Rifiuti zero, impianti mille

L’Italia deve archiviare la stagione delle discariche e degli inceneritori. La soluzione sta nello sviluppo dell’economia circolare. Questo ci chiede l’Europa con il pacchetto di direttive da recepire entro...

L’Italia deve archiviare la stagione delle discariche e degli inceneritori. La soluzione sta nello sviluppo dell’economia circolare. Questo ci chiede l’Europa con il pacchetto di direttive da recepire entro il 5 luglio 2020. E questo dovremo fare, grazie alla tanto vituperata Europa che ancora una volta ci fornisce una ottima via d’uscita ai nostri problemi ambientali.

Questa è anche la risposta alle strampalate idee del governo di turno, da Berlusconi che 15 anni fa avrebbe voluto costruire un inceneritore per provincia, a Renzi che nel 2014 fece approvare il decreto Sblocca Italia per realizzare 12 nuovi impianti di questo tipo o all’attuale vicepremier Salvini con le sue dichiarazioni di due mesi fa sui rifiuti in Campania.

Investire sull’economia circolare conviene all’ambiente, alla salute e al bilancio dello Stato perché riduce le importazioni. Ma è indispensabile rimuovere tutti quegli ostacoli non tecnologici – come l’assenza dei cosiddetti decreti “End of waste” da parte del ministero dell’ambiente per facilitare il recupero di materia, il mancato consenso sociale per la realizzazione dei fondamentali impianti di riciclo o l’inadeguato mercato dei prodotti riciclati per carenza di acquisti verdi – che frenano il decollo del nuovo modello europeo.

Questi problemi vanno però affrontati e risolti in tempi brevi. Per fare quello che ci chiede l’Europa le tecnologie non ci mancano, ma dobbiamo semplificare al massimo il riciclo. Sono 55 i milioni di tonnellate di rifiuti urbani e speciali (pari al 33% del totale prodotto in Italia) che sono in attesa dei decreti “End of waste” che ridurrebbero il loro conferimento in discarica, negli inceneritori o il loro smaltimento illegale.

Il decreto semplificazioni purtroppo non agevolerà le operazioni di riciclo come voleva giustamente il Ministro Sergio Costa. Il Movimento 5 stelle in Parlamento, infatti, ha stravolto il senso della riforma promossa dal Ministro dell’ambiente, complicando ancor di più la normativa attuale sul riciclo. E per l’incomprensibile rigidità dei parlamentari M5s l’articolo sul “fine vita dei rifiuti” è stato messo da parte, con nostro grande disappunto.

L’altro problema da risolvere è l’inadeguata rete impiantistica. Per passare dall’economia che oggi fa circolare i rifiuti su gomma a centinaia di chilometri di distanza a quella circolare che li ricicla a poca distanza dai luoghi di produzione, serve realizzare molti impianti.

Per arrivare a rifiuti zero negli impianti di smaltimento dobbiamo realizzare mille impianti di riciclo, a partire dal centro sud, iniziando dal trattamento della frazione organica attraverso il compostaggio e la digestione anaerobica con produzione di biometano da immettere in rete o usare come carburante.

Ma anche gli impianti di riciclo che evitano nuove discariche e inceneritori sono contestati per quella sindrome Nimby che si può affrontare con il coinvolgimento totale dei cittadini, attraverso un vero “dibattito pubblico”, e con controlli pubblici molto più adeguati e di garanzia rispetto agli attuali, soprattutto da Roma in giù.

Dell’altra sindrome Nimby, quella presente in Parlamento, si parla meno. Su questa il vertice M5s deve intervenire subito per aggiustare la rotta. Altrimenti il rischio di ridurre i flussi di rifiuti a riciclaggio, aumentando quelli in discarica, al recupero energetico o all’estero, diventa sempre più concreto. Con buona pace delle migliori esperienze che l’economia circolare italiana può già vantare e che sarà sempre più difficile replicare sul resto del territorio nazionale.

STEFANO CIAFANI
presidente nazionale di Legambiente

da il manifesto.it

foto tratta da Pixabay

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Ecologia

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