Missing. Il golpe cileno e il grande schermo

Un'intera stagione cinematografica distrutta dalla dittatura di Pinochet, ma gli Stati Uniti fecero fatica ad ammettere le proprie responsabilità

Arrivò con i Lumière il cinema in Cile. La prima pellicola girata nel Paese fu un breve documentario intitolato Un ejercicio general de bomberos, realizzato nel 1902 da un regista rimasto anonimo, mentre il primo film a soggetto fu Manuel Rodríguez (1910), pellicola sull’eroe dell’Indipendenza, diretto da Adolfo Urzua Rosas (Santiago del Cile, 17 settembre 1864 – Santiago del Cile, 13 giugno 1937). La “settima arte”, tuttavia, si sviluppò successivamente tra il 1915 e il 1920 grazie al documentarista di origini italiane Salvador Giambastiani (La baraja de la muerte, La agonía de Arauco, El hombre de acero). Una cinematografia povera di idee e di mezzi che, dopo alcuni tentativi, sviluppò una regolare produzione di pellicole a soggetto solo a cavallo degli anni ’40 e ’50. Film bassamente commerciali, di scarso valore artistico. La svolta avvenne negli anni successivi grazie alle lotte studentesche e al Governo di Eduardo Frei che investì nel cinema. In quegli anni si formarono i due registi più importanti del Cile: Raúl Ruiz (Puerto Montt, 25 luglio 1941 – Parigi, 19 agosto 2011) e Miguel Littín (Palmilla, 9 agosto 1942) autori rispettivamente di Tres tristes tigres (1968) e El Chacal de Nahueltoro (1969).

1. Raúl Ruiz

Ma un investimento ancora maggiore nella “settima arte” venne fatto dopo le elezioni del 4 settembre del 1970. Ruiz venne nominato dal Partido Comunista de Chile (Partito Comunista del Cile) consigliere per il cinema del governo di Salvador Allende, dirigendo, tra gli altri, El realismo socialista (1972). Littín divenne il Presidente della Chile Films nonché “il regista” di Unidad Popular firmando lo stimolante film-intervista Compañero Presidente (1971). A loro si aggiunsero il documentarista Patricio Guzmán (Santiago del Cile, 11 agosto 1941) autore de El primer año (1971) sul primo anno di Governo Allende e il surrealista Alejandro Jodorowsky che, sebbene girò prevalentemente in Messico, ebbe grande impulso dal nuovo clima politico e culturale (Fando y Lis, El Topo, La montaña sagrada). Una grande stagione di cinema brutalmente stroncata dal golpe targato Augusto Pinochet e CIA.

2. Miguel Littín

Ovviamente i registi politicamente impegnati furono costretti all’esilio. Jodorowsky emigrò in Francia dove continua tutt’ora a scandalizzare i benpensanti. Stessa destinazione per Ruiz che continuò a fare cinema, diresse, tra gli altri, Marcello Mastroianni, Catherine Deneuve e John Malkovich. Littín, che aveva abbandonato da sinistra Allende aderendo al MIR (Movimiento de Izquierda Revolucionaria), si rifugiò in Messico e tornò in Cile nel 1983, in piena dittatura, per realizzare Acta general de Chile, un film denuncia contro la dittatura militare; storia raccontata da Gabriel García Márquez nel suo libro “La aventura de Miguel Littín clandestino en Chile” (“Le avventure di Miguel Littín, clandestino in Cile”). In tempi più recenti ha realizzato Allende en su laberinto (2014).

3. Patricio Guzmán

Continuò a raccontare il “suo” Cile anche Guzmán. Dopo essere stato imprigionato nel famigerato Estadio Nacional de Chile, riuscì a salvare le bobine del suo ampio documentario politico intitolato La batalla de Chile (La battaglia del Cile). Il progetto venne diviso in tre parti: La batalla de Chile: La lucha de un pueblo sin armas – Primera parte: La insurreción de la burguesía (La Battaglia del Cile: L’insurrezione della borghesia, 1975), La batalla de Chile: La lucha de un pueblo sin armas – Segunda parte: El golpe de estado (La Battaglia del Cile: Il colpo di stato, 1977), La batalla de Chile: La lucha de un pueblo sin armas – Tercera parte: El poder popular (La Battaglia del Cile: Il potere popolare, 1979). Sullo stesso tema, pressoché unico nella carriera di Guzmán, anche Le cas Pinochet (Il caso Pinochet, 2001) e il suo lavoro più maturo Salvador Allende (2004), che raccoglie testimonianze dirette di chi conobbe il presidente socialista.

