Il governo “sociale” che taglia il sociale. Come sempre

Qualche dotto economista saprebbe liberisticamente spiegarmi in poche parole come mai una azienda, per assumere nuova forza lavoro, nuovi addetti, nuovi giovani in cerca di speranza e vita, deve...

Qualche dotto economista saprebbe liberisticamente spiegarmi in poche parole come mai una azienda, per assumere nuova forza lavoro, nuovi addetti, nuovi giovani in cerca di speranza e vita, deve in qualche modo essere incentivata a farlo attraverso una diminuzione delle tasse da parte del governo.
Perché di questo si tratta quando leggiamo sui giornali che l’esecutivo avvierà nella legge di bilancio, una manovra di circa 24,5 miliardi di euro, una “defiscalizzazione” per quei padroni (pardon… “imprenditori”) che si attiveranno in tal senso: nell’assunzione di giovani stagisti, di tutto un mondo che fugge dall’Italia perché non vi trova quel naturale sbocco lavorativo che dovrebbe essere la necessaria e giusta conclusione di un percorso di studi e di sacrifici fatti comunemente da loro e dalle famiglie.
Perché mai, dunque, servono sempre queste agevolazioni, questo abbassamento delle tasse per le imprese? Sono così in crisi da non riuscire ad assumere? E la ripresa economica dove è andata a finire?
“Resta moderata, modesta”, ripetono da Palazzo Chigi. Niente più sprint italico, niente più ritorno tra i grandi di una Europa che rimane dominata dalla potente Germania.
La manovra è grande investimento pubblicitario, fintamente sociale, per provare a vincere il referendum costituzionale del 4 dicembre prossimo: Renzi aumenta le quattordicesime di quei pensionati che già ne godevano (l’aumento si aggira tra i 100 e 150 euro) e la amplia per un milione e duecentomila altri pensionati. Piccoli regalini per mostrare l’aspetto “di sinistra” di un governo che, accanto a tutto questo, mantiene i tagli che ha operato negli anni scorsi con politiche falcidianti i diritti dei lavoratori, con l’introduzione del famigerato Jobs act, con i lavori pagati in voucher e la rinascita e crescita di un nuovo modello di sfruttamento proprio di quelle giovani generazioni per le quali oggi, a caratteri cubitali, sui giornali vorrebbe mostrare interesse, attaccamento e sincera attenzione.
Accanto a tutto questo, il governo giocherella abilmente sull’APE, sull’anticipo pensionistico agevolato e la messa in scena del “socialismo” nella manovra viene subito meno se si osservano le misure disposte in merito: per un lavoratore disoccupato ora andare in pensione preventivamente vorrà dire non avere più 20 bensì 30 anni di contributi. Tutto questo aumenta di sei anni (36 anni, dunque in tutto) se il lavoratore è ancora attivo. Un cambio di carte in tavola notturnamente disposto, con abile giro di manoscritto e che anche i sindacati si sono trovati davanti con notevole sorpresa.
Insomma, ogni conto torna: da un lato Renzi, Padoan e il governo mostrano di agevolare i più deboli con le defiscalizzazioni alle imprese e il rendere “facili” le assunzioni per i giovani, dall’altro lato vanno a ridurre la platea di chi potrebbe giovare di un prepensionamento (soprattutto in presenza di una vita lavorativa irregolare, discontinua, fatta di contratti di collaborazione e non di nazionali e collettivi a tempo indeterminato) e lasciare il posto proprio a coloro che, invece, vengono utilizzati come mezzo per ridurre, ancora una ennesima volta, le tasse ai padroni.
Risponde tutto alla logica liberista di un governo che è impossibilitato ad agevolare le condizioni di miseria di gran parte della popolazione e che deve rispondere ad interessi precisi, dai contorni definiti da tempo con le lettere inviate dalla Banca Centrale Europea e ratificate anche dalle alte sfere fintamente equidistanti e moderatrici dello Stato italiano.
Se poi buttiamo uno sguardo al capitolo della sanità, osserviamo che la ministra della Salute Lorenzin prevede un taglio di un miliardo di euro in un comparto che è ridotto ai minimi termini e che, infatti, suscita le ire dei presidenti di regione su cui ricadranno le scelte definitive di distribuzione dei tagli che dovranno operare in virtù della sforbiciata governativa.
Ed è curioso un aspetto: proprio il taglio di un miliardo alla sanità, sommato ad altri da differenti capitoli di spesa, andrebbe a finanziare la copertura della manovra.
Non si tagliano le spese militari, proprio mentre si preventiva di inviare ai confini della Russia un contingente italiano a presidiare la sicurezza dell’Alleanza Atlantica e a garantire la nostra imperturbabile e immutabile fedeltà all’amico americano, ma si decurtano le spese sociali, si allungano i tempi pensionistici per i disoccupati e i precari.
Poi si allega a tutto questo una serie di cartoline pubblicitarie che i grandi quotidiani mettono bene in evidenza: il governo combatte la ludopatia, quindi chiude più di 100 mila slot machine ma, allo stesso tempo, rispetto al precedente anno, il governo fa conto di introitare ben 750 milioni in più dal gioco d’azzardo legalizzato.
Lotterie e gratta e vinci quindi sono meno pericolosi delle slot machine? Non si può diventare ossessivamente compulsivi nella ricerca del gioco anche se non si infila un gettone in una macchinetta dentro ad una tabaccheria?
Toglieranno la macchinetta e, allora, il disperato che ogni giorno vi giocava girerà la schiena e compererà i gratta e vinci dal bancone del tabaccaio.
Però, che grande conquista, che grande manovra sociale!

MARCO SFERINI

15 ottobre 2016

foto tratta da Pixabay

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