Alì supermercati: il successo è figlio dello sfruttamento dei lavoratori

Lotta per i Diritti. Sciopero e picchetto dell'Adl Cobas oggi a Padova. Centinaia di sanzioni contro i 160 addetti ai magazzini che lottano per i diritti

È tra le catene di supermercati più diffuse a Padova e in Veneto. E ora cerca di allargarsi in Emilia-Romagna. Si chiama Alì ed è gestita dalla famiglia Canella in crescita ininterrotta da quando il capostipite Francesco aprì il primo. Gode d’ottima stampa ed è bravissima a fare beneficenza e riempire di pubblicità i media locali.
Peccato che chi ci lavora – in special modo gli operai della logistica – racconti, prove alla mano, tutt’altra realtà. Condizioni di lavoro «da schiavi, zero diritti, contestazioni disciplinari tutti i giorni anche se ti fermi a parlare», spiega Pardeep, lavoratore originario dell’India che da 8 anni è addetto alla movimentazione nei magazzini padovani che riforniscono i supermercati Alì.

Minacce di licenziamento permettendo, questa mattina alle 6 Pardeep e gli altri 160 lavoratori terranno uno sciopero proclamato dall’Adl Cobas con picchetto davanti al magazzino di via Olanda, all’interporto di Padova. «Oggi questo magazzino è gestito come un carcere», denuncia l’Adl Cobas, «il nostro sciopero e la richiesta di boicottaggio è contro il tentativo della famiglia Canella di cancellarci con minacce e intimidazioni, veri e propri guardioni pagati per seguire i dipendenti e impaurirli, centinaia di contestazioni e sanzioni disciplinari».
«A me solo ieri ne sono arrivate tre – racconta Pardeep che si trova in sospensione cautelare – me ne arrivano continuamente tanto che mia madre mi chiede: “Cos’hai combinato?”. Io non ho combinato niente, ho solo chiesto di rispettare i miei diritti».

Una battaglia che Adl Cobas – sindacato leader nella logistica – porta avanti da anni. «Prima i due magazzini erano gestiti da una cooperativa – racconta Marco Zanotto – e con la nostra battaglia abbiamo migliorato le condizioni strappando superminimi e ticket. In mezzo alla pandemia i sindacati confederali che hanno solo 20 iscritti e alcuni capi hanno sottoscritto un accordo per internalizzare i lavoratori in Alì passando dal contratto Logistica a quello della Grande distribuzione, peggiorando le condizioni».

Il paradosso lo spiega Pardeep: «Credevamo d’essere trattati meglio, invece c’hanno bloccato gli straordinari e ci fanno lavorare di più sotto minaccia, spostandoci continuamente di mansione e di magazzino».
Solo la lotta ha portato a mantenere i miglioramenti strappati con il contratto precedente e a non far ripartire l’anzianità da zero, come voleva la famiglia Canella. «Vengono in magazzino durante le assemblee dicendo: “Dovete lavorare, non parlare”. Ci obbligano a ritmi incredibili: 200 colli l’ora e durante il Covid, quando hanno fatto i soldi mentre noi lavoravamo con alcuni casi e senza che ascoltare la richiesta di fare i tamponi, ci chiedevano le domeniche senza pagarcele: per loro siamo solo numeri, non persone – denuncia Pardeep – . Minacciano tutti di lasciare l’Adl e tanti sono spaventati ma sono sicuro che sciopereremo in molti e convinceremo anche chi ha paura che solo uniti possiamo riavere i nostri diritti».

Il clima in città è pesante: «I Canella finanziano tutti, fanno green washing: anche la ditta a cui abbiamo commissionato i manifesti per lo sciopero ha deciso di non stamparli, hanno promesso di ridarci i soldi, ma non sono arrivati», sorride amaro Zanotto.

MASSIMO FRANCHI

da il manifesto.it

foto: screenshot

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