4. Costa-Gavras sul set di Missing

Ma per gli Stati Uniti, veri mandanti del golpe, il rovesciamento di Allende, la salita al potere di Pinochet, la dittatura, la repressione, le violenze, le uccisioni e soprattutto il coinvolgimento della CIA, erano ancora un tabù. Nel 1978 lo scrittore Thomas Hauser ruppe questo “muro del silenzio” raccontando nel suo libro più celebre “The execution of Charles Horman: an American Sacrifice”, la storia del giornalista newyorchese Charles Horman, scomparso e ucciso in Cile nel settembre 1973, durante il golpe. L’accusa, ben documentata dalle testimonianze dirette dei genitori e degli amici del giornalista, era forte: poteva un cittadino americano sparire ed essere massacrato nel Cile di Pinochet senza la complicità della CIA e l’assenso del Dipartimento di Stato, dei servizi governativi e dell’ambasciata? L’accusa divenne ancora più forte quando la Universal, non ambienti progressisti, ma una major conservatrice di Hollywood, decise di farne un film. Nacque così Missing.

5. Vangelis

Per la regia venne contattato il greco Costa-Gavras (Loutra-Iraias, 12 febbraio 1933) che affrontava nei suoi film i temi dell’ingiustizia, spesso legati alle dittature: dalla Grecia dei colonnelli (Z, l’orgia del potere, 1969) alla Cecoslovacchia dei processi staliniani (La confessione, 1970); dall’America Latina (L’amerikano, 1973) alla Francia di Vichy (L’affare della Sezione Speciale, 1975).

Greco anche Evangelos Odysseas Papathanassiou noto come Vangelis (Agria, 29 marzo 1943), l’autore delle musiche dominate dal delicato e struggente tema “Missing”. Specializzato in musica new age e sperimentazioni elettroniche, Vangelis era fresco di Oscar per l’altrettanto celebre colonna sonora di Chariots of Fire (Momenti di gloria, 1981), nonché autore delle musiche di Blade Runner (1982) e di altri brani, tra i quali “Hymne”, molto noto in Italia per essere stato utilizzato nella pubblicità della Barilla.

Rispetto al libro, l’attenzione di Costa-Gavras, autore insieme a Donald E. Stewart della sceneggiatura, si spostò dal ragazzo scomparso (“missing”, appunto) al padre, un concreto industriale conservatore, orgoglioso dei propri ristrettissimi ideali di American-way-of-life, poco attento, per non dire disinteressato a ciò che accade al di fuori del proprio mondo. Uno stile di vita americano ben radicato in ogni comune ben pensante, soprattutto negli anni della presidenza dell’ex attore Ronald Reagan. Un “visione” che viene messa in crisi dalla sorte del figlio, scomparso in quella zona di America che Nixon e Kissinger consideravano “il giardino di casa”.

6. Jack Lemmon e Sissy Spacek

Un attore rimase colpito dalla storia al punto da dichiarare: “Quel che succede fuori dagli Stati Uniti mi è sempre sembrato remoto. Io ho sempre accettato le versioni ufficiali dei fatti, ed ero certo che noi non avevamo alcuna complicità con il golpe. Ho imparato a essere meno superficiale, a informarmi di più, a riflettere di più”. Quell’attore era Jack Lemmon (Newton, 8 febbraio 1925 – Los Angeles, 27 giugno 2001). L’artista, che aveva recitato in successi mondiali (A qualcuno piace caldo, L’appartamento, Non per soldi… ma per denaro, La strana coppia, Sindrome cinese) e vinto due premi Oscar (per La nave matta e Salvate la tigre), venne scelto per interpretare Ed Horman, il padre del giornalista scomparso. Il ruolo della moglie del desaparecido fu, invece, affidato alla non meno celebre Sissy Spacek, all’anagrafe Mary Elizabeth Spacek (Quitman, 25 dicembre 1949) che aveva appena vinto l’Oscar come Migliore attrice protagonista per Coal Miner’s Daughter (La ragazza di Nashville, 1981) diretto da Michael Apted. Pressoché sconosciuti John Shea (North Conway, 14 aprile 1949) che divenne il giornalista scomparso Charles Horman e Melanie Mayron (Filadelfia, 20 ottobre 1952) che prestò il volto all’amica Terry Simon. Il 12 febbraio del 1982 uscì nelle sale americane Missing (in Italia talvolta titolato Missing – Scomparso).

