Il 18 aprile del 1925 nasceva Marisa Musu, partigiana e comunista. Credo che mai come oggi, in occasione del 25 aprile, Marisa vada ricordata. Mai come oggi che la Resistenza viene attaccata dal governo di destra e dalle Istituzioni che dalla Resistenza sono nate. Mai come oggi che è consentito ad un presidente del Senato, con le sue esternazioni su via Rasella, offendere la Resistenza e inquinare le “responsabilità storiche del fascismo e del nazismo”.

Marisa Musu a 16 anni entra nell’organizzazione clandestina del Pci, a 18 aderisce, col nome di “Rosa”, ai Gruppi di azione patriottica, guidati da Franco Calamandrei, insieme a Carla Capponi, Luigi Pintor, Rosario Bentivegna, Carlo Salinari, Pasquale Balsamo, Franco Ferri. Nel ‘44 partecipa all’attacco contro una colonna tedesca di via Rasella, cui seguì l’eccidio delle Fosse Ardeatine. Per le sue azioni durante la lotta partigiana – con il grado di tenente – ha avuto la medaglia d’argento al Valor militare.

Marisa è stata sempre comunista, prima nel Pci, poi in Rifondazione.

Per me e per Citto anche compagna di una vita, legati a lei e al suo compagno Ennio Polito non solo per la lunga militanza comune nel Pci e nel Prc, ma per una amicizia che si è interrotta solo con la sua morte, nel 2002.

Si è battuta tutta la vita per i propri ideali e le proprie idee, con una coerenza oggi forse dimenticata, se non sconosciuta. E allora voglio ricordarla con alcune sue parole prese dal suo bellissimo libro autobiografico (curato da Ennio Polito – 1997) La ragazza di via Orazio. Vita di una comunista irrequieta.

“Ho vissuto tutta la mia esistenza lottando e lavorando perché si realizzasse il socialismo e oggi tutto sembra crollato, annientato, svanito nel nulla, o, peggio, nel disprezzo… Le grandi battaglie alle quali ho partecipato con tanto entusiasmo si sono risolte quasi tutte in grandi sconfitte…. È scomparso dalla mia vita, con la fine del Partito comunista, quel senso di comunanza umana che per oltre cinquant’anni, dovunque mi trovassi… annullava differenze di cultura, creava un linguaggio comune e un comune sentire, mi faceva naturalmente compagna di un ferroviere toscano come di un intellettuale americano” …

“Certo la mia nuova militanza (Rifondazione comunista) è cosa molto dissimile da quella ultraquarantennale nel Pci e sarebbe sbagliato fare paragoni. Innanzitutto non è per sempre, come credetti, sbagliando, che dovesse essere quella. Ma forse proprio sottoporla continuamente a verifica, secondo gli avvenimenti e le posizioni politiche, la rende valida e stimolante.

Sono convinta della necessità che vi sia in Italia una forza di sinistra non omologata, non rassegnata alla supremazia del sistema che sembra definitivamente vittorioso, una forza che, superata la tentazione di essere solo testimonianza, assolva giorno per giorno il ruolo di contestazione e di proposta, rimettendo in corsa valori che non hanno perduto la loro attualità” …

“Sono serena perché incorreggibilmente ottimista, sono convinta che le grandi cose che hanno costituito il filo conduttore del mio impegno – la fine delle ingiustizie sociali, una reale uguaglianza tra i popoli, la libertà, la pace – e quelle che sono venute dopo – un mondo libero dall’inquinamento, rispettoso delle leggi della natura, multietnico – ci mettono, per realizzarsi, più tempo di una vita, della mia certamente, ma alla fine si compiono”.

Penso che oggi il modo più giusto per ricordarla sia firmare l’appello per le dimissioni di La Russa. Anche per lei e in suo nome.

STEFANIA BRAI
Responsabile nazionale cultura – Rifondazione Comunista

da il manifesto.it

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