L’ Unione Europea ha il timore di trovarsi davanti ad una “minaccia sistemica e persistente”. Si tratta della pressione migratoria che si è riversata, e tutt’ora si riversa, ai confini di questo gigante privo di una politica estera comune proprio in tema di immigrazione e di rapporti con gli stati esteri da cui proviene la maggior parte dei disperati che fuggono da guerre, carestie, violenze e ogni altro genere di sopruso.
L’articolo 26 del Trattato di Schengen prevede appunto una misura “difensiva” qualora l’Unione, esauriti i tempi di verifica delle accoglienze, dovessero trovarsi davanti ad una situazione a loro dire insostenibile. E questa misura altro non sarebbe se non la sospensione stessa del trattato, con il ritorno delle frontiere e i controlli ad ogni valico di dogana.
Il flusso dei migranti in questi mesi è diminuito e la difficoltà sta semmai nel coordinare i diversi stati membri nell’organizzare una politica di gestione dell’accoglienza paese per paese.
Non è semplice in questa Europa che si mostra unita quando deve sospendere i trattati di libera circolazione di merci e persone (prima vengono sempre le merci, poi semmai le persone…) è divisa in tante piccole patrie quando si passa al capitolo della sistemazione umana e decente di tanti uomini, tante donne e tanti bambini che vengono rifiutati dall’Ungheria che evoca i forni crematori nazisti per zingari ora e migranti domani, dalla Slovacchia che chiude le frontiere e mette in atto severi controlli come l’Austria, e persino da quella solidale è disponibile Germania dove si entrava pochi mesi fa plaudendo al nome di “Angela”.
La Francia è un caso a parte: le sue frontiere sono un limes invalicabile messo lì a protezione politica di un disfacimento della classe dirigente socialista che non riesce a risollevarsi e ad arginare con politiche sociali degne di questo nome il problema della convivenza e dell’accoglienza dei migranti. La tristemente nota vicenda di Ventimiglia e del respingimento di cinquanta persone che volevano soltanto transitare per la Republique e andare o in Gran Bretagna o nei paesi scandinavi, è ancora nella memoria recente di tutti noi…
Dunque, cos’è davvero questa Europa che ragiona sull’articolo 26 di Schengen e sulla possibile sospensione del trattato?
Anzitutto è ben poca cosa in termini di unità politica: basta una crisi umanitaria che bussi alle frontiere di alcuni suoi paesi e crolla in mille pezzi, priva di una linea politica comune che faccia fronte a temi che riguardano i diritti umani.
E’ poi ben poca cosa anche quando si tratta di gestione delle risorse: i migranti sono sempre una risorsa perché portano con loro quella disperazione su cui purtroppo speculano imprenditori piccoli e grandi che ne fanno un esercito di ricambio dei salariati. Questo lo sapeva e lo sa bene Angela Merkel che ha intuito, da statista di un certo calibro, il potenziale proprio “economico” del fenomeno.
Può un governo liberista come quello tedesco lasciarsi sfuggire un’occasione così ghiotta? Ma poi accade che a Colonia durante la notte di San Silvestro si verifichino centinaia di violenze sulle donne e i piani del governo della Cdu – Spd vanno in frantumi. Bisogna pur salvare la faccia e quindi si ricorre ad un dietrofront proprio sul l’accoglienza dei migranti. E pazienza se gli arrestati sono per la maggiore proprio tedeschi… Ormai il dado è tratto, l’immagine guastata…
Anche in questo caso l’Europa è stata completamente assente e non è intervenuta per arginare la stretta repressiva del governo della cancelliera Merkel.
Ma quello che inquieta sempre più è la natura dell’intervento sul trattato che si vorrebbe applicare: la destabilizzazione che si teme da parte europea non è di contenimento del fenomeno migratorio per ragioni sociali, di vivibilità tanto degli autoctoni quanti di rifugiati, profughi e fuggitivi in generale; bensì, si pensa all’articolo 26 di Schengen per tutelare prima di tutto l’Unione da un contraccolpo economico che danneggerebbe prima di tutto i mercati interni e le diverse concorrenze tra gli stati membri e poi, ovviamente, anche i rapporti tra il mercato comune e quelli asiatici e americani.
L’Europa si protegge da una crisi umanitaria per evitare una crisi dei capitali, per scongiurare una crisi dei profitti e delle speculazioni internazionali.
Il pretesto non manca. È lì, pronto, servito su un piatto non d’argento, ma proprio d’oro… E guarda caso è sempre il più disgraziato a pagare per le disavventure del ricco, potente e prepotente.
MARCO SFERINI
22 gennaio 2016
foto tratta da Pixabay