La “diversità” di Renzi e i ricchi di Salvini

Matteo Renzi, svolgendo il suo intervento in Senato per affermare la sfiducia del PD al governo Conte, ha recuperato (chissà quanto volontariamente) la categoria della “diversità” (“Noi siamo diversi...
Vauro sulla dichiarazione di Salvini: "Se uno guadagna di più, risparmia di più"

Matteo Renzi, svolgendo il suo intervento in Senato per affermare la sfiducia del PD al governo Conte, ha recuperato (chissà quanto volontariamente) la categoria della “diversità” (“Noi siamo diversi da voi”).

Proprio quella “diversità”, quel “Noi siamo diversi da voi”, intesa un tempo come “diversità moralmente antropologica”, al riguardo della cui espressione i comunisti italiani furono a lungo sbeffeggiati e invitati a dismettere perché categoria giudicata inadatta e inopportuna per affrontare la “modernità” dell’individualismo esasperato e competitivo necessario per alimentare l’egoismo del consumo.

E’ bene ricordare allora, in questo improvvisato revival posto in campo dall’ex-segretario del PD (lui stesso espressione soggettiva di un feroce anticomunismo proveniente da lontano), che la “diversità” esiste, si è perpetuata e consolidata nel tempo.

Si tratta della “diversità” dello sfruttamento di classe, che oggi – proprio durante la fase della reclamata “modernità” – si è estesa a categorie dell’agire sociale ben più vaste e tra loro diversamente intrecciate di quelle che erano state individuate all’epoca della rivoluzione industriale e comprese nella dizione di “contraddizione principale”.

Pur consci della propria attuale dimensione soprattutto sul piano filosofico – politico rispetto a quella accumulata dalla tradizione storica dei comunisti italiani, coloro che continuano comunque a portare avanti l’idea dell’eguaglianza come punto di ricerca fondamentale del proprio essere soggetti politici, rimangono assolutamente consapevoli che finché esiste lo sfruttamento di classe sarà necessario lottare per opporci al sistema.

Quella dei comunisti deve essere, ancora e sempre, un’opposizione che reclama una “diversità” insieme morale e politica.

Una diversità, una differenza nell’essere, sulla quale insistere per essere capaci di reclamare lo spessore storico della lotta per la trasformazione dello stato di cose presenti.


Questa è la dichiarazione più recente di Salvini:

Perché la flat tax? “Perché è giusto che chi guadagna di più paghi meno tasse. Perché spende e investe di più. L’importante è che ci guadagnino tutti: se uno fattura di più, risparmia di più, reinveste di più, assume un operaio in più, acquista una macchina in più, e crea lavoro in più. Non siamo in grado di moltiplicare pani e pesci. Il nostro obiettivo è che tutti riescano ad avere qualche lira in più nelle tasche da spendere“.

Torno su di un argomento già trattato anche oggi, soltanto per affermare che siamo di fronte all’esplicitazione sfacciata della diseguaglianza attraverso l’espressione più retriva di un postulato della destra. Se qualcuno aveva dei dubbi adesso avrà chiara la natura del conflitto che ci riporta al confronto più netto tra destra e sinistra, tra capitale e lavoro, tra sfruttatori e sfruttati. Avevamo paventato (ed anche discettato di ritorno all’indietro). Eccolo qui il ricorso storico bello servito (qualcuno dirà non ce n’era bisogno: ma il consenso su flat tax e reddito di cittadinanza si accumulato).

Siamo alla sublimazione dell’egoismo.

La sinistra, se ancora esiste, non può stare ferma: è necessaria una mobilitazione immediata a partire dai luoghi di lavoro, è indispensabile la formazione di una soggettività che svolga compito di pedagogia di massa, occorre recuperare il senso della situazione e fornire risposte sul piano teorico, politico e organizzativo.

Serve un soggetto che sappia misurarsi con questo livello di contraddizione, altrimenti si scivolerà ancor di più nel baratro.

Questo non è fascismo (anche se lo è per tanti versi) è semplicemente capitalismo.

FRANCO ASTENGO

7 giugno 2018

particolare della vignetta tratta dalla pagina Facebook di Vauro

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