La tragica commedia dei ballottaggi

Tutti sulla linea del fuoco dei galli, in mezzo ad una trincea col fucile spianato, alla prima discesa dai mezzi da sbarco in Normadia nel giorno “D”. Così sembra...

Tutti sulla linea del fuoco dei galli, in mezzo ad una trincea col fucile spianato, alla prima discesa dai mezzi da sbarco in Normadia nel giorno “D”. Così sembra il clima che ci porta verso l’ultima settimana prima della definitiva sentenza popolare che deciderà chi governerà le più grandi città italiane, capitale compresa, con la scelta operata nei tanto agognati ballottaggi.
Matteo Salvini invita a votare per il Movimento 5 Stelle, Sinistra Italiana a Roma si spacca sul voto per Giachetti e Matteo Renzi, che sente odore di sconfitte, fa qualche marcia indietro per poi rassicurare che il PD è più forte dei grillini.
Per sostenerlo pienamente lancia qualche slogan degno del peggior Berlusconi: abbassare le tasse, scegliere per il futuro del Paese, non interrompere la crescita economica che il governo ha promosso. Parole vuote, prive di qualunque senso perché completamente sganciate da quella realtà giornaliera che viviamo tutti e nella quale possiamo constatare che non si possono mai abbassare le tasse universalmente, che il futuro dell’Italia dipende semmai dalle scelte che concertano Palazzo Chigi e gli industriali (e non purtroppo, per struttura di sistema, dalla volontà popolare) e che, soprattutto, la crescita economica non esiste e si alternano dati che danno in diminuzione gli occupati giovani, in aumento quelli complessivi conteggiando anche l’odioso ricorso alla moderna schiavitù dei voucher.
Quindi siamo alla disperazione, il Partito Democratico ha già perso. Lo ha fatto al primo turno di queste elezioni e lo ha fatto subendo più attacchi e risalite di china anche da avversari che dava per cadaveri ambulanti nella piazza affollata della politica italiana: il centrodestra milanese, ad esempio; oppure il Movimento 5 Stelle a Roma e Torino; o ancora Luigi De Magistris e Massimo Zedda rispettivamente a Napoli e Cagliari per citare chi ci è più caro e vicino politicamente.
Insomma, il PD e Renzi non sono sicuri di vincere in nessun grande centro di questo Paese e quando si perdono tanti centri di gravità permanente, alla fine si arriva anche a smarrire il grande centro, anche quello politico, ma soprattutto quello che è il luogo del potere per eccellenza: il governo della Repubblica.
Oggi ho letto una frase di Sergio Chiamparino, ex sindaco di Torino, autorevolissimo esponente del Partito Democratico. Dice: “Caro Matteo, il PD ha dimenticato i più deboli”. Sarebbe questa la ragione delle sue sconfitte.
Ne sono convinto. Ma dissento sulla formulazione della frase: il PD non ha “dimenticato” i più deboli, semplicemente il PD non li ha mai rappresentati. Non poteva in quanto è nato per superare socialdemocrazia e cattolicesimo sociale e fonderli in una cultura centrista tanto della gestione del potere quanto del rapporto con le classi sociali.
Un interclassimo che hanno preteso di rappresentare tanto il partito di Renzi quanto quello di Grillo. A quest’ultimo sta andando meglio rispetto al primo Renzi, quello del PD oltre il 40% che, a poco a poco, segna il passo e si avvicina a percentuali nemmeno quasi più degne dei vecchi DS e de La Margherita messi insieme.
Spesso ho scritto della natura “non di sinistra” di quella che ho definito una “anomalia tutta italiana”. Penso di poterlo ancora confermare oggi: il Partito Democratico è tutto e il contrario di tutto. Contiene una minoranza che a parole dice di voler spostarne l’asse verso politiche di sinistra e magari verso la ricostruzione di un nuovo centrosinistra, ormai morto e sepolto per come lo abbiamo conosciuto nella stagione prodiana, e al contempo sostiene e porta avanti le peggiori politiche di tagli allo stato sociale che si siano mai viste, anche perché vanno ad ingrossare l’impatto già devastante delle leggi Fornero, degli interventi sul sistema dei contratti di lavoro e sul mondo della scuola e della sanità.
La tragicommedia dei ballottaggi vorrebbe, ad un tratto, con un colpo di bacchetta magica, rappresentare agli elettori veramente di sinistra e a gli indecisi un PD argine del pericolo delle destre, presidio costante e imperturbabile della democrazia.
Quella democrazia che ad ottobre vuole cancellare con una riforma costituzionale che archivia la funzione centrale del Parlamento della Repubblica e che darebbe al Paese, con un altro quesito, un sistema elettorale quasi plebiscitario.
Non esistono più nel PD elementi di distinzione sul tema della difesa della democrazia rispetto alle altre due destre che imperversano in Italia.
Questo sistema tripolare va scardinato e va introdotto quel “quarto polo” della sinistra di alternativa che proponga ai cittadini una soluzione sociale per la crisi economica e per i diritti sociali e civili così duramente attaccati in lunghi anni di governi politici e tecnici che hanno favorito solo gli interessi di grandi imprenditori e finanzieri.
Caro Chiamparino, altro che oblio dei più deboli da parte del suo partito…

MARCO SFERINI

12 giugno 2015

foto tratta da Pixabay

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