Lo strano caso della sinistra che si scinde sempre

Considerazioni sulle contingenze politiche economiche e sociali: dalla rimessa in discussione dei diritti dei lavoratori alla proposta di una nuova associazione della sinistra Renzi e l’articolo 18 Martedì prossimo...

Considerazioni sulle contingenze politiche economiche e sociali: dalla rimessa in discussione dei diritti dei lavoratori alla proposta di una nuova associazione della sinistra

10Renzi e l’articolo 18
Martedì prossimo il governo Renzi, quindi il ministro Poletti, saranno alle prese con il “dilemma” sull’articolo 18. Superarlo oppure mantenerne una parvenza di rispetto? Comunque vada (e coerenza vorrebbe che un governo come questo superasse immediatamente le garanzie che ancora quell’articolo dovrebbe assegnare al mondo del lavoro), ancora una volta i diritti di chi percepisce un salario saranno ridimensionati e l’attacco sarà nuovamente portato contro chi non ha invece che contro chi ha.
E’ nella perfetta logica del ruolo liberista del governo di Matteo Renzi.
Un governo che ha una precisa linea politica sostenuta a piene mani dal Partito democratico, di cui Renzi è anche il segretario pigliautto e onnipotente, dal centro e dalla destra degli alfaniani.
Quale forza possa mai condizionare a sinistra una combriccola così astuta di difensori delle banche e del denaro scorrente a fiumi, è francamente inimmaginabile. Se mai vi è stata una impossibilità per qualche forza di sinistra (o presunta tale…) di incidere sulle politiche di un esecutivo, ebbene quello stato di impotenza è quanto mai meglio verifcabile oggi.
Non abbiamo avuto abbastanza prove del carattere liberal – liberista di un Partito democratico che ha abbracciato le ormai celeberrime larghe intese sia in patria che in Europa?
Non abbiamo ancora abbastanza verifiche sul campo della propensione, anzi della voluta intenzione di questo governo di bilanciare gli interessi economici europei con quelli strategico militari degli Stati Uniti e, quindi, provare a non inimicarsi nel Vecchio mondo la Banca Centrale Europea e in quello Nuovo scoperto da Colombo la Federal Reserve e i grandi mercanti di F35 che, vivaddio, prendono fuoco già quando sono a terra e quindi scoraggiano persino i peggiori mercanti d’armi dal volerli acquistare…?
E poniamo, facciamo l’ipotesi, che il PD si divincoli anche dalle larghe intese in Italia e provi, con una legge elettorale naturalmente creata pro domo sua e di chi potrebbe concorrere ad un ballottaggio nazionale tra “grandi” partiti (appunto il PD, movimento 5 Stelle e Forza Italia) ad ottenere il governo del Paese acquisendo una maggioranza pressoché assoluta nell’unico ramo del Parlamento rimasto. Che accadrebbe? La marginalizzazione delle opposizioni? Oppure i democratici renziani andrebbero alla ricerca di accordi, di volta in volta, su singoli provvedimenti di legge?
Ma perché dovrebbero, se il 55% e più del Parlamento fosse nelle mani dell’ex sindaco di Firenze?
Tutto ciò preannuncia uno scenario di penoso dimagrimento della democrazia. Qualunque riforma del Senato e qualunque riforma della legge elettorale è oggi un tentativo di deregolamentazione, di diminuzione di quei controlli incrociati tra i poteri che i Padri Costituenti avevano voluto proprio per mantenere solido il patto costituzionale e con lui le basi della Repubblica stessa.
L’attacco all’articolo 18 che nelle prossime ore verrà portato da questo ennesimo governo liberista si lega benissimo al progetto di dimezzamento dei rami parlamentari e di imbroglio sul processo di delega da parte dei cittadini ai parlamentari affinché legiferino nell’interesse comune.

