Sinistra italiana, ora di qua, ora di là

Non è proprio un “camminare domandando”, una autointerrogazione sulla propria missione e sul proprio futuro. E’, tutt’al più, un camminare alla Talete, con il naso volto alle stelle e...

Non è proprio un “camminare domandando”, una autointerrogazione sulla propria missione e sul proprio futuro. E’, tutt’al più, un camminare alla Talete, con il naso volto alle stelle e il rischio concreto di finire in una buca per non aver seguito la via giusta.
E quale sarebbe la via giusta per una nuova forza di sinistra? Tautologico dirlo e scriverlo, ma è la sinistra. E, pur non mettendo al primo piano l’elettoralismo e la rappresentanza di delega sempre e comunque, va detto che Sinistra italiana le sue prime uscite non le ha azzeccate molto.
Sel a Milano parteciperà alle primarie del centrosinistra (quindi del PD, in sostanza…) e Fassina, seppur smentito prontamente da Di Battista, fa sapere che il nuovo soggetto è pronto ad aprire ad un sostegno al candidato del movimento grillino nelle elezioni della Capitale.
La considerazione che viene in mente da fare subito è questa: come può una forza di sinistra, che si vuole rinnovare e allargare, che vuole definire (se li vuole definire…) nuovi precisi confini con tutte le altre appartenenze politiche, trovare un nuovo spazio nell’ambito sociale se poi da un lato rischia di dover sostenere a Milano il candidato renziano del PD e a Roma quello dei Cinquestelle?
Che profilo autonomo avrebbe una forza politica di questa natura?
Tutto è certamente in divenire, ma è proprio nella fase della gestazione primordiale che si vedono bene le pietre angolari che demarcano un confine politico, una classe sociale di riferimento. Ma prima ancora di tutto ciò, una forza politica, anche genericamente definita e definibile “di sinistra, cresce e si radica se assume veramente un profilo autonomo con una tendenza all’indipendenza e ad una autosufficienza programmatica: il che non significa meccanicisticamente autoreferenzialità, ma sviluppo di un profilo politico e sociale chiaro.
L’altalenanza e i balletti delle alleanze locali sono accettabili solo quando una forza ha già a livello nazionale una definibilità incontrovertibile. Le eccezioni, in questo caso, sono ammesse e sono, anzi, a volte anche un necessario dinamismo che permette il confronto non meramente elettoralistico ma fondato su comuni obiettivi che, a loro volta, temprano un partito che vuole radicarsi nei territori più differenti.
Per questo ritengo che sarebbe stato opportuno, anche in virtù del lancio del futuro “Quarto polo” che avverrà a gennaio insieme a Rifondazione Comunista e Possibile, che Sinistra italiana avesse mostrato un profilo meno impetuoso nel proporsi tanto a Milano (dove per la verità è la sua componente maggioritaria ad essersi messa in gioco, ossia Sel) quanto a Roma.
Si potrà dire che sono e restano dichiarazioni estemporanee e che sono un amo gettato nello stagno dove presto si terrà una batracomiomachia interessante, ma almeno nel caso di Milano si tratta di impegni presi e scelte fatte che separano metà del futuro “Quarto polo” (Sel e Fassina) dall’altra metà (Rifondazione e Possibile).
E’ un modo questo per unire davvero? E’ una scelta che consente di avvicinare? E se lo consente, chi si avvicina a chi? Sel al PD? Sinistra italiana alla galassia grillina?
Sia quel che sia, non avvicina di certo chi dovrebbe trovare un minimo comune denominatore per riuscire a ricostruire un tessuto politico di sinistra di alternativa da far diventare base per un lavoro sociale lungo e difficile. Ma necessario.

MARCO SFERINI

redazionale

foto tratta da Pixabay

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