Uno scopo rivoluzionario da “rifondare”

Brevi considerazioni sul futuro di Rifondazione Comunista e della sinistra di alternativa dopo il desolante spettacolo del Coordinamento provvisorio di Potere al popolo! e non solo… Alla fine le...

Brevi considerazioni sul futuro di Rifondazione Comunista e della sinistra di alternativa dopo il desolante spettacolo del Coordinamento provvisorio di Potere al popolo! e non solo…

Alla fine le differenze tra due culture politiche vengono fuori grazie (o disgraziatamente, a seconda dei punti di vista) a quelle forzature che umanamente sono prevalenti quando si vuole egemonizzare un percorso politico senza passare attraverso una disposizione a creare consenso interno ad un movimento o ad un partito.
Saltare il passaggio della convinzione, dell’esposizione delle idee a confronto con altre idee, è la via più diretta per impossessarsi di un soggetto politico e sociale ma solo se si è certi di poter gestire anche il dissenso con metodi altrettanto sbrigativi.
Quando ci si proclama “popolari” e “dal basso”, “mutualisti” e persino comunisti, si dovrebbe avere la buona creanza di avere verso la verità dei fatti il rispetto che bisogna dare anche all’arma della critica.
La critica politica non è un accidente che ci capita tra le gambe e ci impedisce di proseguire nella ricerca dell’unificazione di posizioni comuni a sinistra.
La critica politica e, quindi, la conseguente divisione politica che ne consegue sempre, è il frutto di una ricerca che potrà apparire estenuante, ma che è necessaria a sinistra, perché ci ha portato – è vero – a differenziazioni esiziali e ad una eccessiva particolarizzazione delle posizioni che potevano essere contenute in un unico partito e che, invece, si sono volute “fare partito” esse stesse, eppure questa continua divisione ha anche prodotto un mantenimento della consapevolezza di ciò che si stava deteriorando e diventando sempre più moderato e ciò che invece voleva rimanere, senza se e senza ma, anticapitalista e antiliberista.

L’indecisione non dovrebbe mai essere su questi termini: su questi noi tutte e tutti che ci riconosciamo nel comunismo come formazione di un movimento che vuole abolire la proprietà privata dei mezzi di produzione, quindi il profitto, l’economia di mercato e lo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura, ebbene, noi tutti che ci definiamo e siamo comunisti dovremmo utilizzare le differenze di tattica per trovare una sintesi strategica.
Il lungo percorso rivoluzionario che deve essere rimesso all’ordine del giorno tanto nella “rifondazione comunista” come binomio ideologico quanto nella più ampia parte dell’anticapitalismo fondato sul rifiuto dell’ingiustizia generata dalla struttura economica in cui viviamo, è l’unico obiettivo che dobbiamo ridefinire rimettendo al centro del nostro pensiero, della nostra azione il lavoro con tutte le sue varianti degenerative, frutto del liberismo moderno.
Rifondazione Comunista, dunque, deve ritrovare il campo di azione nel tornare ad essere unitaria su molteplici livelli: quello meramente organizzativo di una formazione che duri nel tempo e che veda i comunisti parte equipollente con altre di un riavvicinamento tra differenze appunto tattiche, senza sconfinare nel risibile e tragico eventuale riproponimento di una alleanza tra sinistra e centro. Irricevibile. Diciamo di più: impensabile, nel senso che proprio è da non pensare, da escludere a priori dalle ipotesi di strategia perché negherebbe la strategia unica possibile che dobbiamo darci, ossia la ridefinizione del campo del progressismo italiano anche diviso tra interpretazione riformista e socialdemocratica e interpretazione rivoluzionaria e comunista.
Rifondazione Comunista deve considerare avversarie le destre, le tre destre che si fronteggiano, governano e si oppongono fra loro nel Paese.
Le rielenco ancora una volta:
– Lega, destra classica che eredita il vecchio armamentario della definizione dell’egualitarismo come nemico della libertà e fa delle differenze l’origine di tutti i mali, sostenendo il mercato e il liberismo a pieni polmoni;
– il Movimento 5 Stelle, rappresentante un interclassismo che ha decostruito l’antica distinzione tra centro, destra e sinistra ed è il principale assertore della “fine delle ideologie”; sostenitore tanto di un sostegno popolare governato con princìpi liberisti quanto del liberismo stesso, appunto un po’ temperato, ma senza alcuna critica al capitalismo e alle sue espansioni antidemocratiche sul terreno politico;
– il Partito Democratico, destra economica caduta in disgrazia per aver troppo difeso proprio il padronato provando a mostrarsi costantemente legata ad una tradizione di sinistra abbandonata nel momento della creazione dell’ibrido politico che metteva fine alla socialdemocrazia dei DS e al popolarismo de La Margherita.
Rifondazione Comunista deve dunque esprimere le sue energie contro le politiche di questi soggetti politici e tornare a mostrare la sua alterità insieme ad altre forze che devono scegliere, una volta per tutte, da che parte stare e stare da quella parte convintamente, per costruire nelle differenze una omogeneità di contenuti e di intenzioni che si traducano in una proposta chiara, distinguibile rispetto all’asse pericoloso che si sta creando tra ceti popolari che offrono il loro consenso ad una maggioranza politica autoritaria e l’industrialismo imprenditoriale. Una saldatura di questo tipo ci porta ancora più velocemente verso uno Stato non democratico, verso uno scivolamento pericoloso extracostituzionale nella parvenza che tutto rimanga, in fondo, come è.

MARCO SFERINI

16 ottobre 2018

categorie
Marco Sferini

altri articoli