Dall’avvento della modernità, l’umanità vive una profonda contraddizione tra il suo essere tecnica e tecnologica e il suo essere naturale, un conflitto amplificatosi negli anni Settanta, quando i processi economici della modernità hanno iniziato, – soprattutto in Europa – a scricchiolare e oltretutto a generare nuove paure che si sono poi palesate con quello che oggi definiamo «cambiamento climatico».

Una radicale mutazione dello stato naturale è in corso, facendo diventare sempre più urgente una riflessione sul rapporto non solo tra l’essere umano e la natura, ma anche tra gli animali umani e non. Un dialogo che si deve concentrare sugli spazi possibili in un territorio sempre più abitato dagli umani e che in qualche modo rende l’habitat comune e non più separabile.

All’interno di questo movimento si inserisce la raccolta di racconti di Massimo Zamboni, Bestiario selvatico (La nave di Teseo, pp. 180, euro 18, con illustrazioni di Stefano Schiaparelli) che ripropone con stile naturalistico una serie di racconti morali tipici della tradizione dei novellieri italiani.

Lo sguardo di Zamboni, fortemente letterario, si concentra sulla capacità degli animali di adattarsi all’interno di un habitat che è ormai prevalentemente antropizzato, perché in parte all’interno di un’urbanizzazione estesa che comprende ormai anche le campagne o perché determinato in ogni modo climaticamente e quindi strutturalmente dall’azione dell’essere umano anche quando il tal luogo è poco o per nulla abitato da umani.

Bestiario selvatico vive di una straordinaria forza letteraria, di un gusto meditativo per il racconto che discende da quella letteratura che è sia fortemente all’interno della tradizione, ma che nella contemporaneità è accomunabile a quelli che Gianni Celati definiva «solitari americani».

Zamboni ha infatti sì un approccio naturalistico e uno sguardo meditativo, ma sempre all’interno di un desiderio profondo per la storia e per il narrare, muovendosi dentro un territorio selvatico da cui gli gli animali umani sono esclusi pur incombendo. Un’esplorazione necessaria per ritrovare anche il senso e la misura delle cose e di se stessi, strumento fondamentale per pensare di dialogare e quindi di trarne un’ispirazione.

Cogliere nella lentezza il cambiamento perenne in quanto elemento non di una frenesia o di una rincorsa, ma di uno stato originale che vive ed è tale solo nel cambiamento. Chiaramente questo cambiamento per sostenersi deve avere un movimento virtuoso e in dialogo con l’ecosistema, ma non per questo esclude aspetti dolorosi o violenti. Bestiario selvatico accoglie una pienezza sentimentale dell’essere avvertendo i rischi che l’autoreferenzialità umana e suoi eccessi possono comportare.

Un libro maturo che coglie l’essenza stessa della letteratura nella sua capacità di osservare e raccontare (grazie anche alle bellissime illustrazioni di Stefano Schiapparelli), decriptando le tensioni come le fratture di un movimento. Zamboni coglie l’attimo e il ritmo di un mondo fragilissimo e unico che rischiamo di perdere, distratti dall’ossessione per noi stessi.

GIACOMO GIOSSI

da il manifesto.it

Foto di Ave Calvar Martinez