La difesa dei grandi capitali e nulla più
La fase dell’antipolitica non è ancora finita perché ancora non è terminata la fase lunga, lunghissima di utilizzo della politica per interessi privati, per tutelare i grandi capitali, senza alcun riguardo per chi viene spremuto ogni giorno da tasse dirette e inderette e non ha grandi patrimoni che lo tutelino.
Diceva Don Lorenzo Milani che una delle più grandi ingiustizie è “fare parti uguali tra diseguali”: ridurre il voto – che dovrebbe essere uguale per tutti – ad un voto di serie A se voti democratici o forzitalioti o grillini e a voto di serie B se voti un’altra forza politica, è più di un’ingiustizia, è un affronto alla democrazia stessa.
Le belle parole di Renzi al Parlamento europeo sono veramente disarmanti: una sequela di banalità che potrebbero stare nel discorso tanto di un Farage quanto di un Schultz. Promesse di stabilità economica in Italia per non disequilibrare l’Europa e promesse – quelle sì vere, le uniche sincere – di non scavalcare, oltrepassare o disubbidire ai trattati continentali.
A questo bisogna credere perché il governo Renzi nasce dopo quelli di Monti e Letta per proseguire la loro linea di protezione dei grandi capitali, per eseguire le politiche dettate dagli indici di borsa e dalle lettere della BCE.

A sinistra?
Una sinistra vera deve saper distinguere chi lotta per il bene comune e il progresso sociale da chi invece è solo il guardiano del bidone del grande mercato internazionale. Una sinistra seria. Una sinistra che non fa scissioni in nome dell’unità a sinistra.
Nel mentre Renzi attacca il lavoro insiema a Poletti, forte del 40,8% avuto da un voto condizionato dal “fattore – Grillo”, c’è chi pensa di poter invocare un ecumenismo progressista, chiedendo ai comunisti di fare un passo indietro in nome della parola “sinistra”. Senza aggettivi, ancora una volta. Perché gli aggettivi dividono. Si dice. Mentre la parola sinistra unisce. Si dice.
E’ inaccettabile la logica secondo la quale se non rinunci a parte della tua autonomia politica e sociale, automaticamente diventi settario e ti rinchiudi negli steccati. E’ un’accusa che viene mossa spesso e che pretenderebbe di essere lungimirante, volta a mettere al bando quei residui dei piccoli partiti rimasti e che si richiamano al comunismo.
Chi muove queste critiche e accuse si è sfracellato a terra saltando gli steccati e non ha trovato nemmeno un buon pascolo dove sgambettare
. Rischia, al massimo, di scimmiottare il ruolo che hanno Civati e Cuperlo dentro al PD, ma che non cambia di una virgola il moloch renziano.

La proposta di Essere comunisti
Ho letto la relazione del compagno e amico Claudio Grassi al seminario di Essere comunisti. Non condivido molti passaggi e penso che quello più incondivisibile sia questo, quando si parla di un “salto di qualità” per la sinistra:
Si tratta di iniziare ad agire non solo come componente di Rifondazione, come minoranza di un partito, ma anche come aggregazione politica autonoma. Non proponiamo nessuna scissione, sarebbe non solo una scelta sbagliata, ma una proposta priva di senso politico. Ci si scinde quando si dà vita ad nuovo partito o quando ce n’è un altro in cui si ritiene di poter confluire e noi non condividiamo né la prima, né la seconda ipotesi.“.
Si propone la realizzazione di una associazione politica cui possano aderire tutte le compagne e i compagni con o senza tessera di partito per dare una nuova prospettiva alla costruzione di una sinistra di alternativa.
Ma quale è il ruolo delle compagne e dei compagni di Essere comunisti come “aggregazione politica autonoma”?
Una autonomia nel PRC? Una autonomia dentro e fuori del PRC.
Mi sembra una posizione molto ambigua che non fa altro se non fossilizzare comportamenti cui quotidianamente si può assistere e si è assistito anche in campagna elettorale, lontani da una logica comunitaria di partito e che non porta nessun sostegno alla realizzazione di quella formazione unitaria vera della sinistra italiana che bisogna costruire senza sciogliere nessuna esperienza politica attualmente in vita.
I processi di aggregazione devono avvenire spontaneamente e non per sommatoria o per una strana partenogenesi politica. Non c’è fecondità e futuro senza un programma chiaro, senza obiettivi netti.
Per questo la costruzione di nuove associazioni pseudo-unitarie è solo un elemento di temporaneo rifugio per chi non ha ancora scelto da che parte stare, per chi soffre di indecisioni permanenti (un grado di indecisione l’abbiamo tutti, ma occorre porsi un limite).
Mi sembra che l’unica strada possibile, duplice e unitaria al tempo stesso sia questa: rafforzare Rifondazione Comunista come era stato deciso dal congresso nazionale e lavorare per una sinistra italiana che faccia sintesi su un programma minimo ma di ampio respiro, elemento primario di unità tra le diverse culture che aspirano alla trasformazione sociale del Paese.

MARCO SFERINI

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