasto inalterato e i benefici in materia di incremento occupazione e di consumi inesistenti. Con il reddito medio (45.592 dollari) che rimane al di sotto della media OCSE (47.486 dollari).

Per quel che riguarda i contratti pubblici, tornado al Def, sono resi disponibili 35 euro di aumento in luogo degli 85 promessi (nel triennio beninteso).

Su questo punto la CGIL sta minacciando lo sciopero generale.

Lo sblocco del turn over nei comuni riguarderebbe il 75% dei vuoti che si creerebbero in organico.

Da notare, infine, l’assoluta esiguità dell’investimento per viabilità delle province ed edilizia scolastica: 100 milioni

Infine, oltre al Def e alla manovra correttiva, è stato varato anche, con apposito decreto, un Dpcm (Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri) per investimenti dal valore di 47,5 miliardi “spalmati” da qui al 2032.

La prima tranche – secondo il ministro Del Rio – dovrebbe superare i 25 miliardi. Di questi circa 9 miliardi dovrebbero riguardare le ferrovie per il completamento dei corridoi mediterranei e dei grandi valichi come la Torino – Lione. Un’altra parte andrebbe destinato a potenziare le reti ferroviarie regionali, in particolare a quelle utilizzate per l’accesso alle grandi aree urbane.

Un investimento di circa 5 miliardi dovrebbe implementare il contratto di programma ANAS.

In conclusione si può ben affermare che mai come in questa occasione la manovra economica si è intrecciata con quella politica: obiettivo prioritario quello di poter presentare il PD(R) nei diversi turni elettorali, primarie interne, amministrative, politiche in condizioni di poter continuare a raccontare le consuete favolette.

FRANCO ASTENGO

13 aprile 2017

foto tratta da Pixabay

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