«Gli agricoltori vanno rispettati, i redditi devono essere più equi». Lo ha detto il presidente del Consiglio europeo Charles Michel. Chi non è d’accordo! Semplice a dirsi. Intanto, però, cominciamo con la giusta ripartizione dei soldi pubblici. Fino a che saranno distribuiti un tanto a ettaro non c’è nessuna possibilità di avere «redditi equi».

Fintanto che l’accesso all’uso della terra sarà possibile solo attraverso il mercato «al rialzo», sarà impossibile per un giovane o un nuovo agricoltore entrare nel settore. Se le politiche pubbliche continueranno a sostenere il modello industriale, quello che mette a disposizione dell’industria agroalimentare materie prime a basso costo per rendere competitivo il «made in Italy», allora le risorse andranno a beneficio di chi diventa «competitivo» tagliando la componente del costo di produzione più flessibile: il costo del lavoro.

Malgrado questi e altri puntelli, diventa sempre più fragile il modello agricolo europeo basato sulla liberalizzazione dei mercati, la crescita permanente delle aziende agricole, la speculazione finanziaria sui prezzi delle materie prime alla borsa dei futures a Parigi, sul dominio non solo della grande distribuzione organizzata ma anche dell’industria a monte (pesticidi, concimi, energia e sementi).

Tanto che la crisi che attanaglia da sempre le piccole e medie aziende «dei coltivatori diretti» (i contadini, quelli veri non quelli della pubblicità) si abbatte anche sulle aziende agricole industrializzate.

Nelle mobilitazioni quello che conta sono le rivendicazioni e le alleanze. E le rivendicazioni che emergono vanno praticamente – in Italia – tutte nella stessa direzione: «Fateci produrre senza condizionamenti». Che significa niente limiti ai pesticidi, niente imposizione di rotazione, niente condizionalità sociale, niente fatturazione per i contoterzisti…

Al contrario le aziende contadine escluse dai fondi della politica agricola comune o dai fondi aggiuntivi del Pnrr ma che hanno avviato la transizione ecologica, sono passate al biologico da trent’anni, hanno inventato i mercati contadini, l’agriturismo, la conservazione della biodiversità, hanno condotto la battaglia per liberare l’agricoltura dagli Ogm (dal 2000), hanno subito l’aumento dello sfruttamento del coltivatore/trice, hanno subito l’aggravio della burocrazia (non si possono pagare il commercialista che gli fa le pratiche e dipendono dai servizi delle grandi organizzazioni professionali), non hanno rappresentanza istituzionale.

Le loro proteste contro il consumo di suolo vengono criminalizzate anche se si tratta di difesa dell’uso agricolo della terra, che è un interesse dell’intera società. Le più modeste richieste, come un’audizione al parlamento quando si discute dei nuovi Ogm (Ngt), vengono negate.

Allora, se puoi, sali sul trattore insieme a tutti gli altri, se il tuo non è troppo vecchio per poter circolare su un’autostrada. Anche se gli altri non sono come te, perché difendono un modello agricolo che ti condanna alla sparizione. Lo fai perché cerchi un futuro. Le risposte della politica al momento non vanno certo nella direzione di migliorare il destino dell’agricoltura contadina.

Cade la direttiva «pesticidi» già massacrata dal parlamento europeo, la Commissione europea promette l’alleggerimento della burocrazia (con la diminuzione degli obblighi e dei controlli si può immaginare), accontenta alcuni con maggiori controlli su uova, polli e zucchero importati dall’Ucraina (questi prodotti non sono certo il surplus dell’agricoltura contadina), si avvia a cancellare ogni traccia di quello che la destra chiama «la follia ideologica degli ambientalisti».

Peccato che la siccità sia diventata un fenomeno permanente, insieme alle piogge erratiche, e la fertilità dei suoli agricoli stia scomparendo.

Anche se si insiste sul fatto che i nuovi Ogm, insieme all’agricoltura di precisione, potranno risolvere i tanti problemi che già sono arrivati nei campi, la realtà è che al momento ci sono in vendita solo tre prodotti (un pomodoro in Giappone, una lattuga e una mostarda modificata per migliorarne l’aroma negli Usa) che non affrontano nessuno dei problemi legati al cambio climatico. E peccato che l’agricoltura di precisione costi cara. Quanti di quelli che marciano con i trattori si rendono conto della strumentalizzazione di cui sono vittime?

ANTONIO ONORATI
Contadino di Associazione Rurale Italiana, membro del Coordinamento europeo di Via Campesina

da il manifesto.it

foto: screenshot ed elaborazione propria