È la terza Marcia PerugiAssisi dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina. L’ottava dallo scoppio della guerra nel 2014. A che serve continuare a camminare per la pace? La guerra sta vincendo. Non i russi, non gli ucraini, non gli strateghi della Nato.

L’unico vincitore è la guerra che sta dilagando e si sta prendendo ogni cosa. Le vite umane, le città, i territori, i soldi, la politica, le menti. Chi si ostina a dire che vuole vincere la guerra non si sta rendendo conto che sta succedendo esattamente il contrario. Prima di ucciderti fisicamente, la guerra ti cattura e ti trasforma, arruolandoti nelle sue schiere.

Così i prigionieri «inconsapevoli» della guerra finiscono per diventare i fautori e i propagandisti dell’«inutile strage». Non è bello riconoscerlo perché alimenta il turbamento e lo scoraggiamento.

Ma, come ci ha insegnato padre Ernesto Balducci, grande maestro dimenticato del movimento per la pace, «prendere atto del reale, senza inutili agitazioni idealistiche, è il primo irrinunciabile passo da compiere sulla strada della costruzione della pace».

Siamo entrati nel tempo in cui la natura ci sta facendo pagare il conto di tutti gli abusi che le abbiamo inferto, la competizione selvaggia e la volontà di potenza ci stanno portando alla terza guerra mondiale, l’intelligenza artificiale sta aprendo prospettive manipolatorie da incubo e la possibilità dell’estinzione simultanea della specie umana è diventata concreta possibilità reale.

Ed è proprio la presa di coscienza della precarietà della specie umana, della sua fragilità e della sua indivisibilità che deve guidare l’azione del movimento delle donne, degli uomini e delle istituzioni che vogliono la pace.

Altro che anime belle! Il movimento per la pace non è un movimento di coscienza ma una forza politica «che assume come principio e come fondamento del proprio essere storico una analisi realistica delle condizioni in cui siamo».

Ogni volta che, come oggi sui passi di Aldo Capitini, San Francesco e don Milani, gridiamo il nostro no alla guerra e alle armi, noi non siamo servi né di Putin né di nessuno. «Siamo semplicemente i portavoce del genere umano, del passato, del presente e del futuro». Non è necessario condividere una visione coscienziale della vita: è sufficiente condividere una visione realistica della realtà e della politica.

E’ questa consapevolezza che ci ha convinto, un anno fa, a progettare questa nuova Marcia PerugiAssisi della pace e della fraternità.

Lo abbiamo fatto pensando alle giovani generazioni e al loro bisogno di crescere e di vivere con dignità in una realtà così complessa. Lo abbiamo fatto pensando alla scuola e alle università, agli insegnanti e a tutti coloro che si stanno prendendo «cura delle giovani generazioni».

Per affrontare tutte le grandi sfide che incombono abbiamo bisogno della loro energia, della loro creatività e del loro coraggio. Noi, forse, ci possiamo mettere un po’ di conoscenze ed esperienze ma non abbiamo nessuna possibilità di farcela senza di loro. Per questo dobbiamo cominciare ad investire seriamente sui giovani e sulla loro formazione.

Il mondo, le nostre comunità, le nostre città, il nostro paese, l’Europa hanno sempre più urgente bisogno di giovani donne e uomini architetti e artigiani, amanti e costruttori di pace.

I facitori della guerra cercano ragazzi manipolabili da arruolare negli eserciti. Noi, al contrario, sappiamo che per affrontare il cambiamento servono cittadini migliori, capaci di riconoscere e resistere alle violenze e alle guerre dilaganti.

Giovani generativi, cioè impegnati ad affrontare le sfide contemporanee con passione e creatività. Giovani che scelgono di cooperare invece di competere. Giovani immersi nella realtà, ma anche capaci di sognare e desiderare una vita migliore. Giovani che si prendono cura della loro vita insieme a quella degli altri e del pianeta. Giovani competenti, preparati a trasformare un futuro incerto, denso di insidie complesse, in rapido cambiamento.

Ecco a cosa serve continuare a camminare oggi per la pace: ad innalzare gli argini che ci devono proteggere dall’alluvione della guerra, a sostenere chi, come Papa Francesco, continua a tessere la tela della pace, ma anche a dare ai nostri giovani la possibilità di esprimere il proprio valore, di agire in prima persona, di sentirsi parte di un cambiamento possibile, di diventare «trasformatori del mondo».

FLAVIO LOTTI
coordinatore della Marcia PerugiAssisi

da il manifesto.it

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