Riformismo ambientalista o rivoluzione social-ecologista?

Ogni tanto gli eccessi prodotti dal capitalismo provocano reazioni globali: non si tratta solamente – seppure molto importanti – di reazioni fisiologiche del pianeta Terra che ci scatena addosso...

Ogni tanto gli eccessi prodotti dal capitalismo provocano reazioni globali: non si tratta solamente – seppure molto importanti – di reazioni fisiologiche del pianeta Terra che ci scatena addosso tsunami, che ci ricopre di “Effetto serra”, che vede sciogliersi i ghiacciai come un cono gelato il 15 agosto sotto il sole di una spiaggia di Rimini.

No, si tratta di una presa di coscienza, magari anche momentanea e che non produrrà un lungo corso, quindi una “radicalizzazione” del movimento, in merito proprio alle questioni ambientali che sono parte prima di una critica al sistema delle merci e del profitto.

Il punto focale è comprendere se vi è un legame diretto, immediato e quindi consapevole tra esplosione del fenomeno mondiale legato alla figura di Greta Thunberg e la conoscenza del sistema capitalistico.

Da ciò che appare, quindi da ciò che può anche non essere, parrebbe che i giovani siano persuasi del fatto che l’economia dominante genera diseguaglianze e che queste sono alla base di uno sviluppo così ineguale da produrre uno sfruttamento delle risorse del pianeta che va a vantaggio non della Terra stessa; nemmeno di miliardi di persone, ma, bensì, al solo esclusivo godimento di un pugno di megaricchi che tiene in mano le sorti di tutte e tutti noi.

I salariati nel mondo sono in questo momento conteggiati in circa 2 miliardi e mezzo di individui: una forza-lavoro, uno sfruttamento di un terzo della popolazione del pianeta da parte di poche centinaia di migliaia di capitalisti, di padroni che portano alle estreme conseguenze ogni liberalismo possibile trasformandolo in quell’espressione ingestibile sul piano economico – prima di tutto! – che prende il nome di “liberismo” ormai da molto tempo.

Il liberismo è il volto moderno di un capitalismo che deve depredare la natura, rapirne il maggior quantitativo di risorse per oltrepassare i confini dello sfruttamento di chi lavora le materie prime per trasformarle in merci.

La critica che comunisti e sinistra di alternativa devono oggi fare al capitalismo deve poter coniugare questione ambientale e questione lavorativa: lo sfruttamento è duplice, lo è sempre stato del resto, ma oggi ha assunto proporzioni così vaste, globali, per l’appunto “planetarie“, da riguardare non più un continente contro un altro, un polo capitalistico crescente contro un polo capitalistico declinante, bensì tutta la Terra.

Gli effetti di questa spietata mercificazione della natura, di questo selvaggio appropriamento indebito delle risorse essenziali per la sopravvivenza di qualunque specie vivente sul pianeta, sono sotto gli occhi di tutti coloro che sanno che la salvezza sta nel capovolgimento di ciò che oggi è il regime “naturale” su cui viaggi l’economia mondiale.

La soluzione è l’abolizione dell’economia. Un giorno… Al momento occorre prima di tutto fermare gli eccessi prodotti: deforestazioni, sfruttamento intensivo dei mari e degli oceani, inquinamento atmosferico, sfruttamento delle risorse del sottosuolo, e via dicendo…

Ma è possibile una politica “riformista” in campo ambientale in un sistema economico che così spietatamente eviscera i problemi confondendoci con una sempre maggiore messa in campo di prodotti merceologici puntando sulla tecnologia, provando a mostrarci che la vita migliora grazie ad un assistente vocale da automobile mentre questa stessa continua ad inquinare (seppur con la “benzina verde”!)?

Forse anche in questo campo il riformismo ha fallito in molti ambiti e rischia di fallire nella sua espressione diretta e più delineata come linea di comportamento soprattutto politico.

Del resto, una rivoluzione ecologista non è pensabile senza una rivoluzione sociale, quindi senza un movimento di massa dei lavoratori e degli sfruttati tutti che si unisca, per esempio oggi, al movimento degli studenti di tutto il mondo che si battono per non morire soffocati o inquinati in una “casa comune” le cui chiavi di accesso sono nelle mani non di tutti ma di pochissimi privilegiati…

La convivenza tra uomo e foresta, come ci ha insegnato Chico Mendes, è possibile. Ma non nel capitalismo. Non può esistere una “ecologia di mercato” o riformista in questo senso. L’alternativa è sempre e solo tra “socialismo o barbarie”. Anche e soprattutto ambientale.

MARCO SFERINI

20 aprile 2019

foto tratta da Pixabay

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