7. Missing (1982)

Charles Horman (John Shea) è un giornalista e scrittore americano trasferitosi con la moglie Beth (Sissy Spacek) in un Paese sudamericano (non viene precisato che è il Cile, ma è il Cile) che sta vivendo l’esperienza di un governo progressista. Ma il clima sta cambiando e il governo democraticamente eletto viene deposto da un golpe militare. Charles, come altri giovani, viene arrestato dai militari (le divise sono quelle dell’esercito cileno) e sparisce. Quindici giorni dopo, quando ormai nel Paese sudamericano regna una dittatura, arriva da New York il padre Ed Horman (Jack Lemmon), un industriale conservatore che aveva sempre criticato le idee del figlio, per aiutare Beth nella ricerca del marito desaparecido. Grazie a questa ricerca disperata e frustrante, ostacolata dalle autorità statunitensi, Ed vede con i propri occhi le atrocità e gli orrori del golpe, ed impara a conoscere, attraverso Beth, il figlio scomparso.

Missing è “Uno straordinario dramma umano e politico costruito come un vibrante thriller cospirativo, dove il classico tema della sparizione della vittima è sviluppato ed esaltato attraverso la scioccante disillusione degli investigatori” (Mereghetti). All’epoca rappresentò un colpo al cuore per gli spettatori democratici poiché fu il primo film a parlare esplicitamente delle responsabilità di Washington in Cile, anche se non vengono mai citati né Allende né Pinochet. Un atto di accusa reso ancor più forte dall’eccellente interpretazione di Jack Lemmon, il “personaggio guida” del film, l’unico capace di suscitare interesse nella pigra opinione pubblica americana, grazie alla molla dell’emozione del fatto personale, la morte del figlio. Al contrario un film basato sull’idealismo del giovane, non avrebbe sortito alcun effetto.

8. Sissy Spacek

Missing venne presentato al Festival di Cannes. Nella conferenza stampa Jack Lemmon, Sissi Spacek, Malanie Mayron erano seduti al fianco del padre vero, della moglie vera, dell’amica vera del giovane assassinato nei giorni del golpe cileno. La giuria del Festival, presieduta da Giorgio Strehler, conferì alla pellicola la Palma d’Oro ad ex aequo con Yol (1981) film del regista comunista curdo Yilmaz Güney. Missing ottenne anche quattro nomination agli Oscar del 1983 aggiudicandosi la statuetta per la Miglior sceneggiatura non originale.

9. Salvador Allende

Il successo e la popolarità del film, unita a quella dei suoi protagonisti, portarono l’ambasciatore USA a Santiago nel 1973 Nathaniel Davis, l’ex console Frederick Purdy e l’ex comandante delle truppe statunitensi in Cile Raymond G. Davis, che avevano già citato in giudizio per diffamazione lo scrittore Thomas Hauser, a chiedere un risarcimento di 150 milioni di dollari agli autori e ai produttori del film. La Universal e Costa-Gavras non sborsarono un centesimo anche perché nel 1999 un memorandum del Dipartimento di Stato, datato 25 agosto 1976, fino ad allora segretato, mostrò le responsabilità dello stesso Dipartimento di Stato nella morte del giovane (“i servizi segreti degli Stati Uniti potrebbero aver avuto un ruolo sfortunato nella morte di Horman”).

Missing fu il film che smascherò al grande pubblico le responsabilità USA nel golpe cileno, un’azione criminale contro la presidenza del democraticamente eletto Salvador Allende. Corsi e ricorsi storici, ieri Nixon, Allende e il Cile, oggi Trump, Maduro e il Venezuela.

MARCO RAVERA

redazionale


Bibliografia
“Storie dell’altro cinema” di Ugo Casiraghi – Lindau
“Storia del cinema” di Gianni Rondolino – UTET
“Il Mereghetti. Dizionario dei film 2019” di Paolo Mereghetti – Baldini & Castoldi

Immagini tratte da: immagine in evidenza, foto 6, 7, 8 Screenshot del film Missing, foto 1, 9 da it.wikipedia.org, foto 3, 4, 5 da gettyimages.com

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Corso Cinema

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